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Da una parte un mondo chiuso, elitario, che parla una lingua difficile da decifrare; dall’altra loro, che vorrebbero essere «le tue – le nostre – nuove storiche dell’arte». «Si possono raccontare contenuti alti e accademici anche utilizzando un linguaggio giovane», afferma Sofia Schubert, mente, insieme a Edi Guerzoni e Carlo Cosio, del progetto Altremuse, nato con la pandemia e che oggi conta una decina di persone dietro le quinte, ognuna delle quali «ha alle spalle un background accademico [Sofia e Edi, per esempio, hanno studiato insieme all’Ecole du Louvre, ndr.]», spiega Sofia. Per citare Keith Haring, «Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi. L’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare».

Colmare il gap tra mondo accademico e giovani

Nato durante il primo lockdown di marzo 2020, Altremuse è l’evoluzione naturale della divulgazione culturale, realizzato da e pensato per Millennials e Gen Z. «In Italia dire che i giovani sono distaccati dal mondo dell’arte e della cultura è diventato una sorta di cliché, se ne parla come se si parlasse del tempo» racconta Sofia. «Le istituzioni culturali però faticano ad approcciarsi a loro. Comunicano all’antica, continuando a essere un mondo a sé: i punti di vista non si sono mai veramente moltiplicati e la maggior parte dei professori sono uomini, nonostante gli studenti siano quasi tutte donne, giovani donne».

L’interesse per l’arte viene spesso associato a una fascia di visitatori maturi ma la realtà dei fatti è ben diversa. Se si guardano gli ultimi dati Istat relativi alla cultura e al tempo libero degli italiani nel 2020, infatti, si scopre che le percentuali dei visitatori under 34, che hanno visitato almeno una volta un museo o un sito archeologico, è di gran lunga superiore alla media. Pandemia e restrizioni permettendo, il 45,4% delle donne tra i 18 e i 24 anni ha scelto di trascorrere del tempo ammirando un dipinto o una scultura, contro il 32,4% degli uomini.

Il problema però rimane quello della comprensione di cosa si sta osservando, con il rischio di ritrovarsi come piccoli Alberto Sordi ne Le vacanze intelligenti. La comunicazione di un’opera non si deve fermare alla mera promozione di essa – magari anche assoldando un influencer – ma piuttosto svelare la storia che cela. «Manca lo sforzo di parlare a tutti» conferma Sofia. «Tutto ciò che è università resta dentro l’università. Manca la voglia di uscire quando invece la gente lo richiede». L’idea alla base di Altremuse è proprio questa: ai libri e saggi ampollosi indirizzati a una ristretta fetta di consumatori possono essere integrati nuovi linguaggi, più immediati e accattivanti.

Altremuse
Altremuse

L'arte come disciplina sociale

E così la rivoluzione ha inizio da un account Instagram. A colpi di reels e immagini in sequenza vengono dispensate informazioni in pillole su una materia più politica di quanto si possa pensare. «Io considero l’arte una disciplina sociale – continua Sofia – perché ti permette di parlare di storia, antropologia, sociologia ma soprattutto di attualità. L’opera in sé non è solo descrizione dell’artista, della sua tecnica o della storia che rappresenta. È il contenitore di tutte le istanze che hanno fatto sì che quell’opera uscisse così: il momento storico in cui è stata realizzata, perché è stata dipinta in un determinato modo, da cosa è stata influenzata».

Fare critica dell’arte permette di descrivere il presente, e non per forza osservando il lavoro dei soli contemporanei. Proprio perché frutto del suo ingegno e della sua creatività, l’opera intesse con l’uomo un legame inscindibile. Sin dai tempi delle pitture rupestri essa è stata veicolo prediletto per la narrazione delle pulsioni interiori, delle proprie paure e speranze più recondite, mai davvero mutate ma solamente riadattatesi ai vari tempi storici. Non stupisce quindi come, in Altremuse, Gustave Courbet divenga veicolo di riflessione sul body shaming, il dipinto “Amleto convoca gli attori” del pittore polacco Wladyslaw Czachorski ci parli del cross dressing, l’“Estasi di Santa Teresa d’Avila” di Bernini apra un dibattito sul misticismo e l’erotismo. Il tutto condito con animazioni e musiche originali create ad hoc per ogni singolo contenuto.

Uscire dalla nicchia

Per il team di Altremuse il criterio di scelta delle tematiche da affrontare è semplice: «trovare un argomento di nicchia da spiegare e far conoscere, che possa a sua volta permetterci di parlare di altro» rivela Sofia. La nuova storica dell’arte, infatti, ha il compito di descrivere la realtà in maniera chiara cercando sempre di sviluppare un punto di vista critico. «Non è un caso se ci rivolgiamo a temi molto cari a noi giovani, come la questione di genere, la sfera Lgbtq+, il mondo del lavoro, le mode, il femminismo». Ciò che è ricercato non si piega al pop ma si fonde con esso, chiamando in causa anche un artista del VII secolo dopo Cristo come Abu Ma’shar al-Balkhi per spiegare come l’oroscopo-mania sia tutt’altro che una semplice moda attuale e passeggera.

Altremuse
Altremuse

La collaborazione con Brescia Musei

Tutto è possibile, persino parlare di migrazione e politiche di integrazione attraverso l’illustrazione del linguaggio artistico longobardo. Altremuse ci è riuscito, aprendo una collaborazione con la Fondazione Brescia Musei. «Siamo partiti dal piccolo» racconta Sofia. «Lo zoccolo duro del nostro progetto è bresciano ma Brescia è anche simbolo di quello che vogliamo fare: c’è un patrimonio molto ricco ma assolutamente sconosciuto, che non viene approfondito più di tanto, neanche studiando storia dell’arte nel liceo classico della città. Abbiamo contattato la fondazione e trovato insieme due tematiche perfette per il nostro concept: le opere longobarde come esempio di integrazione e il ruolo delle donne nella società longobarda».

Oltre che un obiettivo raggiunto, l’esperienza è una collaborazione perfetta per entrambe le parti che ha consentito all’istituzione museale di comunicare a un segmento di pubblico che altrimenti non avrebbe mai raggiunto. «Apriremo un account TikTok perché abbiamo visto che uno dei nuovi trend è quello dei video di divulgazione. Ci piacerebbe anche aprire un canale YouTube dove pubblicare video interviste più lunghe e brevi documentari» rivela Sofia.

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