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Cos'è andato storto con l'auto elettrica italiana

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Nel 1992, il politologo statunitense Francis Fukuyama pubblica un pamphlet destinato a fare accademia: The End of History and the Last Man. La tesi centrale del saggio è che, con il crollo del muro di Berlino, la fine dalla divisione del mondo in due blocchi, la dissoluzione dell’URSS e il definitivo trionfo delle democrazie liberali e del sistema capitalistico, la storia avrebbe sostanzialmente esaurito il corso, rendendo ininfluente ogni successivo sviluppo. Gli anni Novanta si aprono, quindi, con una sorta di terrificante quesito di fondo: il genere umano ha dato davvero tutto ciò che poteva in termini di progresso sociale, economico e politico?

Secondo Fukuyama la storia avrebbe esaurito il suo corso

Malgrado l’intuizione di Fukuyama, gli anni Novanta si presentano subito come un decennio di innovazione. Sono gli anni del passaggio dall’analogico al digitale, degli sms, degli squilli, dei Cranberries, del nucleo embrionale di quella “Generazione Erasmus” che, finalmente, ha l'opportunità di studiare all'estero, di viaggiare in un'Europa unita non più divisa da un muro. Beverly Hills 90210 irrompe come un titano sulla scena televisiva, plasmando l’immaginario della bella gioventù italiana: tutti gli studenti vogliono un armadietto, le ragazze pomiciano coi cuscini sognando Luke Perry e i ragazzi, beh, loro vorrebbero proprio esserlo, Luke Perry.

Dall’Europa del Muro a quella dell’Erasmus

In Italia, gli anni Novanta segnano anche quelli in cui avrebbe potuto avere inizio una vera e propria rivoluzione copernicana del settore automobilistico, all’insegna di una nuova visione, al contempo ecologista e futurista. Sfortunatamente, come vedremo, si è trattato di una rivoluzione “monca”: qualcosa non ha funzionato, impedendo così il passaggio dalla sperimentazione alla prassi.

Nel 1990, Corso Marconi decide di scommettere sul futuro: la Fiat decide di lanciare sul mercato la Panda Elettra, una versione a zero emissioni di quel “Pandino” divenuto iconico nel decennio precedente. È omologata per due posti, può raggiungere una velocità massima di 70 chilometri all’ora e, gli esperti lo giurano, con una carica completa può percorrere fino a 100 Km. Le batterie al piombo occupano tutto il bagagliaio posteriore, hanno un costo di 2.500.000 lire e la loro sostituzione è consigliata dopo il raggiungimento della soglia dei 35mila Km.

La Panda Elettra è stata la prima auto elettrica commercializzata al mondo
La Panda Elettra è stata la prima auto elettrica commercializzata al mondo

In Italia, avrebbe potuto iniziare una rivoluzione del settore automobilistico

Ovviamente, come ogni innovazione, la Panda Elettra ha un suo costo. Il prezzo di listino è molto alto: 25.600.000 lire. Con la stessa cifra si possono comprare due Seicento Young e una quindicina di Motorola 8700: più che un’utilitaria, un bene di lusso.

Le prestazioni non proprio esaltanti, il prezzo proibitivo e i vari difetti in termini di comfort e rendimento resero l’Elettra un’auto poco appetibile per i consumatori, decretando il suo tramonto e spingendo il gruppo torinese ad abbandonare anzitempo l’ambizioso progetto ecologista.

Quando fu lanciata la Panda Elettra non esisteva una distribuzione nazionale per auto elettriche
Quando fu lanciata la Panda Elettra non esisteva una distribuzione nazionale per auto elettriche

I consumatori si allontanarono dalla Panda Elettra

Negli anni successivi, la Fiat ha abbandonato definitivamente la via dell’elettrico, scegliendo di puntare sul metano. Il gruppo non è più tornato sui suoi passi: in più occasioni, Sergio Marchionne ha predicato estrema cautela in merito allo sviluppo di auto elettriche, sottolineando come, In Italia, fossero praticamente inesistenti tanto incentivi all'acquisto di auto elettriche, come invece ci sono in altri Stati, quanto fonti consistenti per lo sviluppo di questa tecnologia.

I tempi per guardare al futuro sembrano però maturi: secondo un’indagine del maggio scorso, condotta dal Boston consulting group, entro il 2030 i veicoli elettrici rappresenteranno circa un quarto di tutte le automobili e dei camion su strada e il 50-60% delle vendite di nuove automobili. La considerazione degli impatti ambientali non è più una mera questione ideologica, ma la variabile attorno alla quale saranno strutturate le produzioni del futuro.

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