riscaldamento globale
La crisi dell'acqua è dietro l'angolo. Anche per l'Italia
Nel gennaio del 2018, Città del Capo ha lanciato il primo vero allarme di crisi idrica nel mondo. Per la prima volta, infatti, una grande metropoli ha visto avvicinarsi la soglia del Day Zero, previsto per aprile. Una water crisis che si è verificata ciclicamente a Cape Town fin dal 2015 e scongiurata solo dopo mesi di misure restrittive a tappeto. Uno degli effetti più pericolosi del riscaldamento globale.
Cos’è una water crisis
Le condizioni a Città del Capo sono precipitate quando si sono accorti che, nel giro di tre anni, la città avrebbe esaurito le proprie risorse acquifere. Uscendo la triennio più caldo dell’ultimo secolo, Città del Capo si è trovata consumata, con il bacino principale a cui attingere, il Theewaterskloof, ormai sceso ad un decimo della sua capienza. Le autorità sono quindi corse ai ripari, imponendo un regime di consumo medio pro capite di 50 litri al giorno (in Italia, normalmente, ne consumiamo 250), pena multe salate. Niente piscine, niente irrigatori, tagli del 40% all’acqua agricola (a costo di perdere un quinto del raccolto): le misure hanno battuto a tappeto tutta la popolazione, anche se le discrepanze tra le zone ricche – a maggioranza bianca – e quelle povere, principalmente abitate dai neri, sono emerse anche in questa circostanza di emergenza. Le soglie minime imposte erano troppo rigide per i ricchi, che avrebbero comunque potuto pagare le sanzioni, mentre troppo permissive per i poveri, che sessanta litri d’acqua al giorno, forse, non li hanno mai visti neanche in periodo normali.
Crisi idriche e riscaldamento globale
Ad oggi, dopo più di un anno di sacrifici, Cape Town sta provando a rialzarsi. Le piogge del giugno 2018 hanno ridato fiato alla città, che ha visto mutate le proprie abitudini. Le riserve sono tornate al 50%, ma non tutti hanno ripreso per forza il vecchio ritmo di consumo; nei ristoranti, ancora oggi, ci sono i cartelli nei bagni con scritto “If it's yellow, let it mellow...”, per invitare a tirare lo sciacquone solo quando veramente necessario. Eppure, il rischio che ha corso Città del Capo, non è stato assolutamente casuale né unico.
Infatti, secondo il rapporto del World Resources Institute, nel mondo ci sono ben 17 paesi ad alto rischio Day Zero. In questi, dettaglio non da poco, ci vive un quarto della popolazione mondiale. L’Italia, in tutto ciò, non può certo sorridere dall’alto del suo 44° posto in classifica. Un paese che ha visto le proprie temperature alzarsi, mediamente, di 1,5° C nell’ultimo secolo, che respira aria di siccità tanto al Nord quanto al Sud, dovrebbe cominciare a preoccuparsi.
Allarme Pakistan, ma anche l’Italia...
Non saremo il Pakistan, che nel 2025 rischia concretamente di esaurire le sue scorte d’acqua, ma anche noi abbiamo i nostri grattacapi. A Roma, ad esempio, l’emergenza è arrivata nell’estate del 2017, con l’amministrazione che si è trovata a chiudere i rubinetti per colpa della secca del lago di Bracciano, fonte primaria della Capitale. Ma non solo, perché ci sono alcuni dati che non mentono.
- Po, Adige, Arno e Tevere ridotti del 60%
- Solo l'11% della pioggia viene riutilizzato
- 342 comuni sono privi di depuratori
- 17 miliardi di m³ di acqua per l’agricoltura (secondi in Europa)
Se il primo di questi numeri può essere imprescindibile dalle scelte politiche, a causa dei problemi di inquinamento in Italia, gli altri tre sottolineano invece che l’emergenza non viene ancora considerata tale. Ci sono, quindi, le solite discrepanze di vedute tra la realtà e la lentezza dei provvedimenti, per cui non vale tanto il vorrei ma non posso quanto il non vorrei nemmeno se potessi. Eppure, dati alla mano, il rischio è concreto.
Segui VD su Instagram.