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Lo sciopero dei dipendenti pubblici inaugura ufficialmente la guerra tra poveri

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In questi mesi ci siamo abituati alle proteste di lavoratori autonomi, commercianti, ristoratori: tutte categorie travolte dall’arrivo della pandemia e che hanno visto i propri redditi crollare dell’80%, nonostante gli aiuti a intermittenza dello stato. Oggi, però, a scendere in piazza sono i dipendenti pubblici che inaugurano, così, una nuova fase dei conflitti di classe nell’Italia della pandemia.

La frattura sociale tra garantiti e non garantiti

È il parere dell’85,6% degli italiani, la crisi sanitaria ha reso evidente il divario tra due categorie di lavoratori: quelli che hanno un reddito garantito e quelli che non ce l'hanno. Nessun dubbio, infatti, che il cosiddetto “posto fisso” nella Pubblica Amministrazione abbia retto meglio di qualunque altro all’impatto del covid. Certo i problemi hanno toccato anche i dipendenti pubblici: 350mila precari (di cui 60mila nella sanità) continuano a navigare nell’insicurezza e per questo, oggi, protestano per ottenere un contratto. Ma sono una piccola percentuale rispetto agli oltre 3,2 milioni di dipendenti in regola con 30mila € di reddito lordo annuo garantito. Certo, la digitalizzazione della burocrazia, per anni rimandata e rallentata, li ha spinti a chiedere corsi di formazione. Inoltre lo smart working grava sulle loro bollette: internet ed elettricità prima di tutto, servizi che in ufficio sarebbero pagati dalla PA e che a casa gravano sul dipendente pubblico. Ma non solo su di lui, anche i lavoratori privati affrontano lo stesso problema. Con la differenza, però, che per questi ultimi il futuro è colmo di incertezze. Il 53,7% dei dipendenti nelle PMI sta rischiando il posto, tra le partite IVA erano già 219mila quelle chiuse in Italia a ottobre, soprattutto di trentenni. 284mila i dipendenti licenziati, 136mila gli autonomi senza lavoro. Poi gli imprenditori dei settori più colpiti come i ristoratori, i commercianti, gli artigiani, i professionisti rimasti senza incassi e fatturati: solo il 23% di loro ha continuato a percepire gli stessi redditi familiari di prima del Covid-19. Senza contare gli oltre 5 milioni di invisibili dei lavori in nero e dei lavoretti, crollati senza far rumore nel silenzio generale. Insomma una situazione esplosiva: 14 milioni di persone hanno cercato il supporto economico del Governo, molte altre ne sono state escluse. Proprio sulla linea di fuoco tra stato e privati si insinua la protesta dei dipendenti pubblici che, però, possono far valere una posizione di forza maggiore rispetto agli altri. Generando, di conseguenza, la rabbia e la frustrazione di questi ultimi.

Uno sciopero legittimo nel momento sbagliato

Oggi sciopereranno i lavoratori delle funzioni centrali (Ministeri, Inps, Inail, Agenzie fiscali. ecc), degli Enti locali e della Sanità (servizi essenziali esclusi) e quelli dei nidi e delle materne. Proprio il peso di questi servizi, in particolare durante una crisi come la pandemia, ha spinto il Garante per gli scioperi a chiedere ai sindacati di ridurre i disagi per i cittadini. Il periodo scelto ha spaccato anche lo stesso fronte sindacale: «Sciopero legittimo ma inopportuno in piena pandemia e con milioni di persone in cassa integrazione» secondo Paolo Capone, segretario generale dell'Ugl, che ha previsto una bassa adesione. Lo stesso pensano alcuni dipendenti pubblici e sindacalisti che ritengono non solo il momento inopportuno, ma anche sbagliato il metodo scelto per la battaglia. Manuel Braghero, membro della CGIL e dipendente in Regione Toscana, ha dichiarato: «Trovo lo sciopero indetto un'offesa alla mia storia di civil servant e anche a quella di comunista. Il paese in questo momento drammatico si deve reggere sulle nostre spalle ed è questa l'occasione casomai per riscattarci dai luoghi comuni sul pubblico impiego. Sarebbe assai più serio uno sciopero bianco per rivendicare dignità e riconoscimento con il versamento di quota parte della giornata lavorativa a un fondo sindacale di mutuo soccorso per i lavoratori in difficoltà. Quello sì sarebbe un bel modo per rivendicare con orgoglio il giusto rinnovo del contratto». Dall’altro lato Angelo Murabito, segretario generale di Cisl Fp continua però a sottolineare l’urgenza di uno sciopero: «La ministra (Fabiana Dadone, ndr) deve comprendere che il sindacato è pilastro dell’organizzazione sociale del Paese, e se da un anno si chiede di essere convocati per il contratto per le assunzioni e per la sicurezza e questo non accade, la responsabilità non è di chi protesta, ma di chi non accetta il confronto». Un miliardo, questo l’investimento voluto dai sindacati per la PA, 600 milioni € in più rispetto a quello già stanziato. Una richiesta che colpisce il paese nel suo momento di maggiore debolezza e che potrebbe far esplodere, definitivamente, il conflitto sociale in Italia.

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