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E se venisse ripristinata la leva militare?

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Quante volte, qualcuno con molti anni in più sulla patente, vi ha detto la famigerata frase “Dovrebbero rimettere il (servizio di leva) militare. Vi educherebbe molto bene”? Purtroppo è successo a tutti. Il servizio militare obbligatorio però non è più una realtà per tutti coloro che sono nati dal 1986 in poi. La scelta venne presa nell’agosto del 2004 con la legge Martino entrata poi in vigore il primo gennaio 2005 che aboliva l’obbligatorietà del servizio di leva, permettendo ai ragazzi neo maggiorenni di poter rimanere a scuola e completare i propri studi, prendere strade differenti e non sottoporsi a mesi sotto le armi statali. La frase che apre l’articolo è detta molto probabilmente con un tono di amarezza e malinconia, ma tiene conto solo degli aspetti “positivi” del servizio militare obbligatorio e poco di quelli negativi.

La leva militare rese l'Italia un paese unito

Il servizio di leva obbligatorio venne introdotto nel 1861, subito dopo l’unificazione italiana. Serviva a conferire il senso della patria a tutti i ragazzi neo-maggiorenni, a integrarli (secondo l’idea dell’epoca) in un contesto coeso ed unitario e poi utilizzarli in guerra, nelle due mondiali in particolare. Dal 1950 l’obbligatorietà si è trascinata per tradizione fino ai giorni nostri.

Il servizio militare si è posto l’obiettivo di insegnare la disciplina e il rispetto delle autorità, promuovendo la vita all’interno di un gruppo eterogeneo e funzionale a un obiettivo, ma non è stato privo di molte esperienze negative vissute dai suoi protagonisti e finite tra le pagine dei giornali. Si parla di storie di nonnismo, vessazioni verso le nuove reclute, sevizie, umiliazioni e persino stupri. Sono state infatti moltissime le ex reclute che si sono suicidate alla fine del servizio di leva, per via delle umiliazioni subite in quei mesi. Ad esempio nel 1987 i ‘suicidi di Naja’ erano 9, nel 1988 ben 18.

Nonnismo e violenze, decine i suicidi di ragazzi

Uno dei casi più eclatanti fu quello che coinvolse Fabio De Vecchis, romano in caserma ad Udine che venne minacciato di incarcerazione solo per aver concesso un’intervista a un giornale locale nella quale parlò della vita di caserma. Fabio si suicidò in caserma per lo spavento di finire in galera. Comunque la si pensi, la legge che ha abolito il servizio militare ha salvato non poche persone.

Il governo gialloverde si era detto propenso al ripristino della leva obbligatoria, pensando di introdurre un periodo di 6 mesi presso l’esercito o il servizio civile. Oggi entrambi questi campi occupano volontari, nel primo caso veri e propri soldati professionisti. La motivazione di molte forze politiche, sintetizzata da Salvini, è sempre la stessa: «Almeno insegniamo un po’ di rispetto a questi ragazzi, che mamma e papà non sembrano in grado di farlo». Obbligare alla leva tutti i ragazzi di una certa età per colpa di un gruppo di coetanei 'irrispettosi' sembra abbastanza precipitoso, inoltre il problema dell’incapacità genitoriale non può e non deve obbligare un ragazzo a perdere un anno della propria vita.

Un obbligo superato

L’obbligo di leva ai giorni nostri appare per lo più superato. Non è solo un problema di consenso verso la naja: è anche, e forse soprattutto, un problema di società. Le generazioni odierne vengono da un contesto dove la guerra in quanto tale, non esiste più e quando esiste è portata avanti da professionisti. Dove le lotte sono diventate sempre culturali e interne ai paesi anziché esterne. Dove l’Unione Europea si prefigge la missione di superare le differenze tra i vari paesi per riconoscersi sotto un’unica bandiera. Se proprio volessimo emulare i primi della classe, quindi gli Stati Uniti, forse dovremmo ricordare che in America l’obbligatorietà di leva è cessata dopo la fine della Guerra del Vietnam. Reintrodurre la naja sembra più una panacea elettorale che il futuro delle giovani generazioni.

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