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Formula E, l'alternativa glamour ed ecosostenibile alla Formula 1

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Pechino, Punta del Este, Buenos Aires, Roma, Miami, Long Beach, Monaco, Berlino, Mosca, Londra. Non è solo l’elenco delle città più cool dello shopping internazionale; sono alcune delle location in cui ha fatto tappa, nel corso degli anni, il campionato mondiale di Formula E: un circus che vuole prendersi lo scettro di competizione regina in ambito motoristico. Può riuscirci? Andiamo con ordine e facciamo un po’ di storia.

La storia della Formula E

Era il 2011, la città Parigi. A cena attorno a un tavolo si trovano in tre. Jean Todt, presidente della FIA (la Federation Internationale de l’Automobile, con sede in place de la Concorde), Antonio Tajani (allora Commissario per l’industria e l’imprenditoria, oggi presidente del Parlamento Europeo). Il terzo ospite è Alejandro Agag, giovane imprenditore con il pallino della politica. La sua rubrica telefonica, giudicata “inestimabile” dalla stampa, comprende Flavio Briatore e i reali di Spagna, Tony Blair e Silvio Berlusconi, Mario Monti e Julio Iglesias, Placido Domingo e Florentino Perez, Rupert Murdoch e Mario Vargas Llosa. Destra e sinistra, ma tutti accomunati da due particolari: sono ricchi, ed erano tra i 1100 invitati al suo matrimonio con Ana, la figlia dell’ex premier iberico Aznar. La Formula E nasce da qui, da una rete di contatti mondiale che comprende il gotha della politica, dell’economia e dello sport. Nomi importanti, che non hanno bisogno di presentazioni, e che garantiscono l’accesso a metropoli, come la capitale britannica, dove usare una vettura a benzina è ormai praticamente impossibile.

La storia di Elisa, rider donna che lavora con un monoruota elettrico

Un legame profondo con la città

Niente bulloni, niente grasso annerito nei natali del campionato: l’albero genealogico della competizione è composto, piuttosto, dalle terrazze dei grandi alberghi e dai ricevimenti esclusivi, con la potenza del marketing necessaria a provare a intercettare il bisogno di mobilità pulita e a renderla glamour. Le vetture, totalmente elettriche, corrono esclusivamente su circuiti cittadini. Proprio il rumore contenuto dei propulsori elettrici consente di sfruttare la scenografia urbana, come accade a Montecarlo: e c’è il non trascurabile vantaggio di facilitare l’accesso al pubblico. Ma a riempire gli spalti (niente di più desolante delle tribune vuote) concorrono anche i prezzi popolari: a Roma, ultima tappa, i ragazzi pagavano 20 €, e per il doppio si poteva acquistare un tagliando regular. Lasciamo al lettore il paragone con i biglietti per il Gran Premio di Monza, corsa, peraltro, da sempre avversata dagli ambientalisti locali.

Formula 1 o Formula E?

Riuscirà la Formula E a drenare pubblico dalla più conosciuta Formula 1? Al momento, sembra difficile. I puristi dei dieci cilindri, cresciuti nel mito di Fangio, Lauda, Villeneuve, Senna, Prost e Schumacher, non gradiscono affatto. Poco rumore, velocità ridotte (anche se le nuove vetture accelerano da 0 a 100 km/h in 2,8 secondi e raggiungono una velocità di punta di 280 km/h).  La guida “a sportellate”, poi, fa storcere il naso a chi è abituato alla tecnica sopraffina degli eroi delle monoposto: manovre spericolate che negli altri campionati sarebbero sanzionate, vietate, o distruggerebbero le vetture, sono qui consentite e anzi incentivate in nome dello spettacolo.

Un nuovo automobilismo per un nuovo pubblico

Ma proprio questo aspetto attrae una nuova fetta di pubblico. Sorpassi ripetuti, contatti, “mischie” e arrivi in volata rendono le gare decisamente interessanti per chi è in cerca emozioni facili. Un effetto “kartodromo del sabato sera” che può piacere a chi, magari, sui kart ci va davvero, ogni tanto. Perché la Formula E è disegnata per piacere, in tutto e per tutto. Ogni dettaglio è studiato. E poi, ovviamente, c’è la partecipazione del “pubblico a casa”: lo spettatore, votando, può decidere a chi assegnare il Fanboost, un incremento di potenza da sfruttare in gara. Lo prendono in cinque, e si vota sul sito, su Twitter, e, ovviamente, sull’app ufficiale. Naturalmente, vince chi è più bravo a vendersi mediaticamente. I social, però, non perdonano. Nel dopogara di Roma, una foto ha sollevato il sospetto che il circus della Formula E sfrutti il gasolio, se non per alimentare le vetture in gara, almeno per ricaricare quelle di servizio che si aggirano nei paddock. A qualche giorno di distanza la polemica non si è ancora placata: e dimostra, se non altro, che l’operazione messa in piedi per creare un’alternativa green alla Formula 1 è ancora imperfetta. Ma promettente.

La Formula E è disegnata per piacere, in tutto e per tutto
La Formula E è disegnata per piacere, in tutto e per tutto

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