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Moriamo meno sul lavoro e più di lavoro

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Se si guarda al 2001, i morti sul lavoro in Italia sono diminuiti del 25%. Ma le morti bianche sono ancora più di tre al giorno. Nel 2021, sono state 1.221 le persone morte sul lavoro secondo i dati presentati dal Bollettino trimestrale Inail, l’ente pubblico che gestisce l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali in Italia. E se il numero di denunce resta costante rispetto al 2020 (555.236), aumentano del 22%, invece, le patologie di ordine professionale denunciate (55.288): la sicurezza sul lavoro è ancora un tema aperto nel nostro Paese.

Cosa dicono i dati delle morti sul lavoro

L’andamento dei morti sul lavoro ha subito nel corso degli ultimi trent’anni notevoli variazioni, dovute a momenti segnati da cali occupazionali, come nel 2009, o da situazioni generali di pericolo, come nel caso della pandemia, oltre a cambi metodologici nella raccolta di informazioni. Per questo risulta difficile - e spesso fuorviante - confrontare tra loro i dati relativi ai singoli anni. Se si guarda, però, all’andamento complessivo, i morti sul lavoro sono in calo dal 1989, anche se mancano stime certe sul numero infortuni mortali che coinvolgono i lavoratori in nero, che nel 2019 erano oltre 3 milioni.

Ma anche se una generale diminuzione delle morti bianche suona come una buona notizia, tre morti di lavoro al giorno sono tanti. Troppi. Un altro aspetto preoccupante è dato dai casi di infortuni mortali sul lavoro per fasce d’età: nei primi otto mesi del 2021, si è registrato un numero maggiori di morti rispetto all’anno precedente nelle classi 15-19 anni, con due casi in più, e 25-29 anni (5 casi in più).

Perché si muore sul lavoro

I dati ci dicono che gli infortuni mortali si verificano più spesso sul luogo di lavoro e non in itinere, vale a dire nel tragitto per andare o tornare da lavoro. I settori più pericolosi continuano a essere l’edilizia e l’agricoltura. Si tratta di realtà familiari, che vedono soprattutto piccole imprese con meno di nove dipendenti, dove di rado vengono fatti investimenti in materia di sicurezza.

Crisi economica e disabitudine a investire hanno fatto il resto, con i lavoratori costretti a usare macchinari e mezzi obsoleti. E così, in Italia, si continua a morire di lavoro in Italia.

Ammalarsi di lavoro

Nel nostro Paese, il lavoro fa ammalare. Le denunce di malattie professionali, vale a dire quelle contratte nell’esercizio e a causa del proprio lavoro, sono state 55 mila. I lavoratori più colpiti sono stati muratori, manovali, pavimentisti, idraulici, tinteggiatori e manovali. Senza contare, poi, i contagiati dal Covid-19 sul luogo di lavoro, che si contano, soprattutto, tra infermieri, medici e personale socio-sanitario. Una casistica che, però, rientra tra gli infortuni sul lavoro. Anche lo stress da lavoro correlato è riconosciuto come malattia professionale dall’Inail, ma rappresenta una piccola percentuale se rapportato ad altre patologie. Anche se non ci sono dati ufficiali su quanti lavoratori abbiano, ad esempio, sperimentato il burnout, il numero di dimissioni dai posti lavoro potrebbe essere un indicatore di una situazione non più sostenibile per molti: in Italia c’è chi è stanco di morire e ammalarsi di lavoro.

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