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disturbi mentali

Le nuove generazioni hanno deciso di affrontare l’ansia

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Non bisogna per forza stare bene: le nuove generazioni hanno dimostrato di saper affrontare l’ansia, anche a costo di fare un passo indietro. Ma non chiamateli “fiocchi di neve”. Come ha detto Luna a VD, «In certi momenti è necessario prendersi una pausa. Anche se può far male vedere i propri coetanei che vanno avanti». Insomma, per Millennial e Gen Z la salute mentale è una priorità. E hanno imparato a fermarsi per respirare. Una boccata d’aria fuori dal fango, che costa la fatica della consapevolezza.

L’ansia e le nuove generazioni

Svegliarsi la mattina con il terrore di avere un attacco di panico, con l’ansia che scivola nella depressione e il mondo che si fa più ostile e lontano, fino ad affogare nell’immobilismo. «Ho 22 anni e soffro di depressione da quando ne avevo 13», racconta Luna a VD. «Negavo il più possibile quello che mi stava accadendo perché credevo di non poter chiedere aiuto a nessuno e di dover cercare di risolvere tutto da sola». Poi, alla fine, si è rivolta a dei professionisti. Ma ha dovuto fermarsi. «Ho cominciato ad avere attacchi di panico. Abbandonare la scuola è stata la scelta più difficile che abbia mai preso, essendo io una perfezionista. Non credevo di poter andare avanti e quindi mi sono dovuta fermare. È stato difficile accettare di rimanere indietro».

Un passo indietro lo ha fatto anche Marta. «Ansia e depressione hanno avuto ripercussioni sia sulla mia capacità di concentrazione che su quella di essere presente sul posto di lavoro», spiega. «Ho dovuto anche prendere la malattia quando la mia ansia e la mia depressione si sono aggravate. Ho cercato di resistere, ma alla fine ho preso la decisione di terminare il rapporto di lavoro: c’era astio nei miei confronti, non venivo creduta». «Le dichiarazioni di Simone Biles mi hanno toccato particolarmente perché le ho sentite molto vicine alla mia situazione personale», ci ha detto Marco. «Ho 28 anni e dopo cinque anni di promettente carriera all’estero mi sono scoperto insofferente al mio lavoro e alle ore passate davanti al computer per pagare l’affitto, l’auto e comprare le cianfrusaglie che la società ci convince di aver bisogno per riempire le briciole di tempo rimanente». E così ha rassegnato le dimissioni. «A settembre partirò con lo zaino in spalla per un viaggio intorno al mondo e tornerò solo quando sentirò che sarà la scelta giusta per me e la mia felicità».

Per alcuni, l’ansia è una compagna di viaggio indesiderata che ha fatto la sua comparsa nei primi anni di vita. Franca racconta che andava ancora alle elementari quando i suoi decisero di sottoporla a una serie di esami al cuore. «Avevo sempre tachicardia. All’epoca nessuno pensò all’ansia. Poi, verso la fine del liceo, mia madre si è accorta di qualcosa. Ma io non riuscivo ad accettare il fatto che avrei dovuto iniziare una psicoterapia, che avrei dovuto assumere anche degli psicofarmaci». Per due mesi non è più uscita di casa. «Sono rimasta sola con me stessa e ho pensato tanto. Alla fine ho imparato a convivere con questo problema, che è diventata una parte di me e che sono riuscita ad accettare». Voci da una generazione che non accetta di farsi martire.

Le preoccupazioni di Millennial e Gen Z

Ambiente, lavoro e salute sono i temi al centro dell’attenzione dei ragazzi e delle ragazze italiani. Non solo. Secondo la ricerca “Millennial and Gen Z Survey 2021” di Deloitte, azienda di servizi di consulenza e revisione, che ha condotto un sondaggio su circa 23mila intervistati in 45 paesi, in Italia le nuove generazioni sono più stressate e in ansia per la pandemia rispetto ai loro coetanei. A causa dell’emergenza sanitaria, hanno infatti subito un forte stress, con il 46% dei Millennial italiani, contro il 41% della media globale, e il 49% dei Gen Z italiani, rispetto al 46% della media globale, che si sono sentiti o si sentono stressati. Le nuove generazioni chiedono, quindi, un rafforzamento delle politiche aziendali su temi quali la diversità e l’inclusione, un maggiore sostegno al lavoro femminile e la tutela della salute mentale. Soprattutto perché stress e ansia sono per Millennial e Gen Z una costante sul posto di lavoro.

E il lavoro si classifica come la preoccupazione principale, che influisce negativamente sulla psiche. I ragazzi e le ragazze italiane, infatti, sono più preoccupati dei loro coetanei di altri Paesi per il “posto”, con il 39% dei Millennial italiani che teme la disoccupazione. Un dato più alto di quello globale, che si attesta al 27%. Anche per la Gen Z è un tema importante: costituisce una preoccupazione per il 35% degli italiani contro una media globale del 25%. C’è poi la questione legata alla crisi climatica, che preoccupa soprattutto i nati fra il 1995 e il 2003: per loro resta la priorità numero uno, oltre a essere motivo di ansia. Ma Millennial e Gen Z sanno affrontare i propri demoni. Lo dimostra il ritrovato attivismo, unito alla capacità di saper dare la priorità alla salute mentale. Che possano essere la chiave del cambiamento?

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