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OK Boomer, Io sono Giorgia e il conflitto generazionale

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Il conflitto generazionale, ormai, passa attraverso i meme: Io sono Giorgia e Ok boomer sono l’ultimo atto d’accusa dei millennials e della generazione Y e Z ai genitori. Il 19 ottobre scorso Giorgia Meloni, dal palco di piazza S.Giovanni a Roma, durante la manifestazione contro il governo, ha pronunciato un discorso che è diventato virale. Per settimane siamo stati bombardati da video in cui la dichiarazione della Meloni veniva ballata, in versione remix, da chiunque.

Il caso Io sono Giorgia

Giorgia Meloni ha ringraziato tutti per averla resa una hit, sfruttando consapevolmente la cosa a suo vantaggio. Dopotutto, chi di meme ferisce di meme perisce: la stessa Meloni, per le elezioni del 26 maggio, aveva cavalcato il trend topic del momento, l’ultima stagione di Game of Thrones, con manifesti elettorali che richiamavano l’iconica serie tv. Ma non è la sola ad aver ricevuto da poco un boomerang social in piena regola: Mario Giordano, nel corso della trasmissione Fuori dal coro, è diventato virale sfasciando con una mazza da baseball tricolore delle zucche finte. La sua scenata ha ispirato un videogioco in cui puoi spaccare tutte le zucche che vuoi, tanto alla fine verrai comunque sommerso.

Io sono Giorgia è nato da un comizio
Io sono Giorgia è nato da un comizio

La rivendicazione identitaria pronunciata orgogliosamente da Giorgia Meloni ha contribuito a renderla un’involontaria icona LGBT, come osservato dal sito Non è Grindr. Per quanto la leader politica tenti di volgere la gaffe a suo vantaggio, diventare una hit ballata nelle discoteche gay è uno smacco che brucia. “Io sono Giorgia” contribuisce a sgonfiare senza banalizzarla la riflessione sui contenuti del suo discorso, cancellando con uno sberleffo la paura di una deriva sempre più reazionaria. Almeno fino alla prossima manifestazione e al prossimo meme.

E Ok Boomer?

Non è solo la parte politica più a destra a subire e cavalcare i meme: anche a sinistra stanno imparando a usarli. Lo dimostra Chlöe Swabrick, 25enne membro dei Verdi al Parlamento inglese. Il suo discorso sui cambiamenti climatici e sulle responsabilità della generazione del boom economico resterà nella storia per la frase “Ok boomer”, diretta a zittire un collega più anziano

Chlöe Swabrick mentre risponde Ok Boomer
Chlöe Swabrick mentre risponde Ok Boomer

La frangia più arrabbiata dell’ambientalismo ha trovato finalmente il suo slogan? La frase è diventata talmente virale da essere utilizzata spesso fuori dal contesto di sano conflitto generazionale, per ridicolizzare comportamenti e luoghi comuni attribuiti ai cosiddetti boomers. D’altro canto i nomignoli dati dai boomers ai millennials non si contano: il più famoso di tutti è “bamboccioni”.

I millennials sono bamboccioni?

Coniato ormai dieci anni fa dall’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa e sprezzantemente riciclato da più parti politiche, aveva lo scopo di identificare i giovani che vivono ancora con i genitori. Principali beneficiari, nelle intenzioni dell’allora governo, della manovra economica che li avrebbe buttati finalmente fuori di casa. Dieci anni dopo, i “bamboccioni” vedono il pianeta collassare sotto gli effetti del riscaldamento globale, i loro genitori impoverirsi e i loro coetanei emigrare all’estero.

Le riflessioni sul potere dei media di Gilles Deleuze

“Ok boomer” è lo slogan che unisce una generazione che, al contrario delle precedenti, non aveva un mezzo potente come il web per unirsi. È soprattutto un’accusa mossa con rabbia a un sistema economico e culturale che li vuole poveri e impotenti: ma sul terreno del web i millennials sono padroni assoluti e i leader di domani. È lì che si gioca la guerra di potere intergenerazionale a cui stiamo assistendo: e se qualche “boomers” dovesse offendersi, si ricordi che chi di meme ferisce, di meme perisce.

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