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Dietro la retorica di Vladimir Putin si nasconde il disegno di un nuovo impero

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I discorsi di Putin sono ormai un appuntamento fisso che scandisce, con lucida cadenza, gli orrori della guerra in Ucraina. Qualcuno ha sottolineato quanto in questi interventi, il leader russo abbia preso le distanze dal passato sovietico sottolineandone gli elementi di rottura con quel passato. La stessa Ucraina, nelle parole dello “Zar”, sarebbe dovuta a “un’invenzione di Lenin”, del bolscevismo. Ma se la retorica di Putin, a parole, prende le distanze dal mondo sovietico, le sue radici sono ben ancorate nell'impostazione imperiale dell’URSS, come dell’Impero Russo prima di lei.

La Nuova Idea Russa di Putin e le sue radici imperiali

Gli imperi, insegnano gli analisti di geopolitica, sono principalmente narrazioni. Putin ha creato una nuova Russia imponendo, negli anni, più che un semplice e riformulabile sistema di potere, un’idea di Russia che non sarebbe più stata, come la definì Obama “potenza regionale”, ma impero capace di influenzare il mondo. Lo studioso Luca Gori, ne “La Russia eterna. Origini e costruzione dell’ideologia post sovietica” (Luiss University Press) ha descritto questa strada come identitaria e contrapposta all’Occidente: «una Nuova Idea Russa che permetta a Mosca di intraprendere un percorso di sviluppo nazionale e indipendente, esaltando la sua unicità storico-culturale».

La risposta della Russia al mondo moderno, globalizzato, sostanzialmente vincitore sulla sua vecchia identità comunista e sovietica è, oggi, un conservatorismo anti-occidentale che funge prima di tutto da rifugio. Centrale, infatti, nella narrativa di Putin come nella retorica di questi giorni, il senso di accerchiamento, di minaccia, che la Russia vive come tara genetica sin dal suo più remoto passato e che in ogni epoca ha trovato una ragione d’essere e una sua specificità. Minacciata era la Russia degli Zar dalle forze straniere: mongole, inglesi, tedesche, francesi. Minacciata era la Russia sovietica da un Occidente capitalista in mano agli americani. Minacciata è la Russia di Putin, da un mondo globalizzato, sempre più integrato e cosmopolita.

Il conservatorismo 'rifugio' e la nostalgia

Il conservatorismo russo, spiega Gori, «ha sempre accompagnato il percorso di sviluppo della Russia, offrendole un “rifugio” ogni qual volta si è sentita minacciata dall’esterno. Il nucleo di tale approccio è costituito da un rifiuto della modernità proposta dall’Occidente liberale ed individualista e da un’enfasi posta sui principi di sovranità e non ingerenza negli affari interni».

Questo conservatorismo “rifugio”, che emerge nello spauracchio dell’«anti-Russia creata dagli Occidentali» utilizzato da Putin per descrivere l’Ucraina nel suo discorso del 3 marzo, si accompagna a un approccio imperiale che in parte mescola e in parte si emancipa dalla vecchia URSS. Sempre nel discorso del 3 marzo, Putin si rivolge al suo popolo col termine "tovaritch", “compagni”, che ha un preciso significato per la slavista Serena Vitale, che ha spiegato a VD: «Putin usa “compagni” perché pensa di poter ricreare l’impero sovietico». Secondo Vitale, però, questo approccio sarebbe anacronistico, ma non esiste una scelta per il popolo russo se non quella di seguire il proprio leader.

«Le elezioni erano tutte truccate, le persone venivano prese e portate a votare, i risultati truccati. Da Stalin in poi, questa è diventata quasi un’abitudine. Come si fa a ribellarsi a Putin? Hanno provato a fare manifestazioni: li prendono e li sbattono in carcere, c’è un sistema di controllo a Mosca che è duro esattamente quanto quello che c’è a Kyiv e in genere in Ucraina. C’è una legge per cui se ci si riunisce in più di cinquanta, quaranta, si viene arrestati. Dove si va a manifestare se prendono anche i bambini?»

In Ucraina alcuni carri armati russi sventolano la bandiera dell'URSS

La nascita (forse) di un nuovo impero

Questo conservatorismo torvo e vittimista, che vive del senso di accerchiamento congenito alla realtà russa (grande nazione priva di difese naturali), deve all’antico spirito sovietico molto più di quanto Putin voglia ammettere. Il richiamo continuo alla Grande guerra patriottica (come la Seconda guerra mondiale è chiamata in Russia) è una vera e propria costruzione mitologica che lo “Zar” ha fatto sua mutuandola direttamente dal mondo sovietico.

Ma anche l’assimilazionismo che emerge dal passaggio, pronunciato sempre il 3 marzo, «persone che possono dire: vengo dal Daghestan, vengo dalla Cecenia, vengo da altre regioni ma mi sento russo» è direttamente figlio del mondo sovietico post-leninista. Ecco perché, nella descrizione dell’Ucraina, Putin ci tiene a sottolineare l’invenzione bolscevica, quella degli anni Venti e della "Korenizacija", quando il regime comunista cercò, in rottura con lo zarismo, di restituire dignità alle identità nazionali oppresse come quella ucraina. Il leader del Cremlino, così, si distacca dall’approccio multietnico della prima Unione sovietica e si avvicina invece all’Impero sovietico del periodo seguente.

Ma che sia l’uno o l’altro, la retorica di Putin riconduce sempre all’impero sovietico. D’altronde non esiste, oggi, in Russia una narrazione nazionale alternativa: «Il problema vero è che ottanta anni di comunismo sovietico e di dittatura non hanno permesso che nascesse una nuova classe di politici,» spiega Vitale. «Non esistono scuole di Politica: gli unici che hanno una scuola di Politica ad usum Delphini sono nel KGB».

In quest’ottica si inquadra la frase di Putin sulla dissoluzione dell’Unione Sovietica come “massima tragedia della storia”. Tragedia innescata dalle azioni di Gorbacev (dai sondaggi, il politico meno amato in Russia, di contro a Stalin, ancora il più amato). Un furto politico e identitario dell’eredità imperiale della Terza Roma, compiuto dall’Occidente ai danni di Rodinka, che Putin si propone di correggere fondando una Nuova Russia, militarmente aggressiva e potente.

Il discorso di Putin sulla guerra in Ucraina

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