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riscaldamento globale

Sei consigli per salvarci dal riscaldamento globale

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Nonostante nell’ultimo anno si sia parlato sempre più frequentemente di riscaldamento globale, ancora stiamo facendo poco per per contrastarlo. Si sciopera il venerdì, d’estate ci lamentiamo del caldo e siamo preoccupati degli incendi che hanno carbonizzato Amazzonia e Siberia.

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L'Amazzonia brucia come la Siberia

Ma non basta, ce lo ricordano William Ripple dell’Università dell'Oregon, Thomas Newsome dell’Università di Sydney, William Moomaw dell’Università Tufts e tutti gli altri 11.258 scienziati firmatari del rapporto Avvertimento degli scienziati riguardo all’emergenza climatica. Non è solo Greta Thunberg, quindi, a dircelo ma un’intera comunità scientifica che descrive segnali «chiari e inequivocabili» nel rapporto pubblicato su Bioscience, dandoci sei passi per sfuggire al disastro.

L’appello per il riscaldamento globale

Sei punti per affrontare il riscaldamento globale prima che il danno diventi irreversibile:


  • Ridurre le emissioni
  • Proteggere gli ecosistemi
  • Mangiare con diete bilanciate
  • Passare a un’economia carbon-free
  • Controllare la crescita demografica
Il riscaldamento globale ha colpito in particolare le regioni artiche e antartiche
Il riscaldamento globale ha colpito in particolare le regioni artiche e antartiche

Per prima cosa, gli scienziati invitano all’abbandono immediato dei combustibili fossili. Per farlo serve, innanzitutto, un attacco frontale alle compagnie petrolifere, bloccando i sussidi per l’estrazione dei minerali fossili, ma ancor più tassando l’uso degli idrocarburi. Il passaggio alle energie rinnovabili colpirà anche le tasche dei petrolieri.

Dall’economia alle nostre abitudini alimentari

Poi, per contrastare una delle principali cause del cambiamento climatico, bisogna ridurre le emissioni di metano, polveri sottili, idrofluorocarburi e altri inquinanti climatici non persistenti. Questi sono responsabili del 50% di quello che siamo ormai abituati a chiamare global warming. Terzo punto, invece, riguarda la natura: sarebbe da sciocchi pensare di fermare il riscaldamento globale senza proteggere ciò che la terra ci ha donato. Foreste, praterie, mangrovie, zone umide, sono ecosistemi che vanno preservati e, laddove possibile, ripristinati.

La lobby petrocarbonifera guadagna 30-40 dollari su ognuno degli 85 milioni di barili estratti al giorno
La lobby petrocarbonifera guadagna 30-40 dollari su ognuno degli 85 milioni di barili estratti al giorno

Dalle terre selvagge, si passa a quelle coltivate e, da qui, direttamente alla nostra tavola. Lo stretto rapporto che c’è tra climate change e la nostra dieta è ormai conclamato, così è inevitabile che il vero cambiamento a cui dobbiamo prepararci tocchi anche le nostre abitudini alimentari. Cambiare la produzione dei nostri alimenti, sia vegetali sia animali, ridurrebbe sensibilmente l’emissione di gas serra (l’allevamento, per intenderci, pesa sull’ambiente quanto tutti i mezzi di trasporto che conosciamo).

L’aumento demografico e il global warming

Così, dalla tavola si passa alle tasche, perché sarebbe sciocco pensare che il riscaldamento globale non incida anche sull’economia. Come spiega Valentina Bosetti dell’Università Bocconi di Milano, aumenteranno i fallimenti delle banche ed il debito pubblico dei paesi, di pari passo con l’innalzamento delle temperature: bisogna pertanto cambiare gli obiettivi di un’economia improntata, prettamente, sull’aumento del prodotto interno lordo, così da lasciare il passo invece ad un sistema economico che punti sulla preservazione degli ecosistemi (come può fare, ad esempio, l’economia circolare).

Il global warming sta sciogliendo i ghiacciai della Groenlandia
Il global warming sta sciogliendo i ghiacciai della Groenlandia

Infine, il tema dell’aumento demografico. Ogni giorno siamo 200 mila in più, ed è difficile cambiare, perché avere figli è una spinta naturale e anche un assioma del sistema socio-economico per come lo conosciamo ora. Ormai gli appelli degli scienziati sul riscaldamento globale sono sempre più frequenti, dal primo del 1992, dopo la conferenza di Rio lanciato su Bioscience con 1700 firmatari (tra cui tanti premi Nobel), al secondo, del 2017, con 15 mila. Ora, dopo appena due anni, un terzo: speriamo di non dover aspettare un altro quarto di secolo.

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