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Come contraccezione ed educazione sessuale stanno riducendo gli aborti

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In Italia gli aborti sono in calo da anni e non per la lotta senza quartiere portata avanti dall’obiezione di coscienza contro l’esercizio di questo diritto. Sono stati la conoscenza, l’abbattimento dei tabù e la diffusione della contraccezione a riuscire dove secoli di proibizionismo avevano fallito. Il calo del numero degli aborti è il risultato di quella consapevolezza sessuale e di quel controllo sul proprio potere riproduttivo che i movimenti femministi e rivoluzionari degli anni ‘70 cercavano di affermare. Consapevolezza e controllo nati proprio dalla legalizzazione dell’aborto e della contraccezione, avvenute a pochi anni di distanza l’una dall’altra.

I numeri degli aborti in Italia

Secondo gli ultimi dati disponibili, contenuti nella Relazione sull’attuazione della L.194/78 trasmessa al Parlamento il 30 luglio 2021 dal ministero della Salute, nel 2020 ci sono state 67.638 interruzioni volontarie di gravidanza. Rispetto all’anno precedente il calo è del 7,6%. Un dato sorprendente si ottiene invece paragonando il numero delle IVG del 2020 a quello del 1982, quando erano oltre 230mila. Il calo, in questo caso, è del 71,2%. Come si spiega questo dato? Da un lato ha contribuito al calo una più capillare diffusione della contraccezione, che ha raggiunto in questi 40 anni tutti gli strati sociali.

In generale, però, la trasformazione sociale in atto non è l’unica spiegazione al fatto che in Italia ci sia uno dei tassi di abortività tra i più bassi a livello internazionale, 5,8 aborti per mille donne e, tra le giovani donne, un ricorso all’aborto che è il più basso d’Europa (2,3 aborti per 1000 donne). Tra le ragioni ulteriori addotte dal Ministero già nel 2016: «Lo stare a lungo in famiglia» per i giovani italiani «può rappresentare una sorta di “protezione” da quei comportamenti rischiosi che portano a concepimenti indesiderati». Ma centrali, anche per le analisi della Sanità nazionale, restano contraccezione e consapevolezza sessuale.

La legalizzazione ha portato consapevolezza

Quindi la legalizzazione ha portato a una diminuzione del fenomeno. Perché? Probabilmente non per un semplice nesso causale ma per uno ambientale più complesso. Lo stesso contesto sociale che ha portato alla legalizzazione dell’aborto ha anche diffuso la contraccezione (che in Italia è legale solo da mezzo secolo) e l’educazione sessuale. Lo confermerebbe il Ministero della Salute proprio nelle Note del 2020 (in connessione anche al fenomeno degli aborti ripetuti, soprattutto tra cittadine straniere): «La tendenza al ricorso all’aborto nel nostro Paese è in costante diminuzione [...]; il fenomeno è spiegabile presumibilmente con il maggiore e più efficace ricorso a metodi per la procreazione consapevole, alternativi all’aborto».

D’altronde anche i risultati dello studio pubblicato su The Lancetriguardo l’aborto nel mondo tra il 1990 e il 2019 indicano che: «le persone ricorrono all’aborto anche dove è proibito». Anzi, continua lo studio, «Nei paesi dove l’aborto è illegale, la proporzione tra gravidanze indesiderate terminate in aborto rispetto al periodo 1990-1994, e in generale il numero di gravidanze indesiderate, è più alto che nei paesi dove l’aborto è legale». I dati sottolineano l’importanza di «assicurare lo spettro completo dei servizi sanitari per la riproduzione, inclusa la contraccezione». Certo, l’Italia ha ancora molta strada da fare in questo campo.

La contraccezione

La storia della contraccezione in Italia si lega a doppio filo a quella dell’AIED, l’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica che, da più di sessant’anni combatte per questo diritto. Dalla fondazione del loro primo consultorio, a Roma nel 1955, l’AIED lottò per far abrogare l’articolo 553 del codice penale di epoca fascista, che recitava: «Chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire quattrocentomila». AIED la spuntò nel 1971 ma ci vollero anni prima che il Ministero della Salute recepisse questo cambiamento sociale. E ancora oggi l’uso dei contraccettivi in Italia incontra problemi, soprattutto culturali. Gli italiani spendono, l’anno, solo 0,43 euro in profilattici (contro l’1,07 del Regno Unito, Paese dove, solo nella capitale, esistono 847 centri che distribuiscono gratuitamente i condom). La cifra più bassa d’Europa.

La spesa pro-capite per i preservativi in Europa
La spesa pro-capite per i preservativi in Europa

Il 57% degli italiani non li usa abitualmente e il 18% mai. Tra i giovani, il 63% dei giovani preferisce il coito interrotto e il 15% è convinto che questa pratica sia efficace per evitare gravidanze e infezioni. A questo si aggiungono i problemi di accesso alla pillola del giorno dopo.

L’obiezione di coscienza ha, infatti, ramificazioni anche nelle farmacie dove, nonostante sia vietato dalla legge, a volte si rifiuta la somministrazione della pillola a chi la richiede. A febbraio 2021 arrivò sui giornali il caso di Lucca, dove Non Una Di Meno organizzò una protesta davanti all’esercizio di un settantaseienne che aveva rifiutato di fornire la pillola a una sua cliente. Eppure, sempre le Note del Ministero, confermano l’importanza di questo farmaco: «Si può ipotizzare che l’aumento dell’uso della contraccezione d’emergenza - Levonorgestrel (Norlevo, pillola del giorno dopo) e Ulipristal acetato (ellaOne, pillola dei 5 giorni dopo) - abbia inciso positivamente sulla riduzione del numero di IVG».

Scontiamo, in questo campo, un evidente ritardo culturale. «La contraccezione dovrebbe essere un'abitudine» secondo Paolo Scollo, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia che, già nel 2016, aveva tentato, invano, di farsi ricevere al Ministero, «una normale misura di protezione che riguarda tutto il corpo sociale. Eppure resistono ancora tabù, in famiglia come a scuola».

L’educazione sessuale come risposta

Quindi, se il calo degli aborti è dovuto al contesto culturale, la risposta dei movimenti che lottano contro questa pratica dovrebbe essere sostenere seri programmi di educazione sessuale e campagne che invitano alla contraccezione. È così? Neanche per idea. Se in paesi come l’Olanda si inizia a parlare di educazione sessuale fin dall'asilo e in Germania è materia obbligatoria fin dal 1968, in Italia la maggior parte dei ragazzi costruisce il proprio bagaglio di esperienza in merito su Internet o chiacchierando con gli amici e un misero 20% chiede informazioni ai genitori. Insomma un disastro. In un Paese dove, secondo l’ultimo sondaggio di Durex e Skuola.net, il 42% dei giovani ha avuto il primo rapporto sessuale tra i 15 e i 16 anni e solo il 49% usa abitualmente il preservativo.

Proprio quei movimenti che vorrebbero abolire il diritto all’aborto, difficilmente accettano l’educazione sessuale nelle scuole (per non parlare di quella LGBT+). Segno che, più che l’aborto, si cerca di abolire il diritto a ricorrervi. Confermando che sono la consapevolezza sessuale e il controllo sul potere riproduttivo che ne consegue il vero tabù che dobbiamo abbattere.

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