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Lo sfogo di Camilla racconta il problema dell'omofobia in Italia
Camilla Cannoni è un’infermiera di 23 anni che vive a Genova. Una di quelle lavoratrici che per mesi abbiamo ringraziato per il lavoro che facevano negli ospedali contro il coronavirus, una di quelle donne che compongono la maggioranza della forza lavoro nella sanità e sulle cui spalle poggia la salute nazionale. Camilla è lesbica e vive con la sua compagna quindi deve fare i conti anche con qualcos’altro che non siano i problemi di tutti noi: l’omofobia.
Lo sfogo di Camilla Cannoni
«Quando sei lesbica, in Italia, si comportano così i tuoi vicini di casa omofobi. Dopo mesi che mi chiamano lesbica di merda e pervertita, sono stata minacciata di morte ripetute volte» racconta Camilla in un lungo sfogo su TikTok dopo aver trovato bucate le gomme della propria macchina, la stessa che usa per andare al lavoro dai suoi pazienti. Uno dei suoi vicini avrebbe tentato di aggredirla rompendo il guinzaglio del suo cane per poi segnalarlo all’Asl come animale pericoloso. «Questa gente vuole fare abbattere il cane mio e della mia fidanzata. Ovviamente ho fatto una denuncia ma ovviamente non fanno un cazzo. Possiamo fare qualcosa, membri della comunità LGBT, per avere dei cazzo dei diritti? Io mi sento chiamare ogni giorno puttana e pervertita. Adesso sono arrivati addirittura a danneggiarmi la macchina con la quale io vado tutti i giorni a lavorare. Ditemi voi cosa posso fare?! Io mi alzo ogni le mattine per andare a lavorare, come tutti, pago il mio mutuo e ho solo 23 anni. Non so quanta gente alla mia età faccia queste cose. Posso avere una mano, gentilmente, visto che lo Stato, non me la dà? Quello che voglio è solo vivere in pace, serena. Che tutte le persone possano girare mano nella mano, che siano due uomini o due donne». Una tegola che cade sulla testa del governatore Toti, appena rieletto e membro di un partito che lotta contro l’approvazione della legge sull'omotransfobia. «Queste sono proprio le storie che non vorrei sentire, né a Genova, né in nessun luogo» ha affermato Claudio Tosi di Arcigay «Tutto succede proprio ora, mentre si discute della legge contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Le nostre energie ora sono ancora più importanti contro l'omofobia». Ma l’Italia ha un problema con l’omotransfobia?
L’Italia ha un problema con l’omotransfobia?
Quest’estate l’onorevole Alessandro Zan, promotore della legge sull’omotransfobia, intervistato proprio da VD News, rispose a questa domanda: «I dati non sono molto incoraggianti. Secondo un’indagine dell’Unione Europea, gli omosessuali in questo Paese non si sentono al sicuro e hanno paura di esporsi e dichiararsi. C’è paura persino a darsi un bacio in pubblico o tenersi per mano. Il che dà l’idea che è una percezione molto forte di stigma e di avversione verso gli omosessuali. Ancora peggio nei confronti dei transessuali. La Rainbow Map di Ilga-Europe ci consegna una situazione di accettazione sociale molto bassa, al pari della Lituania molto lontana da Paesi invece come la Germania o la Francia, dove l’accettazione va dal 70 al 90%. In Italia siamo al 23%». Basti pensare alla lotta durissima che ha preceduto la legge sulle unioni civil del Governo Renzi, alle resistenze per un’educazione culturale LGBT nelle scuole e alle reazioni scomposte dopo le affermazioni del Papa sulla necessità di regolarizzare le coppie omosessuali. Dati alla mano non c’è dubbio che l’Italia debba affrontare il problema omotransfobia al più presto: nell’ultimo anno, secondo Fabrizio Marrazzo di Gay Help Line, gli abusi sono aumentati del 9% a livello nazionale, e parliamo di un periodo di lockdown. Arcigay, che ha recensito solo i casi saliti all’onore della cronaca, parla di 138 episodi di omotransfobia, di cui 32 aggressioni, 13 adescamenti a scopo di rapina, ricatto o estorsione, 9 violenze familiari, 17 scritte infamanti su muri, auto, abitazioni, 25 episodi di hate speech scatenati da esponenti politici, gruppi, movimenti, 31 discriminazioni in luoghi pubblici, come bar o ristoranti. Proprio di quest’ultime ci parlò l’onorevole Zan: «Vanno dal lavoro, alla socialità alla scuola. Se in un Paese due persone non possono tenersi per mano perché hanno paura, se va bene, di essere insultati e, se va male, di essere aggrediti o bullizzati, significa che non c’è un’accettazione forte. Una legge di questo tipo (quella sull’omotransfobia, ndr) avrebbe un aspetto penale, che è deterrente minimo ma necessario, e uno culturale, perché lo Stato interviene per tutelare le vittime vulnerabili per garantire la piena cittadinanza».
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