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Vita lenta, prezzi bassi, e persone con tante storie da raccontare: la montagna ci salverà
Ho sempre amato la montagna più del mare. Sarà la presenza del monte Somma, che domina il paesaggio visibile dal balcone della mia cameretta. E di più sarà l’assenza, che se dal punto di vista spirituale conferisce ai paesi di montagna una certa sacralità, da quello materiale - e non è poco visti i tempi - permette di vivere bene con poche risorse, e soprattutto comprare solo quando hai un bisogno.
Il pensiero di trasferirmi in un posto che abbia queste caratteristiche mi assilla, ma non ho ancora il coraggio di prendere completamente le distanze dalla città e da tutto quello che, suo malgrado, è in grado di offrire.
Così ogni tanto riempio uno zaino e parto, dopo aver impostato la modalità vita lenta. Mi bastano sette giorni per ricaricarmi e Cusano Mutri, ai piedi del Monte Mutria (Massiccio del Matese, versante campano) è il mio posto del cuore. È un paese di pochi abitanti, «su carta quasi 4mila, ma un buon 20% di questi stanno fuori», racconta Giovanni, 37 anni, che da qui non si è mai mosso e che sui prodotti che questo territorio offre ha sviluppato il proprio talento, quello della panificazione, ma in generale della cucina. «Qui ho tutto ciò di cui ho bisogno: gli affetti, la tranquillità, la terra».
Il costo medio di un affitto a Cusano è di 250 euro, quello della spesa per una persona con una dieta alimentare onnivora come me, sui 40 euro a settimana. Dovrei aggiungere le bollette. Con 1700 euro al mese - lo stipendio medio di un italiano su 14 mensilità - potrei vivere bene e pure mettere qualcosa da parte, anzi parecchio.
E il vantaggio a cui ho accennato sarebbe solo parziale senza sottolineare che siamo in mezzo alla natura, e quindi tutte quelle cose come zero traffico, l’aria pulita, la bontà ma soprattutto la sicurezza di ogni cosa che ingerisci. Tutto ciò mi dà soddisfazione, poiché, per esempio, in città fare una spesa di qualità o è difficile, o è dispendioso, o entrambe le cose.
Il tempo poi in città è rapido, ma d’altronde va anche bene, perché tutti i giorni sono uguali e tu vuoi solo che passino in fretta, per goderti il weekend. Invece qua una giornata non ti basta non per i ritmi, ma perché le cose vanno fatte con calma, perché a lunghe chiacchierate seguono altrettanto lunghe pause, perché ogni cosa ha un tempo e bisogna aspettare quello giusto: la fretta, l’impazienza non sono ammesse.
Sarà banale, ma è giusto ricordare che in montagna il tempo ha una connotazione diversa. «I paesi hanno una cadenza, la loro giornata ruota con le microstagioni del pranzo, della cena, delle campane, del buio che arriva troppo presto in inverno e si infittisce dopo il pasto serale», scrive Franco Arminio sui paesi dell’Appennino, in Le Montagne Incantate, National Geographic.
«Se c’è una cosa che non potrei mai fare, è vivere in un posto dove esci da un ufficio per restare un’ora imbottigliato nel traffico, o peggio fare un lavoro che non ti concede il tempo di cucinare un buon piatto a pranzo e sederti a tavola per godertelo», dice Roberto, 27 anni, giovane pasticciere che ha portato avanti l’attività avviata dai suoi genitori quando lui era ancora in fasce.
La montagna è compiacente, concede tutto ciò che le chiedi, se hai il buon senso di chiedere le cose giuste. Pure il divertimento, che qui è senz’altro diverso, fatto di parole e relazioni. In una piazza, in un bar, in un circolo: in un paese di montagna c’è sempre qualcuno in attesa di una storia divertente.
Come tutti abbiamo imparato negli ultimi anni, la riscoperta per la bellezza di una vita a contatto con la natura ha avuto un’accelerazione durante la pandemia. Per semplificare: chi ha vissuto lontano dalla città si è reso conto della propria ricchezza; chi in una città si è ritrovato ingabbiato, ha rimpianto la natura e rivalutato il valore dei suoi tempi perentori in senso anarchico.
Secondo un’indagine elaborata da Ipsos per conto di Uncem, l’Unione nazionale dei comuni e degli enti montani, 1 italiano su 10 vorrebbe mollare tutto e vivere in montagna, 2 su 10 hanno dichiarato la propria volontà con una probabilità “abbastanza elevata” di andare a vivere in alta quota, mentre a 1 su 4 “piacerebbe molto” l’idea di farlo.
Risultati non sensazionali, certo, ma comunque che immortalano un desiderio, come il mio, di cui le istituzioni potrebbero approfittare per migliorare la condizione di queste zone e contrastarne lo spopolamento.