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Il Mediterraneo sarà soffocato dalla plastica in 20 anni
Il Mediterraneo è diventato la discarica galleggiante d’Europa e Nord Africa, con circa 229mila tonnellate di rifiuti di plastica scaricati ogni anno, l’equivalente di 500 container al giorno. Questo quanto emerge dal rapporto The Mediterranean: Mare plasticum dell’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN). Senza un intervento significativo, però, la cifra rilevata dallo studio è destinata a raddoppiare entro il 2040. A meno che non si impari in fretta la lezione.
Un mare di plastica
Lo studio realizzato da Julien Boucher e Guillame Billard prende in considerazione 33 Paesi che si affacciano sul bacino mediterraneo. A essere tra i paesi peggiori in quanto a livelli di dispersione plastica c’è anche l’Italia, che conta 34mila tonnellate l’anno, seconda solo all’Egitto che ne produce 74mila e davanti alla Turchia che ne riversa 24mila. La causa? Grosse quantità di rifiuti mal gestiti, densità delle popolazioni costiere e attività turistica, oltre che l’attività mercantile. La dispersione è composta al 94% da macroplastiche e dal 6% da microplastiche, che si mescolano con l’acqua sotto forma di piccole particelle. Che, con l’attività di pesca finiscono poi nei nostri piatti o minacciano i grandi mammiferi marini. Per le microplastiche primarie, il rilascio di plastica nel Mediterraneo è pari a 13mila tonnellate l’anno, e sono costituite al 53% da polvere di pneumatico, tessuti (33%), microsfere nei cosmetici (12%) e pellet (2%). Non solo. La conformazione del Mediterraneo, più simile a un lago che a un mare aperto, con le sue correnti interne, fa sì che la maggior parte dei rifiuti torni sulle spiagge. Ma a spaventare è anche la quantità di plastica totale accumulata nel Mediterraneo, che si aggira nell’ordine di 2 milioni di tonnellate. Una cifra frutto di anni di inerzia di fronte all’accumularsi di rifiuti nel nostro mare.
La situazione nel nostro Paese
Secondo il progetto Medsea Litter di Ispra, più del 70% dei rifiuti marini è depositata nei nostri fondali e il 75% è plastica. E le discariche in mare aperto non sono un’eccezione. Sono 786 per un totale di 0,7 tonnellate su chilometro quadrato sui fondali sabbiosi in Sicilia e 403 in Sardegna, con picchi sui fondali rocciosi, dai 20 ai 500 metri di profondità: nel mar ligure sono 1500, 1200 nel golfo di Napoli e 900 lungo le coste siciliane. Nei mari Adriatico e Ionio, le aree più inquinate sono invece quelle a sud del delta del Po (983 rifiuti per chilometro quadrato). La media Adriatico-Ionica complessiva supera i 300 rifiuti per chilometro quadrato, di cui l’86% è costituito da plastica proveniente per la maggior parte da oggetti monouso. Rifiuti provenienti dalla terraferma e trasportati in mare dalle correnti dei fiumi. Corsi e ricorsi ambientali, insomma.
Mare plasticum
I nostri antenati lo chiamavano Mare Nostrum, esprimendo così tutto l’attaccamento a quel fazzoletto di acqua che dalla Turchia va alla Spagna. I nostri figli, invece, lo chiameranno Mare Plasticum, esternando invece tutta la rabbia verso una generazione che non ha voluto avere cura dei propri fondali. Ma, anche se il tempo non è dalla nostra, c’è sempre la possibilità di invertire la rotta. L’educazione improntata al riuso, la mano forzata sulla responsabilità dei produttori e la creazione di una rete circolare possono davvero fare la differenza. Sono queste le uniche armi per agire sul futuro a fronte di un passato ancora troppo presente nelle nostre pratiche quotidiane.
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