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riscaldamento globale

Fermare il riscaldamento globale potrebbe non bastare più. Dobbiamo prepararci alla crisi climatica

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Millennial e gen Z sono scesi in piazza per chiedere di agire contro il riscaldamento globale. E l’Europa ha provato a rispondere. Lo ha fatto con una legge, approvata settimana scorsa, che guarda alle richieste delle nuove generazioni ed è destinata a diventare pietra angolare del Green Deal. Una legge che, però, non accontenta tutti. «È un ottimo punto di partenza. Senza i movimenti per il clima non saremmo arrivati a questo. Ma non è abbastanza, è una mediazione insufficiente», ha detto a VD Giovanni Mori dei Fridays For Future. L’obiettivo della normativa quadro è quello di raggiungere la neutralità climatica, vale a dire l’equilibrio tra le emissioni e l'assorbimento di carbonio (compreso quello da parte del suolo e delle foreste), entro il 2050. Insomma, saremmo il primo continente a togliere dall’atmosfera tanta CO2 quanta ne produciamo. Dopo il 2050, l'Ue punterà direttamente a emissioni negative. La normativa fissa anche un altro traguardo vincolante: la riduzione delle emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Ma basterà a fermare la crisi climatica?

Cosa prevede la legge sulla neutralità climatica

Il Fit for 55, il pacchetto quadro contro la crisi climatica sarà presentato il prossimo 14 luglio. Si tratta di undici proposte legislative che tradurranno i target della legge in normative settoriali e specifiche che andranno a modificare quanto previsto in materia di clima, rinnovabili, efficienza e tassazione dell’energia. Oltre ai target di riduzione delle emissioni per il 2030 e il 2050, la legge per il clima prevede che l'Ue si ponga un obiettivo intermedio per il 2040 e di un carbon budget, vale a dire una proiezione del bilancio indicativo per i gas a effetto serra ma solo per il periodo 2030-2050, che indicherà quanta CO2 ogni singolo stato potrà ancora permettersi di produrre senza mettere a rischio gli impegni dell'Unione previsti dagli accordi di Parigi del 2015. Verrà inoltre istituito un comitato consultivo scientifico europeo sul climate change, che fornirà consulenza scientifica indipendente e produrrà relazioni sulle misure dell'Ue.

La Commissione europea si impegnerà anche con i settori dell'economia che scelgono di preparare tabelle di marcia volontarie indicative per raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica dell'Unione entro il 2050. «Sono orgogliosa che finalmente abbiamo una legge sul clima», aveva dichiarato la relatrice del Parlamento Jytte Guteland. «Abbiamo confermato un obiettivo di riduzione delle emissioni nette di almeno il 55%. Avrei preferito andare anche oltre, ma questo è un buon accordo basato sulla scienza che farà una grande differenza. L'Ue deve ora ridurre le emissioni nel prossimo decennio, più di quanto abbia fatto nei tre decenni precedenti messi insieme. Abbiamo obiettivi nuovi e più ambiziosi che possono ispirare altri Paesi a fare un passo in avanti».

Fermare il riscaldamento globale o prepararsi alla crisi climatica?

Secondo l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il panel intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici, bisogna limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali richiede che le emissioni nette globali di gas serra raggiungano lo zero netto intorno al 2050. Ma la bozza del rapporto dell’IPCC, che uscirà a febbraio 2022, dice che il clima sta cambiando più velocemente di quanto ci aspettassimo. Insomma, l’apocalisse climatica, come sostiene lo scrittore e saggista Jonathan Franzen, potrebbe verificarsi già nel corso delle nostre vite. «L’immagine che mi è rimasta in testa è quella della velocità» con cui si sta verificando la crisi climatica. Di conseguenza le speranze sono affidate «non alla nostra capacità di evitare la catastrofe climatica ma a quella di affrontarla in modo ragionevole e umano».

La crisi climatica è già qui

Secondo il rapporto dell'IPCC del 2019, ad esempio, la questione non è più se l'innalzamento del livello del mare supererà gli ottanta centimetri, ma piuttosto se questo avverrà entro il 2100. Ciò, sempre secondo lo studio, interesserebbe circa 410 milioni di persone, che sarebbero costrette a emigrare. Senza contare le temperature record in Canada di questi giorni, che hanno raggiunto quasi i 50 gradi, causando centinaia di morti. Anche la barriera corallina è in sofferenza a causa della crisi climatica, tanto che l’Unesco pensa di etichettare questo patrimonio dell’umanità come ‘in pericolo’. Più da vicino, a casa nostra, la portata del fiume Po è crollata del 30% per la grave siccità.

Da inizio anno, dice il Canale Emiliano Romagnolo (Cer), nel Bolognese e in Romagna le piogge si sono fermate a 170 millimetri. Una pluviometria inferiore di almeno il 40% rispetto ad Haifa, in Israele. È il secondo anno più siccitoso di sempre, superato solo dal 2020 quando le piogge invece si fermarono a 152 millimetri. Mitigare gli effetti della crisi climatica non basta più. Bisogna anche adattarsi a un mondo che sta cambiando sempre più in fretta. E questo significa prepararsi a migrazioni, scomparsa di città costiere ed estinzioni di massa. Ne saremo capaci?

I giovani che difendono il clima con il climate strike

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