razzismo
One Night in Miami, il racconto di una notte irripetibile per il Black Power
Quella notte a Miami… ovvero il racconto di finzione di un evento reale: l’incontro in una stanza d’albergo nella notte del 25 febbraio 1964 tra Malcolm X (interpretato da Kingsley Ben-Adir), Sam Cooke (Leslie Odom Jr.), Jim Brown (Aldis Hodge) e Cassius Clay (Eli Goree) per festeggiare la vittoria del titolo mondiale dei pesi massimi di quest’ultimo e confrontarsi sul razzismo sistemico e sul futuro della comunità afroamericana. Esordio di Regina King alla regia di un lungometraggio, basato sulla pièce teatrale di Kemp Powers che ne ha anche curato l’adattamento, dal 15 gennaio in esclusiva su Amazon Prime Video.
Se una notte d’inverno quattro combattenti
Quelli che si riuniscono all’Hampton House Motel la notte del 25 febbraio 1964 sono quattro uomini di successo, future icone del nascente Black Power. Eppure, nell’America del segregazionismo e del razzismo dilagante, il posto più sicuro dove parlare è una stanza d’albergo sorvegliata dalle milizie della Nation of Islam. Quella che viene messa in scena, in maniera diversa per ogni personaggio, è una presa di coscienza: è necessario un cambiamento e deve esserci subito. Malcolm X è il promotore spirituale e filosofico di questa necessità, vede nei fratelli presenti le “armi” con cui combattere il sistema, ma la sua presa di coscienza è decisamente più apocalittica di quella degli altri: la sua decisione di abbandonare la NOI per fondare un nuovo movimento, il suo viaggio programmato per La Mecca e la sua autobiografia a cura di Alex Hailey lasciano presagire la consapevolezza della fine imminente dei suoi giorni. Nel film, tramite la contrapposizione ideale con Sam Cooke, trapela tutta la fragilità del leader, le sue paure di uomo: la paura di essere pedinato, spiato dall’FBI, la paura di non riuscire ad essere compreso, di un popolo senza guida. Accanto alla sua figura ruota quella di Cassius Clay che quella notte vinse il titolo di campione del mondo dei pesi massimi di boxe, a soli 22 anni. Un giovane ragazzo convertito all’Islam in procinto di annunciare la sua transizione: il giorno dopo l’incontro Cassius avrebbe dichiarato al mondo la sua fede islamica aderendo alla NOI e cambiando legalmente il suo nome in Muhammad Ali. Sarebbe nata una figura simbolica della controcultura, un campione che riuscì ad andare oltre lo sport grazie alla sua icona a tratti sacrificale: basti pensare che il 29 aprile del 1967 fu condannato a cinque anni di carcere per renitenza alla leva e gli venne revocata la licenza da parte delle commissioni pugilistiche statunitensi oltre che la cintura di campione mondiale dei pesi massimi. La sua scelta fu un puro gesto di protesta, famose le sue parole: «Andrò in prigione, e allora? Siamo stati in catene per quattrocento anni». Jim Brown appare nel film come il più silenzioso dei quattro, il più riflessivo. Sta ponderando di abbandonare la NFL (milita nei Cleveland Brown come running back), reduce l’anno precedente del record di 1863 yarde corse. I dissidi con il mondo dello sport gestito da bianchi razzisti e il sogno dell’indipendenza economica grazie alla carriera di attore a Hollywood gli faranno prendere la decisione di mollare lo sport nel 1966 per continuare le riprese di Quella sporca dozzina. Sam Cooke, cantante e produttore di successo, chiude i quattro protagonisti e il film con la sua A Change Is Gonna Come, canzone del 1963 che divenne un vero e proprio inno dei movimenti civili afroamericani di quegli anni. Il ruolo di Cooke nel film, in contrasto con la figura di Malcolm X, lo porta a riflettere sulla sua musica: è dall’ascolto di Blowin’ in the wind di Bob Dylan – anch’essa uscita nel 1963 – che nasce A Change. Sam si chiede perché una canzone così toccante sul razzismo in America non fosse stata scritta da un nero o, meglio, da lui.
L'esigenza del qui e ora
Quella notte del 1964 viene identificata da Regina King – e da Kemp Powers – come un viaggio, un inizio. L’intero film si concentra più sul viaggio che sulla meta dato che quel percorso iniziato nel 1964 non ha ancora avuto una conclusione. L’importanza di questo film, così come l’importanza di quella notte, risiede nel preciso momento storico in cui viene presentato. One night in Miami… è il primo film di una regista afroamericana ad essere stato presentato alla Mostra di Venezia. La sua uscita doveva inizialmente essere posticipata, causa epidemia da Covid-19, per una più comoda fruizione nelle sale. L’esigenza di qui e ora che ha mosso i quattro protagonisti del film, però, s’intreccia con la storia contemporanea. Infatti la stessa Regina King, in collegamento Zoom durante la Mostra di Venezia, ha dichiarato che il film sarebbe dovuto uscire in un secondo momento, «poi ci sono state le uccisioni di George Floyd e Breonna Taylor. Tutti noi abbiamo capito che il momento era ora». La comunità afroamericana statunitense si pone oggi le stesse domande e preoccupazioni di quei quattro ragazzi del Hampton House Motel. Se da un lato la vittoria di Biden ha portato uno spiraglio di luce alla battaglia della comunità afroamericana, da maggio 2020 a oggi oltre 11.000 persone sono state arrestate nelle proteste legate al Black Lives Matter lungo tutto il territorio americano. Alcune hanno coinvolto direttamente il presidente Joe Biden, come la recente protesta a Los Angeles riguardo la nomina nell’esecutivo presidenziale del sindaco della Città degli Angeli Eric Garcetti che ha portato all'arresto di centinaia di persone per violazione del coprifuoco. La comunità afroamericana sta affrontando oggi due grandi crisi su cui se ne innesta una terza: da un lato il razzismo sistemico, dall’altro l’epidemia di Covid-19 e, sullo sfondo, la crescente disoccupazione. Mike Griffin, un community organizer nero, ha dichiarato al New York Times che «le probabilità che io muoia ucciso da un poliziotto o per il Covid sono le stesse». Questo lo scenario nel quale il 25 dicembre 2020 è uscito in esclusiva per Amazon Prime USA One Night in Miami…, con l’esplicito intento di tornare a riflettere su problemi irrisolti. Ancora una volta, le parole della regista Regina King in diretta Zoom alla Mostra di Venezia: «Ognuno di quei quattro uomini stava navigando in un momento preciso delle loro vite. Ma quello che hanno in comune è che sono neri, indipendentemente dai soldi che hanno o non hanno e da dove vengono. Alla fine sarai giudicato dal colore della tua pelle e quello non cambia mai, ieri come oggi».
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