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Come TikTok ha cambiato l'industria musicale
Il rapper Lil Nas X, ventenne di Atlanta venuto alla ribalta grazie alla fanpage di Nicki Minaj che gestiva su Twitter, ha lasciato una dichiarazione che racconta molto bene di come TikTok si sia insediato nel panorama musicale contemporaneo. «Ho promosso la canzone [Old Town Road, ndr] come se fosse un meme per mesi – ha ammesso il rapper - fino a che sono arrivato su TikTok e la cosa è diventata enorme. Forse dovrei essere io a pagare TikTok, hanno davvero aiutato il pezzo a crescere».
Sostanzialmente, Lil Nas X legittima l’esistenza di un intermediario virtuale tanto potente da decidere le sorti del suo stesso futuro. L’applicazione è un social su cui gli utenti condividono brevi video dance-karaoke, con basi musicali scelte all’interno di un ampio catalogo. Come ogni social, anche TikTok (che ha assorbito la precedente Musical.ly) ha il suo microcosmo di celebrità, che invece di chiamarsi influencer, si chiamano muser. Vien facile intuire che un pezzo ha successo non tanto per la canzone in sé, quanto per la performance di chi la usa per pubblicizzare (se stesso o la canzone, non si sa).
Lil Nas X legittima di fatto l’esistenza di un intermediario così potente da determinare la sua stessa vita
«Per registrarne uno ci metto anche tre ore: prima penso, poi lo faccio e lo rifaccio. Oggi sento più responsabilità: ora che ho tutti questi follower, sono motivata a perfezionarmi continuamente» sono le parole rilasciate a Vanity Fair da Virginia Montemaggi, diciannovenne da più di due milioni di followers. Come lei anche Giulia Mabe, da poco ospite nel salotto online di Montemagno.
Per come siamo stati abituati ad intendere la musica con la televisione, le dinamiche erano differenti. Una canzone diventava celebre all’interno di una pubblicità che aveva come protagonista un altro prodotto, non la canzone. Certo, il pezzo era determinante e aveva talvolta vita propria, ma ciò non gli toglieva l’etichetta di “la canzone della (marca a piacere)”.
Una canzone diventava celebre all’interno di una pubblicità che aveva come protagonista un altro prodotto
In questa circostanza, ora che c’è TikTok, tutte le parti in gioco convivono sullo stesso livello in completa autonomia. L’utente è attore protagonista, per questo incentivato a “far pubblicità” a se stesso, ma a sua volta fa pubblicità alla canzone, che senza nessun filtro critico – il fatto di essere orecchiabile come jingle pubblicitario è un filtro critico – fa fare i milioni all’artista.
TikTok, in tutto questo, come ci guadagna? Semplice, dagli utenti. Perché come ogni social, l’idea del “uno su mille ce la fa” viene camuffata da “tutti ce la possono fare”: per un muser che diventa tale, ce ne sono migliaia che ci provano e non ci riescono. E costoro pagano, per avere dei coins virtuali e far comparire il proprio nome durante il video del muser che preferiscono. Ecco, metà dei soldi spesi per avere questa sorta di ads, vanno al muser, metà restano a TikTok.
I muser trovano i loro veri guadagni al di fuori del contesto di TikTok
È evidente come questa applicazione, che di musica non se ne occupa se non in senso lato, ha comunque un potere incredibile nel panorama musicale. Due estati fa, ha spopolato sul web la KikiChallenge, il balletto sulle note del ritornello della canzone di Drake In my feeling. Un tormentone che ha fatto il giro del web, non solo di TikTok che lo ha reso celebre.
Non è per forza deprecabile questo nuovo sistema di diffusione, se non fosse che applicazioni simili trattano spesso con dati di minorenni e calpestano concetti basici come la privacy (5,7 milioni di dollari di multa già pagati).
TikTok traffica coi dati dei minorenni senza alcun controllo
Ma più di tutto, che non conta più la nota e quel minimo di qualità che ti garantiva un certo tipo di standard, quanto – ciò che fa davvero la differenza – è la ricerca ossessiva della viralità: lo stesso principio che ha accompagnato la nascita di TikTok, nata appositamente per stimolare ogni contenuto ad essere, anche solo per un istante, virale. Nel mondo dell’effimero, la qualità spesso non trova casa.