disturbi mentali
La malattia mentale ai tempi del coronavirus
L'attuale pandemia di coronavirus ha ridisegnato drasticamente la nostra quotidianità, spingendoci a rielaborare priorità, relazioni e abitudini. Misure necessarie, ma che spesso rappresentano terreno fertile per i disagi psichici. Molte persone fragili si sono trovate costrette ad affrontare le conseguenze di patologie mentali dentro le quattro mura domestiche, in alcuni casi anche da soli. È intervenuto sull’argomento il dottor Sandro Rosseti, medico psichiatra, che ci ha illustrato la situazione attuale.
Malattia mentale e quarantena
«Un disagio psichico, senza entrare nella specifica gravità e caratteristica di ognuno, presuppone un qualche grado di problema emotivo e di relazione rispetto ai quali esistono una consapevolezza variabile e un relativo modo, anch’essi più o meno consapevole, di adattarsi, convivere, evitare, superare quel problema».
L'isolamento, a volte “affollato”, con una intimità emotiva spesso obbligata, o, all’opposto, l’isolamento di per sé, possono contrastare con il carattere del singolo, inteso come adattamento di ciascuno alle problematiche interne ed esterne, e con il suo funzionamento emotivo, sollecitando in più aspetti magari evitati fino ad allora o compensati attraverso relazioni o comportamenti esterni. La quarantena finisce per essere la cartina tornasole di quello che è il funzionamento di base degli esseri umani, che se già in qualche modo sofferenti andranno verso l’emergenza o l’acuirsi di un disturbo psichico che ha radici nella storia di ognuno, ma che in una condizione imposta e di challenging si esprime con se stessi e con gli altri».
L'isolamento come detonatore
L'isolamento e la solitudine sono benzina sul fuoco della depressione, che di per sé porta alla reclusione, ma che in questo caso viene facilitata e nascosta dalle direttive imposte dall'emergenza coronavirus. Chi sta vivendo da solo si trova davanti un grosso problema, con situazioni in cui anche l'atto di acquisto di beni di prima necessità viene evitato. «È importante che le persone che soffrono di depressione vengano aiutate da amici e parenti, mantenendo un'attitudine al contatto».
Il timore è che aumentino gli esordi psicotici: lo stato di quarantena impedisce di raggiungere molte risorse necessarie a combattere e superare questi disturbi. Non si tratta di una realtà circoscritta, ma di una condizione largamente presente: i dati Istat dichiarano circa 800.000 casi di disturbo depressivo sul territorio italiano, mentre un milione di persone soffrono di disturbi bipolari e 245.000 di schizofrenia.
L'assistenza al tempo del coronavirus
Per non parlare di chi è afflitto da dipendenze da sostanze stupefacenti e alcol, dove il rischio è quello di andare incontro a un’ondata feroce e difficilmente arrestabile di crisi d’astinenza, a cui si aggiunge la chiusura a nuovi ospiti di centri di recupero e disintossicazione. «Ogni patologia ha le proprie caratteristiche, i quadri e le situazioni possono essere molto diversi, con bisogni e soluzioni differenti. In generale però, se la persona è già seguita, sta al referente medico e psicologico, del servizio pubblico o come specialista privato, organizzare una continuità nell’assistenza».
«Questo può essere fatto, se non ci sono rischi, come famiglie con uno o più membri positivi o con sintomi o a rischio di contagio pregresso, e se realmente e clinicamente necessario, come nel caso di scompensi o esordi psicotici o maniacali, con visite domiciliari degli operatori - gli spostamenti per motivi sanitari sono sempre possibili - oppure continuando a seguire regolarmente i pazienti possibilmente con videochiamate, o al limite via telefono, per monitoraggio, supporto e cura. La telemedicina e la teleassistenza sono infatti una branca ancora sottovalutata e poco utilizzata da noi, ma essenziale per non lasciare a se stessi i pazienti e i loro familiari».
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