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Lavoro o ambiente: una scelta obbligata?

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Elezioni europee 2019: tutto come previsto. Lo scorso maggio l’unica, vera sorpresa l’hanno regalata i Verdi. La coalizione guidata dai Ska Keller e Philippe Lamberts ha raggiunto 75 seggi (massimo storico), confermandosi quarto gruppo e, finalmente, forza politica in grado di dialogare con le altre coalizioni da posizione non più subordinata. In Germania i Grünen hanno addirittura superato l’SPD, il più grande partito di sinistra nazionale, diventando la seconda scelta dei tedeschi dopo la CDU. Il successo c’è stato anche in Francia, dove il leader Yannick Jadot, amato soprattutto dai giovani elettori, ha portato i Verdi a ottenere un sorprendente 13,47%, piazzandosi alle spalle dei partiti di Le Pen e Macron. Un risultato che bilancia, in parte, quanto successo altrove: in Italia, in Austria e in diversi paesi dell’est europeo, dove i Verdi sono rimasti sotto la soglia di sbarramento, cioè fuori da Bruxelle

Le promesse anti-ambientaliste di politici come Donald Trump fanno presa sulla classe lavoratrice impoverita
Le promesse anti-ambientaliste di politici come Donald Trump fanno presa sulla classe lavoratrice impoverita

L’onda verde ha preso vigore, mangiando voti soprattutto ai partiti di sinistra che sembrano incapaci di affiancare i temi ambientali alle lotte in difesa dei lavoratori e delle classi più disagiate. Quella fra ambientalisti e working class è una frizione di lunga data che, a seconda del paese in esame, ha dato origine a diversi assetti politici. Donald Trump, ad esempio, negazionista climatico e strenuo sostenitore della lobby degli idrocarburi, ha vinto le elezioni del 2016 grazie soprattutto ai voti provenienti dalla Rust Belt, la “cintura di ruggine” compresa fra gli Appalachi e i Grandi Laghi, sede dell’industria pesante americana.

I primi a pagare la crisi climatico-ecologica saranno i meno abbienti, la working class, più esposta alla crisi sociale e per questo motivo più spaventata

Reduce da decenni di decadenza, la regione ha scelto “The Donald” in seguito a promesse elettorali profondamente anti-ambientaliste e mirate allo smantellamento del lavoro compiuto da Obama nelle precedenti legislature: rilancio del carbone statunitense e dell’amianto, uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi e rimozione delle restrizioni all’utilizzo di determinati pesticidi in agricoltura. La transizione ecologica fa paura, specialmente a chi potrebbe pagarne le conseguenze in modo drammatico. Il movimento dei gilet gialli francesi, nato quando le tasse sul carburante sono schizzate alle stelle, chiede una “transizione giusta”, equa per tutti quanti. L’attrito oltralpe è piuttosto forte e ha sottolineato come Emmanuel Macron sia stato finora incapace di attuare le corrette riforme in campo economico e ambientale senza provocare malumori di piazza.

Lo scorso dicembre uno dei manifestanti francesi ha espresso chiaramente la situazione: «Voi mi parlate della fine del mondo, io vi parlo della fine del mese». Un vecchio adagio ambientalista recita così: «Socio-ambientale si scrive tutto attaccato». Si tratta di una verità che emerge in modo chiaro dagli studi effettuati in ambito scientifico. Se la crisi ambientale in atto dovesse continuare senza che l’umanità riesca a limitarne gli effetti, a pagare il prezzo maggiore saranno i poveri e le classi più disagiate. Lo annuncia in questi giorni un rapporto del Consiglio per i diritti umani dell’ONU, nel quale si legge che, durante la transizione verso un mondo più green, si dovrà prestare ancor più attenzione ai lavoratori, creando nuovi posti di lavoro ed evitando che la forbice sociale che divide ricchi e poveri non degeneri in nuove forme di apartheid.

La transizione ecologica fa paura a chi potrebbe pagarne le conseguenze
La transizione ecologica fa paura a chi potrebbe pagarne le conseguenze

Il futuro dei partiti verdi, grazie anche alla spinta e al consenso delle nuove generazioni, non può che essere del colore che li rappresenta. Resta da capire come sarà possibile per loro dialogare con le altre forze politiche e convincere nuove porzioni di elettorato. La sfida dei Verdi è la più attuale e progressista di tutte. Battaglia che dovrebbe essere cara anche a una sinistra che in molti paesi non si è accorta del cambiamento e delle opportunità di uguaglianza che la transizione ecologica porterebbe con sé.

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