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Come la guerra in Ucraina cambierà la nostra spesa
Quale sarà l’impatto dell’invasione russa in Ucraina sulla spesa degli italiani? Anche se la domanda può sembrare cinica ci sono effetti della guerra che toccano, già ora, gran parte dei cittadini dell’Unione Europea - e non solo. L’Ocse, ad esempio, ha certificato proprio nelle ultime ore che nella zona dell’organizzazione l’inflazione è continuata ad aumentare fino a raggiungere il 7,2% nel gennaio 2022, il tasso più elevato dal 1991. L'inflazione dell'Italia, precisa l'organismo, è stata del 4,8% a gennaio contro il 3,9% di dicembre, un aumento di 0,9 punti percentuali, tra i più importanti incrementi di tutti i Paesi Ocse. Il conflitto tra Russia e Ucraina contribuirà all’ulteriore aumento dei prezzi di alcuni beni (in particolar modo dell’industria alimentare) che l’Italia importa dai due paesi.
Quali rincari ci saranno e quali sono già tangibili
La Russia è il primo esportatore di grano al mondo, l’Ucraina il quarto. Insieme i due Paesi valgono il 29% del commercio globale di grano: circa 40 milioni di tonnellate all’anno, solo dal Paese governato da Putin, vengono esportate nel mondo. L’Italia, ovviamente, è un importatore molto interessato. La chiusura dei porti ucraini di Odessa (soprattutto) e Mariupol ha determinato però uno stop ai rifornimenti. «Ucraina e Russia», ha spiegato il produttore di pasta Divella, sono sempre state «il serbatoio alimentare e di grano dell’Europa. Se non si va lì, bisogna andare in Canada, negli Stati Uniti o in Australia, molto più lontano». E andare più lontano significa aumentare le spese.
Secondo CAI - Consorzi agrari d’Italia - solo nella prima settimana di guerra i prezzi dei prodotti agricoli sono aumentati del 13% per il grano tenero e del 29% per il mais, a livello mondiale. Sono queste le produzioni agricole che dipendono maggiormente dalle esportazioni russe e ucraine. Gli aumenti incideranno su prezzi già alti per effetto dei rincari di energia, carburante, imballaggi e trasporti. Coldiretti conferma che l’Italia importa il 64% del grano duro (per la pasta), il 64% di grano tenero (pane e biscotti), poi mais e soia per l’alimentazione degli animali (per formaggi e salumi).
L’Ucraina e lo stop alle esportazioni: la crisi dell’olio di girasole in Italia
L’Unione Europea dipende dall'Ucraina per alcuni prodotti in particolare: l'olio di girasole (88%), colza (41%) e il miele (26%). In particolare l’olio di girasole, in Italia, è la base di numerosi filoni produttivi (nell’industria alimentare in pasticceria, per prodotti da rosticceria, conserve e salse). Se ne consumano 770mila tonnellate all’anno. L’Italia - secondo i dati di Assitol (Associazione Italiana dell'industria olearia) importa dall’Ucraina il 63% dell’olio di girasole. Ecco perché, con i porti chiusi, l’ipotesi di Assitol è che entro un mese le scorte siano destinate a finire e ci ritroveremo senza olio di girasole sugli scaffali. «Questo conflitto», spiega Carlo Tampieri, presidente del gruppo Oli da semi dell'Associazione, «rende difficile l'approvvigionamento di materia prima e di conseguenza mette a rischio l'attività delle singole imprese».
Un rischio reso ancora più concreto da una notizia arrivata nelle ultime ore: il Governo ucraino ha deciso di sospendere le esportazioni di alcuni prodotti per fronteggiare l’eventualità di carenza di cibo. Uno scenario che di giorno in giorno si fa sempre più realistico. Così le quote di carne, segale, avena, grano saraceno, zucchero, miglio e sale destinate all’estero resteranno entro i confini del Paese governato da Volodymyr Zelensky.
Il ruolo dei fertilizzanti
La Russia è anche uno dei principali esportatori di fertilizzanti. «Nessun'altra nazione ha la stessa ampiezza di fornitura di fertilizzanti prontamente esportabili. I loro fertilizzanti si spostano in tutti i continenti», afferma Alexis Maxwell, analista dei fertilizzanti di Bloomberg. Secondo uno studio dell’agenzia di informazione finanziaria, infatti, i prezzi degli alimenti aumenteranno anche per questo: «È difficile esagerare, descrivendo quanto sia importante il fertilizzante per la catena di approvvigionamento alimentare: praticamente ogni piatto di cibo che tocchi è arrivato lì con i fertilizzanti di aiuto. Se il commercio globale viene interrotto ci saranno costi più elevati per gli agricoltori di tutto il mondo e, a sua volta, una maggiore inflazione alimentare», si legge su Bloomberg.
Gli alcolici
Intanto l'indignazione suscitata a livello planetario dall’attacco russo sta portando all'aumento delle iniziative di boicottaggio della vodka, prodotto simbolo della Russia. Negli Stati Uniti, soprattutto, alcuni governatori hanno chiesto ai negozianti di non vendere più liquori a marchio russo. Una grande catena di liquori neozelandese ha già annunciato la rimozione di vodka e altri prodotti dai propri scaffali. In Italia - ricorda Winemag - una fra le maggiori aziende di winedelivery, Bernabei, ha già rimosso dal catalogo tutti gli alcolici di fabbricazione e marca russa. «Le valutazioni sulle performances devono lasciare spazio al valore etico più alto del ripudio della guerra», fa sapere l’azienda. Russia e Ucraina, infine, sono grandi esportatori di orzo: le difficoltà legate al trasporto di merci in tempo di guerra potrebbero comportare maggiori spese per i produttori di birra, soprattutto per i birrifici piccoli e artigianali.
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