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Sharenting: il diritto di mettere mio figlio su internet

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È appena uscita su Instagram l’immagine del piccolo Leone, figlio di Chiara Ferragni e Fedez, che mostra l’immagine dell’ecografia appena fatta dalla madre. L’annuncio della gravidanza dei Ferragnez è uno dei numerosissimi esempi di minori apparsi sui social negli ultimi anni, spesso loro malgrado. Gli studiosi lo chiamano sharenting (sharing + parenting) e, a prescindere dal mondo degli influencer, in un certo modo costretti dalle circostanze a “vivere sui social” coi propri figli (oltre ai Ferragnez anche Clio Make Up, Pozzoli’s Family, Beatrice Valli e molti altri), il fenomeno è molto diffuso anche tra le persone comuni. Così tanto da essere divenuto oggetto di studio e sensibilizzazione in tutto il mondo.

Cos’è lo sharenting

Fu il Wall Street Journal a coniare il termine sharenting nell’articolo Share with care riferendosi a quei genitori che postavano un numero eccessivo di immagini dei propri figli, anche piccolissimi, sui social. Il fenomeno era strettamente collegato al crescente uso di internet dopo la straordinaria diffusione di smartphone e social network che aveva traghettato online i cosiddetti ‘immigrati digitali’, le vecchie generazioni che utilizzavano internet senza comprenderne i rischi. L’Università del Michigan commissionò un’indagine al National Poll of Children’s Health per capire l’impatto dello sharenting sulle famiglie: circa l’86% delle madri e il 70% dei padri condivideva sui social la propria vita famigliare, spesso in cerca di consigli, non solo di like. Lo stesso risultato nello studio di Keith-Steinberg, Parental Sharing on the Internet - Child Privacy in the Age of Social Media and the Pediatrician’s Role: il 96% delle madri e l’89% dei padri condivideva le foto dei propri figli sul web. Ma i rischi di questa pratica erano, e sono ancora, molti: furti di immagini da parte di pedofili, rischi di rapimento, cyberbullismo, molestie, stalking, senza contare l’impatto futuro ancora non quantificabile sulla vita del bambino ormai adulto. Ogni anno la maggior parte dei minori, negli USA, appare in almeno 195 scatti dei propri genitori, per un totale di 1000 nei primi cinque anni di vita. Per questo motivo è nato il Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) per tutelare la privacy dei minori. La Dott.ssa Claire McCarthy dell’Accademia Pediatrica Americana ha, inoltre, stilato cinque domande che ogni genitore dovrebbe porsi prima di pubblicare un’immagine dei propri figli.

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Il problema sono i genitori

Gianluigi Bonanomi, che si occupa in Italia di educazione digitale, gira da anni per la penisola cercando di sensibilizzare sullo sharenting (argomento del suo ultimo libro uscito a maggio). È intervenuto il 21 settembre all’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche: «Sento sempre più persone denunciare che i figli sono cyberbullizzati, adescati» (Il rapporto EU Kids Online 2020 ha dimostrato che il 22% dei minori è vittima di sexting involontario) «Andando a vedere mi rendo sempre più conto che il problema non sono i figli. Molto spesso il problema sono i genitori». Problema dato dalla ‘vetrinizzazione’ (fenomeno che riguarda anche la società tutta) della vita dei figli, ai limiti del narcisismo digitale. Una vetrinizzazione che è sempre rischiosa anche all’interno di circoli ristretti, non solo su facebook, spiega sempre Bonanomi: «Se io mando su whatsapp (che è crittografata) una foto imbarazzante di mio figlio o mia figlia, io ne ho perso comunque il controllo, perché non so cosa succede dall’altra parte». Lo sharenting non espone solo a rischi inutili i propri figli, ma può condizionare anche la loro identità futura, come emerge dal focus group dell’Università di Anversa Sharenting: Parental adoration or public humiliation? che ha, però, anche mostrato come la maggior parte degli adolescenti si fidi dei propri genitori quando questi rispettano certi limiti e chiedono il permesso per condividere le loro foto. In Francia la legge sulla privacy permette ai figli di denunciare i famigliari che fanno sharenting senza un esplicito consenso. Come molti fenomeni legati ai social network, lo sharenting è ancora un’incognita e, seppure molti studi siano stati realizzati, le sue ripercussioni a lungo termine sono ancora tutte da scoprire.

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