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I morti sul lavoro in Italia sono più di tre al giorno. Ma calano le denunce

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C’è una pandemia “bianca” che si porta via più di tre persone al giorno: sono state, infatti, 1.270 i morti sul lavoro in Italia nel 2020, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019 (+16,6%). Se i decessi in itinere, che si verificano cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, sono diminuiti di quasi un terzo, da 306 a 214 (-30,1%), quelli in occasione di lavoro - stando ai dati forniti dall’Inail - sono invece aumentati del 34,9%, da 783 a 1.056. Come nel caso di Luana D’Orazio, morta a 22 anni, schiacciata da un rullo nell’azienda tessile dove lavorava, o dell’operaio di Busto Arsizio, stritolato ieri da un tornio meccanico. Eppure le denunce sono in calo del 13,6%, complice, spesso, la paura di ritorsioni. Perché, come spiega il SI Cobas, chi parla “subisce conseguenze”. Anche gravi.

Il caso di Safyan e la paura di denunciare

Safyan Shah ha all’incirca l’età di Luana D’Orazio e come lei lavora come operaio tessile nel distretto di Prato. All’inizio di quest’anno si è infortunato sul lavoro, ma non ha denunciato. «Lavoravo sette giorni su sette per dodici ore come apprendista. Ero stanco. E così è capitato che la mia mano rimanesse sotto il macchinario che stavo maneggiando». Ma la proprietaria dell’azienda, invece di chiamare l’ambulanza, lo ha accompagnato in ospedale, intimandogli di raccontare una storia diversa. «Mi ha detto di dire che mi ero fatto male a casa, che mi ero schiacciato la mano nella porta o che ero caduto. Ho avuto paura. E così non ho denunciato». Solo in un secondo momento si è rivolto all’ispettorato del Lavoro. E per tutta risposta gli è arrivata una lettera di licenziamento da parte dell’azienda. Segno che il coltello continua a essere dalla parte del datore di lavoro.

Come il coronavirus ha impattato sugli infortuni

Secondo i dati pubblicati dall’Inail, quasi un quarto del totale delle denunce e circa un terzo dei casi mortali sono dovuti al contagio da Covid-19 che l’Istituto inquadra, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, “equiparandone la causa virulenta a quella violenta tipica proprio degli eventi infortunistici, come avviene anche per altre affezioni morbose”. In particolare, nella sanità e nell’assistenza sociale, i casi di infortunio si sono triplicati e in quasi i tre quarti dei casi hanno riguardato contagi da coronavirus, segnando, in totale, un +206%. Nel silenzio delle istituzioni. La soluzione? Secondo Maurizio Landini della Cgil, «se vogliamo evitare che succedano altre tragedie, abbiamo bisogno di fare molta formazione e introdurre il diritto che in ogni luogo di lavoro ci sia un lavoratore che possa fare, come dice la legge, il rappresentante alla sicurezza». Landini ha ricordato anche la proposta dei sindacati di istituire "una patente a punti" per le imprese che valuti la qualità e la prevenzione del pericolo. Ma la sicurezza sul lavoro resta fuori anche dal Recovery Plan.

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