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Perché l'arresto di Assange ci riguarda tutti

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Ieri, nell’ambasciata ecuadoregna di Londra dove era rifugiato dal 2012, è stato arrestato Julian Assange, uno dei personaggi più influenti del nuovo secolo. Lenìn Moreno, presidente dell’Ecuador, che aveva approvato la domanda di asilo in cambio dell’osservanza di un codice di comportamento da parte di Assange, dopo l’annullamento delle accuse svedesi e le continue violazioni del leader di Wikileaks, ha ritirato la protezione dell’Ecuador e invitato Scotland Yard a entrare nell’ambasciata per effettuare l’arresto. Il presidente Moreno ha accusato Assange di aver manomesso il sistema di sicurezza dell’ambasciata, sottratto documenti sensibili e interferito con gli affari interni di altri paesi attraverso Wikileaks, ad esempio rendendo pubbliche le mail di Hillary Clinton durante le presidenziali del 2016, col supporto degli hacker russi Guccifer 2.0, e diffondendo i documenti riservati del Vaticano lo scorso Gennaio. L’arresto di Julian Assange ha subito diviso l’opinione pubblica che si è schierata a seconda delle proprie simpatie politiche, chi proclamandolo degno del Nobel, chi definendolo una marionetta di Putin. Ma Assange, come molti altri personaggi della storia, non è né un eroe né un antieroe, è un uomo che ha cambiato il mondo, nel bene come nel male. La dimensione umana di Julian Assange viene spesso ignorata da coloro che, da una parte, lo ritengono un martire o, dall’altra, un cospiratore, spesso trascurando il significato storico del sistema Wikileaks che, come un tempo fece la ghigliottina, ha rivelato essere una lama rivoluzionaria a doppio taglio.

Wikileaks, come la ghigliottina, è una lama rivoluzionaria a doppio taglio

Sia il sito che il suo fondatore hanno a lungo plasmato l’opinione pubblica mondiale svelandole segreti di stato altrimenti nascosti: l’utilizzo indiscriminato di droni esplosivi in Afghanistan, le violenze di Abu Ghraib, i rapporti oscuri tra l’allora presidente Berlusconi e il premier russo Putin, il famoso video Collateral Murder, in cui un Apache statunitense uccideva 12 civili disarmati. Segreti che hanno mietuto vittime coraggiose come Chelsea Manning, ex-militare e analista americana, che, dopo aver passato le informazioni sull’Iraq a Wikileaks, è stata arrestata e condannata a 35 anni di carcere, pena poi commutata e sostanzialmente annullata da Barack Obama a fine mandato.

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L'arresto di Julian Assange a Londra

La storia di Assange è cambiata radicalmente quando, ad Agosto del 2010, l’Ufficio del Pocuratore svedese lo ha accusato di molestie sessuali e stupro e a Dicembre la corte inglese ne ha deciso l’estradizione in Svezia. Il leader di Wikileaks allora ha cercato asilo nell’ambasciata dell’Ecuador dando alla propria vicenda una svolta clamorosa e drammatica. Nel 2015 le accuse svedesi sono cadute in prescrizione e nel 2017 Scotland Yard ha proposto un accordo ad Assange, che però lo ha rifiutato. Le Nazioni Unite hanno equiparato la situazione di Assange a una detenzione arbitraria da parte di UK e Svezia, e l’Australia si è spinta fino a garantirgli un nuovo passaporto. Questa storia degna di un romanzo di Ian Fleming si è conclusa ieri: l’ambasciatore dell’Ecuador ha invitato la polizia nell’edificio e permesso l’arresto di Julian Assange.

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L'opinione pubblica è da anni nettamente divisa su Julian Assange

Sembra ovvio, a una prima lettura, vedere in questa vicenda una persecuzione personale in piena violazione della libertà di stampa, alla cui deontologia, però, né Assange né Wikileaks hanno mai aderito. Un editore o un giornalista, infatti, raccolgono le fonti e fanno da mediatori responsabili della notizia, al contrario di Wikileaks, che si è sempre rifiutata di effettuare alcun controllo giornalistico, ignorando consapevolmente le conseguenze delle proprie azioni. La massa di documenti data in pasto al web da Assange e dai suoi collaboratori è stata spesso talmente ingente da impedirne una lettura approfondita, e il pubblico ha finito per rifarsi alle sintesi di giornali e politici schierati, che ne hanno distorto il contenuto a proprio uso e consumo, causando più confusione che chiarezza.

La massa di segreti svelata da Wikileaks è stata spesso distorta da politici senza scrupoli

Il caso del Pizzagate, le false accuse di pedofilia a Hillary Clinton durante le presidenziali 2016, nate dalla pubblicazione delle sue mail nel sito di Assange ed esplosa su testate online legate all’alt-right statunitense come Infowars, ne è stata una sconcertante riprova. La precisa scelta ideologica di Wikileaks di ignorare una qualsiasi deontologia giornalistica ha finito per renderla, a seconda delle circostanze, strumento, inconsapevole o meno, di interessi politici non meno compromessi di quelli che voleva denunciare. Il rifiuto di Assange, diversamente da un Greenwald con Snowden, di assumersi le responsabilità del proprio ruolo, più che le accuse penali posticce, generano perplessità sul suo retaggio. Non però sulle sue aspirazioni, quelle, sì, nobili e un tempo comprensibili. Assange e Wikileaks sono, infatti, la reliquia di un desiderio di trasparenza che, dieci anni fa, spinse tutti noi a vedere nella disintermediazione del web la panacea di tutti i mali del mondo, prima che le sue implicazioni ci smentissero, costringendoci a contemplarne atterriti i frutti. Assange e Wikileaks si rifiutano ancora di farlo.

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