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Tutti i vincitori degli Oscar. Del porno

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Lascerò ad altri e altre il pronostico su chi vincerà il 94esimo Premio Oscar come migliore attrice – previsione che forse mi compete più del Mefedrone – per raccontare, questa volta, l’assegnazione di altre statuette ad altri film: i 39esimi AVN Awards, i più importanti riconoscimenti dell’industria pornografica: tant’è che, come tutti i grandi riconoscimenti, vengono definiti appunto «gli Oscar del settore». L’acronimo AVN del nome sta per Adult Video News – rivista statunitense che sponsorizza il premio e che, scrive il New York Times, «sta al cinema hard come Billboard sta alla musica»: un singolo numero del magazine può arrivare a contenere anche 500 recensioni di film, per quanto l’80% delle pagine sia destinato a inserzioni pubblicitarie. David Foster Wallace diceva che i brani sono «più simili ad annunci promozionali che non a effettivi articoli», ma comunque il magazine riesce a rappresentare «una specie di varietà dell’industria pornografica americana».

Come nascono gli AVN Awards

Nell’ottobre 2007 il giornale lanciò anche una filiale paneuropea, in lingua inglese, il primo periodico del genere del nostro continente: AVN Europe, con sede editoriale e uffici a Budapest. Durata solo due anni, la rivista transoceanica è passata da testi d’approfondimento, anche storico, per esempio sui modelli di distribuzione dell’erotismo, a contenuti più leggeri come le foto delle fiere dedicate – per chiudere definitivamente i battenti nel giugno 2009.

Ogni anno, dal 1984, AVN presenta la cerimonia di assegnazione dei premi, che conta circa 3.500 partecipanti e 120 categorie – alcune comuni ad altre celebrazioni cinematografiche che conosciamo (migliori attore e attrice, regia, fotografia, montaggio, colonna sonora), altre decisamente più specifiche: miglior scena di sesso tra donne, miglior video bisessuale, scena di sesso anale, di squirting o miglior MILF.

I problemi degli AVN Awards

Nel 1997, mentre l’Academy doveva visionare 375 film circa per scegliere a chi dare l’Oscar, i giudici degli AVN Awards esaminarono oltre 4.000 nuovi titoli per ogni tipologia – cifra che raddoppiò nel 2008. Il creatore dello show, Paul Fishbein, descrisse il processo di selezione come «lungo e orribile», mentre sempre il New York Times scrisse che «i criteri precisi per vincere un AVN non sono, beh, espliciti»: i premi, spesso, vanno agli stessi inserzionisti di AVN. Fishbein è un personaggio interessante: nel 2010 ha deciso di vendere AVN Media Network e ha fondato Plausible Films, una società di produzione indipendente. Uno degli ultimi progetti di Plausible è il documentario "Skin: A history of nudity in the movies", che ripercorre l’utilizzo del nudo da parte di Hollywood dall’era del muto, attraverso i codici della MPAA, fino agli anni del #MeToo.

Sulla nebulosità delle vittorie è intervenuta anche la giornalista e scrittrice Violet Blue, che descrive gli Awards come «un grande evento in cui le stesse aziende e gli stessi nomi vincono anno dopo anno… Pensare agli “Oscar del porno” come a una vera rappresentazione del meglio del settore è come fare sesso con una bambola gonfiabile di Jenna Jameson e raccontare agli amici di aver fatto sesso con la pornostar».

L’edizione 2022 e i premi più ambiti

L’assegnazione dei premi di quest’anno, presentata da MyFreeCams e condotta da Mia Malkova e MightyEmelia, è stata trasmessa online lo scorso 22 gennaio su AVN Stars: «mentre la pandemia continua a sfidare il modo in cui tutti e tutte noi, nel settore per adulti e non solo, conduciamo normali attività» ha dichiarato Peter Warren, senior editor di AVN, «i talentuosi registi, artisti, cineasti nel nostro settore resiliente hanno dimostrato quanto enormemente pieni di risorse e fantasiosi possono essere nel creare intrattenimento». Motivo per cui sono state aggiunte altre categorie alle già numerose esistenti: il Mark Stone Awards per la migliore commedia, il premio a migliore performance ed esordiente trans e infine quello per la sceneggiatura.

Fra queste prime volte resiste granitico il mito di Angela White, annebbiato lo scorso anno dalla presenza in ascesa di Emily Willis (che pure ha ricevuto cinque premi), votata dal pubblico come pornostar favorita, star dei social media, per le tette spettacolari e vincitrice delle statuette per il miglior film di sesso anale, per la migliore doppia penetrazione, la migliore scena di gruppo e la migliore performance solista.

Il premio al miglior film è andato invece a "Casey: A true story" diretto da Joanna Angel e prodotto da Adult Time: tre ore e mezzo di storia vera – come da titolo – della pornostar Casey Kisses, dagli esordi come camgirl, che le hanno permesso di finanziare il percorso di transizione, fino all’abbandono della casa del padre con l’ingresso nell’industria mainstream. Il film ha vinto altri sei premi, tra cui quello al miglior attore non protagonista Tommy Pistol che, riconosciuto anche performer maschile dell’anno, è stato inserito nella AVN Hall of Fame: un’onorificenza che spetta a coloro che hanno contribuito alla nascita e alla crescita dell’industria dell’intrattenimento per adulti e che ne fanno parte da almeno dieci anni; dal 2006 la Hall of Fame include pure una categoria separata, quella dei Fondatori, e dal 2011 anche dei produttori e distributori di sex toys.

Non è un caso che il protagonista maschile di Casey sia Dante Colle: l’attore, oggi 27enne, prima di entrare nel business nove anni fa si definiva eterosessuale – poi, nel 2013, ha firmato un contratto quadriennale con la casa di produzione gay Corbin Fisher. Sebbene dal 2018 giri anche film etero, bisessuali e trans – e sebbene si definisca sessualmente fluido con tendenza alle donne – oggi è conosciuto soprattutto come attore omosex, e sul numero di gennaio di XBIZ World ha scritto che tutti gli interpreti dovrebbero essere disposti a ogni genere, e che il suo principio è ridurre lo stigma.

In realtà, sono già moltissimi gli attori che seguono questo consiglio, che ha un nome e si chiama gay-for-pay: da Ryan Driller – che dopo tre anni di film gay cambia pseudonimo e passa al porno etero – all’ungherese Kris Evans, dichiaratamente eterosessuale, che per tutta la carriera ha lavorato come attore gay nell’azienda slovacca BelAmi, rinunciando anche alla professione di poliziotto (che comunque lo pagava meno) – fino al caso eclatante di Johnny Rapid, oggi trentenne, sposato dal 2010 con Angie Lynn Blankenship, twink passivo sullo schermo e marito violento nella realtà, arrestato nel 2014 per aver picchiato la moglie che si era tirata fuori da un threesome con una minorenne.

I premi all’industria gay

Dal 1987, e fino al ’98, la cerimonia assegnava anche i premi ai video e ai film porno gay – ma poi, dato il sovraffollamento delle troppe categorie, si è deciso di farli convergere in una cerimonia a parte, i GayVN Awards – che, a differenza dei premi etero, hanno subito un arresto tra il 2011 e il 2018.

Vale la pena citare il film che detiene il record per il maggior numero di statuette: non tanto perché si chiama "La dolce vita" ed è una sorta di remake di una storia che ci riguarda, ma perché – con un budget di 250mila dollari e una serie di comparse celebri (tra cui Amanda Lepore e Savanna Samson) – è il film porno gay più costoso che sia mai stato realizzato; diretto nel 2007 da Michael Lucas per la Lucas Entertainment, ricevette ben 14 premi: pure ai migliori contenuti extra del DVD e alla migliore campagna marketing. Ai riconoscimenti assegnati dalla giuria di settore, tradizionalmente, si aggiungono quelli votati dai fan, che includono il miglior corpo, il miglior pene, il sedere, il daddy, il bear e la star dei social media, tra gli altri.

Il GayVN Awards per il miglior performer dell’anno, il 20 gennaio, è andato al 35enne Max Konnor, mentre il miglior film è stato "Fuck me I’m famous" di BelAmi & TLAGay. Cole Connor, vincitore come miglior esordiente, ha ricevuto il premio online con gli occhi pesti, perché aggredito, picchiato e derubato quattro giorni prima, a Hollywood: ha riportato una frattura oculare, danni ai nervi del naso e insensibilità sul lato sinistro della faccia.

E l’Italia?

Mentre nel 2021, all’alba dei 57 anni, il nostro Rocco Siffredi era riuscito a vincere due AVN Awards (come performer internazionale e per la migliore scena di sesso anale), quest’anno nessun italiano e nessuna italiana sono saliti sul palco di Las Vegas, con buona pace di Max Biondi; il proprietario della Napolsex Production, noto per le porno-parodie made in Italy, si è subito lamentato su Twitter e Facebook: «forse la risposta è perché invece di pensare a produrre e girare in Italia si è troppo impegnati a fare la succursale degli altri a Praga». Già lo scorso anno, intervistato da Sabrina Ice su Mondospettacolo, Biondi si era lamentato: «chi dice che il porno in Italia è morto è perché o si è arreso o perché usa questa scusante per non ammettere i suoi fallimenti».

Tralasciando le dichiarazioni, certo sarebbe impensabile, dalle nostre parti, immaginare che uno show del genere venisse trasmesso da una rete nazionale: e invece, negli USA, tanto quello etero quanto quello gay sono mandati in onda dal canale Showtime, in differita e con un montaggio di circa 90 minuti – con tanto di tappeto rosso, palcoscenico, platea a disposizione del pubblico pagante e ospiti musicali – Lil Wayne nel 2018, Cardi B nel 2019 e Doja Cat e Diplo nel 2020. (I rapper e il sesso, d’altronde, sono sempre andati d’accordo: Kanye West, tre anni fa, ha diretto la cerimonia di premiazione dei PornHub Awards).

Gli altri premi

Come i premi del cinema non si limitano ai soli Oscar, ma anzi spaziano fra sindacati e giornalisti inimmaginabili, quelli dell’industria hard non si limitano ai soli AVN Awards: all’opposto, sono moltissimi e vanno di pari passo con festival e fiere, massicciamente presenti in USA, Giappone e Germania. I secondi per rilevanza, assimilati ai Golden Globe quando ancora i Golden Globe erano importanti, sono assegnati dalla già citata rivista XBIZ: nati nel 2003 per riconoscere solo i risultati ottenuti dall’industria online, più di recente gli XBIZ Awards sono sfociati anche nel video, e premiano più di 150 categorie divise anche in questo caso tra cinematografiche “classiche” e programmi di affiliazione, fra generi come All-black, All-girl, BDSM, Amateur e a tematica asiatica, latina, femminista; sono premiati poi tutti i tipi di pleasure product, dai sex toys (ad alimentazione, vibranti, maschili e femminili, gay e etero) alla lingerie; dai lubrificanti alle campagne marketing e alle vignette.

L’editore e fondatore di XBIZ, Alec Helmy, dichiarò infatti il suo desiderio verso «un evento di premiazione che non solo comprenda tutte le sfaccettature del business, ma che lo presenti in una luce professionale e lo onori con classe»: la premiazione avviene in luoghi stellati come lo storico Avalon di Hollywood o il J.W. Marriot di Los Angeles.

Gli unici riconoscimenti del settore riservati esclusivamente ai membri dell’industria, infine, sono gli XRCO Awards: i cui membri non votano in tutte le categorie ma solo in quelle per cui si sentono qualificati – una lezione di autocritica che dovremmo imparare. Descritti come «una combinazione della festa della birra al liceo, del martedì grasso e di uno spettacolo in biancheria di Frederick’s of Hollywood», anche loro hanno una Hall of Fame – e, va da sé, un appellativo: la versione X-rated degli imprescindibili Oscar – che, a ogni modo, si svolgeranno il 27 marzo.

La regista che ha rivoluzionato il porno

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