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razzismo

Perché attacchiamo Montanelli e difendiamo Pasolini?

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Pasolini come Montanelli: l’Italia ha i suoi santi e ai suoi santi dedica statue e scuole. Santi a cui non si possono accostare “ma” o “però”, pena l’essere accusati di eresia. Non siamo mai stati bravi a fare i conti con la nostra coscienza, tra dogmi e spallucce. E così, mentre la statua di Montanelli viene imbrattata con la scritta “razzista stupratore”, l’opinione pubblica glissa sulle vicende di pedofilia che hanno coinvolto Pasolini. Un passato rinnegato a metà: insomma, contro le violenze di ieri, ma solo a targhe alterne.

Il Pasolini pedofilo e quella storia sbagliata

È il 29 agosto del 1949. Pasolini non ha ancora trent’anni. Si trova alla sagra di Santa Sabina, a Ramuscello, in Friuli, dove incontra quattro giovani ragazzi del luogo, due quindicenni e due sedicenni: comincia a parlare con loro e gli offre da mangiare dei dolci. Poi i cinque si appartano in un campo lì vicino, con la scusa di raccogliere dell’uva. Pasolini comincia a baciare uno dei quattro e dopo si fa masturbare mentre gli altri guardano. Poi paga 10 lire al ragazzo. I giovani litigano e la voce arriva ai carabinieri: Pasolini viene accusato di atti osceni in luogo pubblico e corruzione di minore. I familiari dello scrittore intervengono e l'avvocato Bruno Brusin offre 100.000 lire a testa alle famiglie dei ragazzini per convincerle a non sporgere denuncia. Pasolini e i due sedicenni sono condannati per atti osceni a tre mesi di reclusione, che però non sconteranno mai per effetto dell’indulto (l'appello si concluse con l'assoluzione, perché "era troppo buio", ndr). In seguito allo scandalo, Pasolini viene espulso dal PCI e sospeso dall’insegnamento. In un’intervista al Sole 24 ore, Alberto Arbasino racconterà che «verso le undici di sera mentre si era ancora lì a tavola c’era Pasolini che cominciava ad agitarsi un po’».  «La Elsina (Elsa Morante ndr.) gli diceva “Vai, vai pure Pier Paolo perché sennò (i ragazzini ndr) non aspettano”… siccome la pedofilia allora non esisteva come concetto oltre che come termine, e allora non ci si pensava alla maggiore o minore età dei ragazzini… il fatto era che siccome i ragazzini non avevano né moto né biciclette né niente, stavano lì sotto casa e Pier Paolo arrivava lì sotto le case loro». Una storia sbagliata, con cui ancora non abbiamo fatto i conti. Perché? La ragione sta nel fatto che non riusciamo a leggere il nostro passato con occhi critici, figli di una cultura che facilmente lo glorifica piuttosto che esaminarlo. Per ingenuità, ma soprattutto per pigrizia.

Oltre il genio

Montanelliani e pasoliniani si nascondono dietro il diritto e dovere di distinguere l’uomo dall’intellettuale. Ma non è un’operazione facile come separare l’acqua dall’olio. A differenza di un Cristoforo Colombo, Pasolini e Montanelli, con la loro sensibilità e gli strumenti forniti dall’epoca in cui sono vissuti, erano perfettamente consapevoli delle azioni che stavano commettendo, tanto che non le hanno mai rinnegate. Ma mentre il giornalista di Fucecchio è stato messo sotto accusa per il suo razzismo, le polemiche su Pasolini sono passate, negli ultimi anni, in sordina, forse perché vittima oltre che carnefice. Una dimensione che per alcuni è sufficiente a redimerlo. «Pasolini non imponeva mai la sua sessualità, al contrario voleva essere punito e maltrattato. Chi legge Petrolio sa che il suo era un atteggiamento di ricezione e quindi non di imposizione», diceva nel 2017 la scrittrice Dacia Maraini, rispecchiando quell’atteggiamento assolutorio che caratterizza il dibattito su Pasolini da parte di una certa porzione dell’opinione pubblica. Discriminato per la sua omosessualità, perseguitato, emarginato e assassinato: etichette che per molti lo rendono più umano rispetto a un Montanelli che, con un sorriso freddo e compiaciuto, definisce la sua sposa bambina un “animaletto docile". Eppure affiancare Pasolini a Montanelli non è benaltrismo, ma un doveroso benoltrismo. Il gioco a chi è più “duro e puro” è sempre pericoloso e ci priva di un dibattito costruttivo sul passato.

Indro Montanelli ed Elvira Banotti sull'esperienza coloniale

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