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Sono una ragazza e vi dico perché viaggio da sola

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Tutta colpa di Roald Dahl. Quando da bambina mi hanno regalato il suo In solitario non sapevo che sarebbe stato profetico. Anni dopo, infatti, avrei preso le mie cose per viaggiare alla volta dei paesaggi più diversi, dai laghi verdi dei Balcani alle pianure rosso fuoco del Nord Africa. In solitario, s’intende. Perché il mondo si può imparare a tastare anche così, senza compagni di viaggio, con il piglio dell’esploratore.

In solitario a Sarajevo

A battezzarmi come viaggiatrice in solitario all’età di vent’anni è stata Sarajevo, la Gerusalemme d’Europa. Non un battesimo facile, considerate le forti resistenze che ho incontrato da parte dei miei. Perché una ragazza che gironzola tutta sola per il mondo è destinata a essere vista come una donzella in pericolo o come una testa calda alla ricerca di guai. Soprattutto se come prima meta del suo girovagare in solitario sceglie proprio i Balcani. Ma, con grande dispiacere dei miei genitori, mi sentivo più Isabelle Eberhardt che la bella addormentata nel bosco. Contro tutto e tutti, sono partita, da sola, perché volevo gustarmi il mondo con gli occhi della viaggiatrice professionista. Se fossi stata accompagnata da qualcuno, avrei perso l’opportunità di riformulare la mia mente in funzione di un nuovo altro, che parlava una lingua diversa e credeva in un Dio diverso. E, invece, sono stata costretta a diventare come l’altro. A imparare le strade della città come se vivessi lì da sempre, a riconoscere i colpi di mortaio sui muri, a drizzare il naso per aria per riconoscere la bontà di una spezia al mercato. Un esercizio di umanità che si può imparare solo in solitudine, tanto che ho scelto di andarmene in solitario anche in Turchia e in Nord Africa. Così, a poche ore d’aereo da casa, ho scoperto di avere fame. Di libertà, soprattutto. Ma anche di esperienze che mi buttassero nel mondo con la stessa frenesia di una danza tribale.

Donne che viaggiano da sole

I lacci della nostra società vorrebbero far sentire le donne meno libere rispetto agli uomini. Viaggiare in solitario è un buon modo per rompere anche questo tabù. Tanto che sono in aumento i viaggi in solitario al femminile. Ma non si tratta di una moda: secondo la Global solo travel diffusa da British Airways, il 63% delle donne italiane tra i 18 e i 64 anni ha dichiarato di aver fatto un viaggio da sola nella propria vita. Secondo la ricerca Io viaggio da sola, le donne che viaggiano da sole hanno in media dai 26 ai 34 anni, sono laureate per il 73% dei casi e parlano almeno una lingua straniera. E negli anni sono nate anche associazioni ad hoc come Viaggio da sola perché. Segno che il trend dei viaggi in solitario al femminile è sempre più in crescita, nonostante i pregiudizi di chi crede che per una donna sia solo un modo per mettersi volontariamente in pericolo. Un atto femminista, insomma, contro chi ci vorrebbe principesse da salvare, dimenticandosi che siamo figlie delle grandi esploratrici del Novecento.

Perché viaggiare da soli

Walt Whitman scriveva: «Straniero, se passando m'incontri e desideri parlarmi, perché non dovresti parlarmi? E perché io non dovrei parlare a te?». È il primo comandamento del buon viaggiatore in solitario: non precludersi niente e conoscere il più possibile. Non importa se non si conosce la lingua di chi ci sta di fronte: sarà la curiosità reciproca la vostra lingua in comune. Si è costretti ad adattare la propria mente in funzione dell’altro, a lasciare che uno sconosciuto lasci appiccicato qualcosa di sé in noi, che sia un sorriso o uno sguardo cattivo. E lo si può fare solo in solitudine, quando siamo più consapevoli della nostra indipendenza.

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