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La cannabis è terapeutica e migliora la qualità della vita dei pazienti
La cannabis terapeutica compie diciotto anni e dimostra la sua efficacia nel trattamento dei malati. Secondo le dichiarazioni di aprile del National Institute for Clinical Excellence (NICE) e i risultati preliminari del Project Twenty21, l’uso della cannabis terapeutica avrebbe migliorato la qualità della vita dei pazienti che hanno potuto accedere al trattamento.
La cannabis terapeutica migliora la qualità della vita
Il report preliminare del Project Twenty21, pubblicato a maggio dal professor David John Nutt e dai suoi colleghi C. Sakal, M. Lynskey e A. K. Schlag, raccoglie i dati di oltre 900 pazienti in UK. I risultati dimostrano che la cannabis terapeutica, oltre al quadro clinico, offre miglioramenti significativi nella qualità della vita dei pazienti che soffrono di dolore cronico, sclerosi multipla, sindrome di Tourette, epilessia e stress da shock post traumatico. Il 51% dei pazienti ha mostrato un miglioramento non solo nelle condizioni di salute ma anche nella capacità di condurre una vita normale, una percentuale che raggiunge il 61,5% dopo tre mesi. Migliorata anche la capacità dei pazienti di gestire l’ansia, l’insonnia e la depressione (condizioni secondarie particolarmente debilitanti).
A questi due aspetti se ne aggiungono altrettanti da non sottovalutare. Prima di tutto la possibilità di non passare dal mercato illegale di cannabinoidi, in secondo luogo di evitare l’uso di farmaci oppioidi e la loro dipendenza. «La mancanza di dati clinici ha dissuaso molti medici a prescrivere la cannabis terapeutica» ha spiegato il prof. David Nutt. «Queste nuove scoperte sono un grande passo avanti nella ricerca e aiutano a chiarire i benefici che queste medicine possono avere sui malati più gravi».
E In Italia?
La cannabis terapeutica nel nostro paese è legale ma ostacolata. «La reperibilità della cannabis è un problema tutto italiano», racconta a VD Alessandro Pastorino di FL Group. «A volte accade persino in azienda di ricevere le telefonate dei pazienti che dicono che non facciamo bene il nostro lavoro, che spesso sono costretti a rivolgersi agli spacciatori. Il fabbisogno del nostro Paese sarebbe di due tonnellate, ma noi riusciamo ad arrivare a un massimo di una tonnellata». Ma la storia parte da lontano. È stato nel primo decennio degli anni Duemila, infatti, che la cannabis è arrivata nel nostro Paese, come materia prima da lavorare in farmacia, grazie alle battaglie dei pazienti. «Da qui è partita la possibilità per aziende come la nostra di importarla, sotto il controllo del Ministero della Salute. In Italia ci sono in tutto altre cinque aziende che importano la cannabis, e che hanno l’onere e la possibilità di programmare le importazioni in base a quote stabilite dal ministero su base annua».
«Ma si tratta di quote basate sui consumi storici, che non tengono conto di quanto questo mercato sia aumentato esponenzialmente. Un mercato come l’Italia che è partito per primo anche legiferando in modo puntuale, si è fatto superare dalla Germania, che si è resa conto di come il riscontro terapeutico di questa sostanza si fosse fatto più importante». In Italia, il vero dramma è che l’approvvigionamento di infiorescenze proviene da una sola azienda olandese per accordi vecchi, che ora determinano una mancanza di prodotto su tutto il sistema nazionale. Un’apertura all’import da altri Paesi risolverebbe questa criticità, ci sono diversi produttori con la medesima certificazione del fornitore olandese e con la stessa qualità. Inoltre aziende private potrebbero introdurre sul mercato dei prodotti semilavorati e rendere meno difficoltosa la distribuzione, che a oggi avviene attraverso complesse e costose preparazioni galeniche di poche farmacie in Italia. «Abbiamo un inevaso altissimo. Ecco perché le regole di noi importatori devono essere cambiate, così come quelle della distribuzione», dice Pastorino. «Il tutto si traduce in una discontinuità terapeutica per il paziente». Insomma, le aziende e la scienza sono pronte a giocare la loro parte. Al ministro, l’ultima parola.
L’opinione pubblica spinge per la legalizzazione
In quest’ultimo anno VD è stato a numerose manifestazioni per la legalizzazione della cannabis nelle quali è emerso il problema dell’approvvigionamento e della produzione italiana, come a quella di Roma, questa estate nel video qui sotto.
Lo stesso è emerso a Milano, nel video qui sotto.
Il problema della coltivazione domestica, poi, ha portato alla sentenza su Walter De Benedetto che ha fatto molto parlare di sé. Ma la politica italiana continua a mordere il freno sull'argomento legalizzazione (nonostante un proibizionismo che ci costa 20 miliardi di euro l'anno). Proprio per questo motivo, Marco Cappato, l'anno scorso, iniziò uno sciopero della fame che, però non ha portato grandi risultati.
Come Cappato, molti altri importanti italiani hanno lottato per la legalizzazione, come Rita Levi Montalcini e, soprattutto, Marco Pannella, le cui parole riportiamo nel video qui sotto.
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