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I migliori fotografi ucraini che stanno raccontando la guerra - Terza parte

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Le immagini della guerra in Ucraina ci arrivano da qualsiasi canale – media televisivi, online, cartacei, oppure gli stessi social network. I reporter che sono arrivati sul campo, o ai confini, per raccontare al mondo tutto questo, sono cresciuti in maniera esponenziale, ma è prezioso avere il punto di vista di chi città come Kyiv, Odessa e tutte le altre le ha conosciute bene anche prima di questa offensiva russa. Abbiamo raccolto alcuni tra i migliori fotografi ucraini che in questo momento si trovano nel loro Paese d’origine e stanno documentando quello che accade. Qui trovate la prima parte e la seconda parte.

Igor Chekachkov

Igor Chakachkov ha cominciato la sua carriera come reporter nel 2008, seguendo eventi culturali e sportivi, avvicinandosi alla fotografia d’arte. La sua ricerca si concentra su spazi intimi e pubblici. Il suo lavoro è stato pubblicato su Forbes, National Geographic, The Guardian, Le Monde e altri. Fa parte del gruppo UPHA (Ukrainian Photographic Alternative) e di UAPF (Ukrainian Association of Professional Photographers), Società nazionale degli artisti fotografici dell'Ucraina.

Qual è la foto che hai scattato finora che più rappresenta la percezione che hai di questa guerra?

Questa è una foto scattata alla stazione dei treni di Lviv. Donne e bambini stanno cercando di andare in Polonia, ma non c’è una programmazione e le persone restano ad aspettare i treni per ore al freddo.

In che parte dell’Ucraina ti trovi e stai lavorando ora? Pensi di spostarti?

Quando la guerra è scoppiata, mi sono spostato da Kharkiv aLviv, dove mi trovo attualmente. È difficile fare piani di qualsiasi tipo perché ogni giorno riserva novità e non ho idea di che cosa succeda. Ma per ora vorrei restare qui e lavorare in più possibile.

Su quale storie ti stai concentrando?

Sulle persone rimaste senza casa. Un sacco di miei amici, come me, le hanno dovute lasciare. Questo argomento è per me importante perché è anche parte della mia esperienza, e la fotografia mi aiuta a comprenderla da diverse prospettive.

Hai mai documentato prima un conflitto? Qual è l’aspetto che ti spaventa maggiormente?

Non mi sono mai considerato un fotografo di conflitti e mi stavo spostando dalla fotografia documentaria sempre più lontano, concentrandomi maggiormente su quella concettuale.Una quantità enorme di persone muore e soffre e questo è terrificante.

È più facile o più complesso documentare la guerra nel proprio Paese?

È difficile per me lavorare perché mi preoccupo per la mia famiglia e i miei amici, e oltre alla fotografia sto aiutando gli sfollati, o chi è rimasto a Kharkiv, ad evacuare. Sento che questa tragedia è così vicina che è difficile concentrarsi sul lavoro. D'altra parte penso che questo sia il modo in cui deve essere raccontato, attraverso le persone che vi si immergono completamente.

Foto di Igor Chekachkov
Foto di Igor Chekachkov

Puoi seguire Igor Chekachkov qui.

Katya Moskalyuk

Katya Moskalyuk è una giornalista e fotografa documentarista di Lviv. Dal 2018 lavora come fotogiornalista per “Local History”. Ora sta lavorando a Lviv, per documentare la crisi umanitaria conseguente alla guerra.

Qual è la foto che hai scattato finora che più rappresenta la percezione che hai di questa guerra?

Una delle foto che preferisco scattate fino a oggi è quella del battesimo della figlia di un soldato che sta andando in guerra. Appena un mese fa Roman e Irina hanno avuto Solomiya. Al matrimonio dei suoi genitori dormiva tranquilla nella sua culla, e subito dopo è stata battezzata. Tra i presenti, amici, parenti, padrini, un collega e amico di Roman, Yaroslav, un prete, dei giornalisti. Dopo la cerimonia Roman e Irina vengono abbracciati da tutti i presenti: è stato molto toccante. Queste fotografie mi danno la speranza che la vita potrà continuare nonostante l’aggressione russa.

In che parte dell’Ucraina ti trovi e stai lavorando ora? Pensi di spostarti?

Sto lavorando a Lviv, una città grande e bellissima. Sono nata qui, ci ho passato l’infanzia, mi sono sposata e ho avuto una figlia. Amo molto la mia città. I miei genitori e amici vivono qui. Per ora non ci sono azioni militari e c’è una certa calma. Non penso per ora di muovermi, non riesco a immaginare la vita in un altro posto.

Su quale storie ti stai concentrando?

Sto scrivendo storie che riguardano temi sociali. Sto comunicando con persone che sono state costrette a lasciare la loro città a causa della guerra – Kharkiv, Kyiv, Sumy, Zaporizhia. Realizzo foto dei volontari, di come stanno aiutando gli sfollati alla stazione di Lviv, di come preparano delle reti camouflage e i pasti per gli altri volontari. Fotografo orfani e bambini con disabilità mentali che sono stati evacuati dalle regioni a Est dell’ucraina. Non avrei mai pensato di documentare gli effetti della guerra nella mia città.

Hai mai documentato prima un conflitto? Qual è l’aspetto che ti spaventa maggiormente?

No, mai. Ho realizzato diverse interviste a fotografi e giornalisti che hanno lavorato in zone di guerra. Per me è stato interessante ascoltare le loro storie, ma non sono sicura di volermi trovare in situazioni simili. La cosa che mi spaventa di più è l’idea che questa guerra possa durare molto e che mia figlia possa crescerci dentro.

È più facile o più complesso documentare la guerra nel proprio Paese?

I giornalisti ucraini che ora lavorano qui sono molto immersi nel contesto e possono percepire le sfumature e i dettagli della situazione. Tuttavia, a volte è davvero difficile mettere da parte le emozioni. Certo, non significa violare gli standard del giornalismo. Di recente mi è capitato di non riuscire a trattenere le lacrime: una lunga fila di persone occupa a piazza. Animali terrorizzati fanno capolino dalle borse e dai trasportini, i bambini si stringono ai loro giocattoli preferiti e una signora anziana chiede una penna e un pezzo di carta per ricopiare il numero di telefono di sua figlia da un telefono quasi scarico.

All’improvviso un piano comincia a suonare Imagine di John Lennon. Olya insegna ai bambini ucraino e letteratura, la musica è una delle sue passioni e con alcuni amici ha deciso di darsi il cambio in stazione per supportare e distrarre almeno un po’ le persone presenti. I bambini piccoli spesso si raccolgono intorno allo strumento e i genitori o i parenti chiedono di suonare le loro canzoni preferite. È strano sentire la canzone di Lennon, che parla di pace, in mezzo a tutto questo.

Il battesimo della piccola Solomiya - foto di Katya Moskalyuk
Il battesimo della piccola Solomiya - foto di Katya Moskalyuk
Rifugiati da Kyiv - foto di Katya Moskalyuk
Rifugiati da Kyiv - foto di Katya Moskalyuk

Puoi seguire Katya Moskalyuk qui.

Volodymyr Petrov

Volodymyr Petrov è un fotografo con base a Kyiv. Nella foto che ha scelto per noi, vediamo un bambino su un'altalena di fronte a un edificio residenziale distrutto, dopo che la Russia ha lanciato l’operazione militare contro l'Ucraina, a Kyiv, il 25 febbraio 2022.

In che parte dell’Ucraina ti trovi in questo momento? Hai intenzione di spostarti?

Mentre scrivo questo sono seduto sul mio letto nel centro di Kiev, con il covid, mentre l’ennesima sirena che avvisa di un possibile attentato in corso proprio ora. Il fatto è che nonostante migliaia di miei fratelli e sorelle in tutta l'Ucraina vengano uccisi dai russi, comincio ad abituarmi al dolore, allo stress e al senso di pericolo costanti, come ogni ucraino in cantina, rifugio, metropolitana o a casa. Non abbiamo mai voluto la guerra, ma lotteremo per la nostra libertà perché questa è la nostra patria. Non ho intenzione di evacuare, sono disposto a rimanere il più possibile a Kyiv, la mia città natale, per documentare la vita durante la guerra e i crimini di guerra russi.

Hai già documentato conflitti in precedenza?

Ho documentato questa guerra dal 2015 lavorando come fotoreporter per il Kyiv Post e ora, lavorando come freelance, voglio mostrare come la vita quotidiana sia cambiata gravemente per ogni ucraino poiché comprendo profondamente l'importanza di questo per la storia e le generazioni a venire.

Qual è l’aspetto che ti spaventa maggiormente?

In queste circostanze, temo di più per la mia famiglia e i miei amici. Fortunatamente la mia famiglia è stata evacuata all'estero e fa parte degli oltre 3 milioni di rifugiati ucraini fuggiti dall'Ucraina negli ultimi 20 giorni. Ma ho ancora molti amici che sono a Kyiv che lavorano per diffondere la verità su questa guerra o per aiutare le forze armate ucraine in ogni modo possibile.

È più facile o più complesso documentare la guerra nel proprio Paese?

È sia più facile che più difficile assistere alla guerra nella propria città. Ogni angolo è familiare ma è cambiato radicalmente dall'inizio di questo nuovo attacco russo su vasta scala. Ogni ricordo che si ha di un luogo è cambiato. Una piazza tranquilla ora ha blocchi anticarro, sacchi di sabbia e nessuna persona in giro oltre ai militari. Il coprifuoco e le tende chiuse dietro le finestre con il nastro adesivo sono una nuova realtà invece di parchi allegri, caffè graziosi e affollati e ristoranti. Secondo un noto detto in guerra non ci sono atei. Gli ucraini scherzano sul fatto che se gli venisse chiesto in questo momento in quale dio credono ora, molto probabilmente la risposta sarebbe "Forze armate ucraine".

Foto di Volodymyr Petrov
Foto di Volodymyr Petrov

Puoi seguire Volodymyr Petrov qui.

​Mstyslav Chernov

​Mstyslav Chernov è un fotogiornalista di Associated Press, oltre che scrittore, vincitore della Royal Television Society e del premio Ukrainian Photographer of the Year. Nato nell’est del Paese, ha trascorso gli ultimi anni raccontando il territorio. Nella foto Serhii, padre di un ragazzo adolescente, piange sul corpo senza vita di suo figlio, steso su una barella nell’ospedale di Mariupol, in Ucraina, lo scorso 2 febbraio.

In che parte dell’Ucraina ti trovi in questo momento? Hai intenzione di spostarti?

Attualmente sto coprendo Mariupol, ora completamente sotto assedio. Spero di riuscire a sfondare il corridoio verde con migliaia di civili che tentano di fuggire dalla città, che ora è senza cibo, elettricità, acqua e viene costantemente bombardata.

Hai già documentato conflitti in precedenza?

Donbas, Syria, Iraq, Libya, Gaza, Nagorno Karabakh.

Qual è l’aspetto che ti spaventa maggiormente?

La morte. L’unica cosa davvero spaventosa della guerra è la morte.

È più facile o più complesso documentare la guerra nel proprio Paese?

Molto più difficile. Restare oggettivi è una sfida. E, se devo essere sincero, con una guerra di così larga scala, che sta coinvolgendo tutte le persone a cui vuoi bene e a cui tieni, è davvero difficile non impazzire.

Foto di ​Mstyslav Chernov
Foto di ​Mstyslav Chernov

Puoi seguire ​Mstyslav Chernov qui.

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