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Quando un cardinale salvò 'La dolce vita' di Fellini dalla censura
Federico Fellini, autore di capolavori come Satyricon, La strada e Le notti di Cabiria, ha esercitato un’enorme influenza sul cinema contemporaneo: probabilmente, senza lo sguardo avveniristico di quel ragazzo riminese che sognava di diventare un fumettista e che, invece, ha scelto la strada della cinepresa, dovendo calarsi gioco-forza nei panni di uno dei più eminenti intellettuali del secolo scorso, la storia della settima arte avrebbe intrapreso un corso diverso. Ne parliamo per i suoi 100 anni.
L’importanza de “La dolce vita”
Tra i suoi lavori, La dolce vita è certamente il più rappresentativo: non c’è persona al mondo che non ne abbia sentito parlare e, ogni volta in cui viene intavolata una discussione intrisa di nostalgia sui fasti del cinema italiano che fu, la settima pellicola di Fellini viene puntualmente compresa nel gotha dei film italiani da guardare almeno una volta nella vita.
Quando si passeggia per le strade di Roma, è quasi inevitabile riportare alla mente l’immagine del bagno di Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nella Fontana di Trevi: ne costituiscono il naturale corredo, dei monoliti inscalfibili consacrati alla memoria eterna. Testimonianza inestimabile di un’intellighenzia italiana – quella delle terrazze romane, che Paolo Sorrentino ha provato a resuscitare parzialmente in La grande bellezza – che, probabilmente, non esiste più, La dolce vita è un patrimonio: fa parte del novero di simboli che connotano l’immaginario italiano all’estero, al pari dell’artigianato, dell’alta moda e della gastronomia.
La reazione del pubblico italiano a La dolce vita
Nonostante l’indubbio spessore che oggi attribuiamo a La dolce vita, durante la prima proiezione del film a Milano, Fellini fu fischiato dalla platea. Probabilmente, il pubblico italiano non era pronto a ciò a cui aveva assistito: al di là di alcuni espedienti disturbanti per l’epoca, che oggi, nel peggiore dei casi, ci farebbero sorridere – come le scene di nudo integrale o la panoramica dei festini con cui l’alta borghesia capitolina rinsaldava le proprie gerarchie – la riluttanza degli spettatori era dovuta al fatto che erano stati costretti a interfacciarsi con il ritratto del loro profilo peggiore.
Una radiografia spietata, che metteva a nudo i vizi e le ipocrisie di un popolo che, notoriamente, amava moltissimo specchiarsi in sé stesso, nascondendo sotto un velo di finto perbenismo i suoi difetti, come la permeabilità alla corruzione o la falsa patina di cattolicesimo con cui era solito celare le proprie perversioni. La dolce vita era un film talmente progressista da assicurarsi lo sdegno di buona parte dell’opinione pubblica. In un libro, Nico Naldini ha raccontato di come Fellini, un cattolico convinto, per discutere scongiurare la censura de La dolce vita, chiese udienza all’allora Cardinal Montini, – il futuro pontefice Paolo VI – che si limitò a restare in silenzio per mezz’ora.
Quando il cardinale Siri salvò La dolce vita dalla censura
Eppure fu un conservatore di ferro, il cardinale genovese Giuseppe Siri, a riconoscere per primo l’importanza pedagogica del film di Fellini, proprio nei giorni in cui il regista era subissato di critiche dalle colonne dei principali quotidiani del paese, con decine di giornalisti che urlavano allo scandalo. In un articolo del 6 febbraio del 1960, scritto per Il Nuovo Cittadino, Siri definì La dolce vita un «documento sociale» di assoluto valore, – anche se da «avvicinare con cautela» – riconoscendo i meriti di Fellini, che aveva realizzato «un grande atto di bonifica umana e sociale» e, in definitiva, «un’opera morale» da consegnare ai posteri.
Oggi, quel regista in grado di convincere anche il conservatore più rigoroso è sepolto a Rimini assieme a sua moglie, Giulietta Masina. La loro tomba è situata all’ingresso del Cimitero Monumentale della città, sulla sinistra rispetto alla porta principale, ed è stata tributata da una stupenda scultura in bronzo, realizzata da Arnaldo Pomodoro, raffigurante la prua di una nave che ricorda il Rex di Amarcord. Il cinema di Fellini è un mezzo inestimabile per la divulgazione della cultura italiana nel mondo: riscoprire la sua opera è un dovere morale.
Filmografia di Federico Fellini, regista e sceneggiatore
- Luci del varietà, co-regia di Alberto Lattuada (1950)
- Lo sceicco bianco (1952)
- I vitelloni (1953)
- Agenzia matrimoniale, episodio di L'amore in città (1953)
- La strada (1954)
- Il bidone (1955)
- Le notti di Cabiria (1957)
- La dolce vita (1960)
- Le tentazioni del dottor Antonio, episodio di Boccaccio '70 (1962)
- 8½ (1963)
- Giulietta degli spiriti (1965)
- Toby Dammit, episodio di Tre passi nel delirio (1968)
- Block-notes di un regista (1969), documentario televisivo
- Fellini Satyricon (1969)
- I clowns (1970), documentario televisivo
- Roma (1972)
- Amarcord (1973)
- Il Casanova di Federico Fellini (1976)
- Prova d'orchestra (1979)
- La città delle donne (1980)
- E la nave va (1983)
- Ginger e Fred (1986)
- La voce della Luna (1990) con Roberto Benigni