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Studiare senza scuola: cos’è l’homeschooling
La matematica? Si può imparare anche con una ricetta. Almeno secondo chi fa homeschool. In Italia, stando ai dati ufficiali del Miur relativi all’anno scolastico 2018-2019, sono 5.126 i ragazzi che praticano l'homeschooling, ovvero studiano a casa con i genitori o con l’aiuto di tutor. Un trend che con la crisi del coronavirus è in costante aumento, come conferma Laif, l’associazione Istruzione Famigliare. «Riceviamo centinaia di telefonate alla settimana, per non parlare di chi ci contatta via social», spiega il presidente Sergio Leali. Un incremento che secondo Erika Di Martino del network Edupar, dedicato all’educazione parentale, potrebbe essere pari al 70%. Complici una didattica a distanza disastrosa e la paura dei contagi a scuola. E intanto, anche in provincia di Rovigo, una quarantina di famiglie sta pensando di educare i figli a casa. Ma quali sono le differenti posizioni?
L’Homeschooling e i suoi sostenitori
Erika Di Martino è madre di cinque figli e guru del movimento degli homeschooler. «Seguo questo fenomeno da dieci anni. Attraverso il network Edupar mi occupo di offrire assistenza didattica e legale», ci dice. «I vantaggi sono molti, da quelli economici a quelli affettivi». Secondo Di Martino, è molto più costoso mandare i figli a scuola che tenerli a casa. «Basta pensare alla benzina, agli abiti, ai libri. Con l’homeschooling, ad esempio, si può ricorrere alle biblioteche, ai libri usati. E poi ci sono le attività extra, selezionate da noi. Non è neanche vero che i genitori non debbano lavorare, basta che ci si possa organizzare in turni. Noi, ad esempio, siamo in sette io e mio marito lavoriamo entrambi». E se proprio non è possibile organizzarsi, allora bisogna reinventarsi. «Homeschooling significa innanzitutto ripensare la propria vita. Il covid ha spinto molti genitori verso l’educazione parentale a causa della mancanza di continuità didattica, tanti insegnanti non tornano neanche in cattedra. C’è poi la paura dei possibili contagi, oltre al lato emotivo degli insegnanti che si ripercuote sugli studenti. Per tanti ragazzini l’ambiente scolastico non è quello ideale per apprendere: c’è troppo stress».
Il parere dei pedagogisti
Secondo il dottor Alessandro Prisciandaro, presidente di Apei, Associazione Pedagogisti ed Educatori Italiani, il rischio maggiore legato all’homeschooling è l'abbandono dell'istruzione in senso letterale, essendo pratiche non ancora riconosciute ufficialmente anche se previste dalla nostra Costituzione. «I pericoli sono tanti, primo fra tutti distanziamento sociale. Si rischia l'isolamento emotivo, con la conseguente perdita delle capacità empatiche. Essendo poi pratiche affidate ai genitori e, talvolta al caso, si rischia di tradurre in dottrina, pensieri del tutto personali e, diciamo la verità, non tutte le famiglie sono in grado di poter dedicare tempo necessario all'insegnamento. Non si ha tempo e nemmeno competenze adeguate». Il nodo principale resta però la socializzazione. «Le differenze sono sempre motivo di crescita perché il confronto aiuta a riflettere, valutare, dare valore all'altro. Ma per attuare un'integrazione tra ragazzi che provengono da ambiti formativi differenti, solo la cooperazione e collaborazione tra scuola, famiglia e figure specifiche può fornire un maggiore aiuto. Quindi, con l’educazione parentale, rischiamo di creare dei disadattati».
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