decreto sicurezza bis
L'Italia non è un paese per manifestanti
Il 5 agosto di quest’anno è stato approvato definitivamente il decreto legge conosciuto come Sicurezza bis: “Disposizioni urgenti per il potenziamento dell’efficacia dell’azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza”. Il testo si occupa di vari temi: la competenza per la chiusura dei porti italiani, i fondi per contrastare il favoreggiamento all’immigrazione clandestina e per il rimpatrio dei cosiddetti “irregolari”, le sanzioni per chi rompe il blocco navale, la lotta al bagarinaggio e infine legifera su Daspo, offese a pubblici ufficiali e pubblica sicurezza durante manifestazioni cittadine con riforma del codice penale.
Questi ultimi campi hanno a che vedere con il diritto sancito dall’Articolo 21 della Costituzione, quello della libertà di manifestazione del pensiero e le modifiche non mirano certo a garantire maggiormente questo diritto, quanto piuttosto a ostacolarlo, usando ancora una volta il piede di porco del decreto legge, come se fossimo in una situazione straordinaria di necessità e urgenza.
Nonostante i diritti, le manifestazioni sono spesso represse brutalmente
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Questo principio divenne una pietra angolare dei nascenti regimi democratici alla fine del ‘700: nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino elaborata durante la Rivoluzione Francese nel 1789 (art. 11, libertà di opinione), poi nell’emendamento I della Costituzione degli Stati Uniti nel 1791 (libertà di parola). Nell’ articolo 8 della Costituzione Francese del 1848 se ne parla come libertà di manifestazione del pensiero. Nello stesso anno l’articolo 28.1 dello Statuto Albertino stabiliva che «la stampa sarà libera, ma una legge ne recepisce gli abusi».
La Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino del 1789 sancì per la prima volta la libertà di espressione
Naturalmente un conto è la legge, un conto l’applicazione e storicamente le manifestazioni del libero dissenso sono state state molto spesso represse nel sangue: il movimento dei fasci siciliani (1894-96), le tragiche giornate di Milano (1898), il biennio rosso (1919-20) solo per citarne alcune. La fine della Seconda Guerra Mondiale segna un rallentamento ma non la fine della repressione omicida, come dimostra la strage di Reggio Emilia.
Tornando all'Italia di oggi, quella dei governi gialloqualcosa, una parte del Decreto riguarda la gestione della pubblica sicurezza, la riforma del codice penale e prevede per esempio l’inasprimento delle sanzioni in seguito ai reati di blocco stradale, devastazione e danneggiamento nel corso di riunioni pubbliche; maggiori tutele per le forze dell’ordine e pene più severe per chi si oppone loro; sanzioni per i reati di oltraggio a pubblico ufficiale e il reato di violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale; infine più militari per le Universiadi di Napoli del 2019.
Molte delle nuove norme servono a scoraggiare le manifestazioni pubbliche
Tre norme sono particolarmente gravi e illegittime, secondo i giuristi: «Al di là degli aumenti di pena per alcune tipologie di reato, che ormai sono diventati la norma» afferma Patrizio Gonnella dell’Associazione Antigone «una delle novità che mi sembra più grave è quella che prevede che ci sia una responsabilità penale per chi organizza una manifestazione non autorizzata nella quale qualcun altro compie un qualsiasi reato di danneggiamento. In questo caso chi ha organizzato una manifestazione non autorizzata deve rispondere per il saccheggio e il danneggiamento compiuto da altri, venendo meno al principio secondo cui la responsabilità penale è personale».
«La stessa cosa vale per l’articolo che prevede un ulteriore aumento di pena per reati che accadono durante le manifestazioni pubbliche, irrigidendo il testo unico di polizia che risale agli anni trenta, di epoca mussoliniana. Non certo un testo lassista». Queste modifiche avrebbero l’obiettivo di scoraggiare la partecipazione delle persone alle manifestazioni pubbliche.
Rendere più severe le pene per chi oltraggia un pubblico ufficiale rompe il principio di uguaglianza?
L’ultima questione, secondo Antigone, è l’eccesso di protezione che è costruito intorno a chi ha un ruolo di polizia: «Abbiamo per tre-quattro volte depenalizzato l’oltraggio e poi lo abbiamo reintrodotto a seconda delle circostanze politiche. L’idea che chi oltraggia le forze dell’ordine rischia una pena più alta rompe con il principio dell’uguaglianza». Abbiamo appena scritto l'epitaffio del diritto di manifestare in Italia?