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sanità

«Ti conosco da sempre»: gli incontri tra trapiantati e famiglie dei donatori

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Angela ha ricevuto un rene, ma, come previsto dalla legge, non conosce l'identità del suo donatore. E allora, come tanti altri, ha deciso di rivolgersi a Facebook. «Tre anni con il dono del mio angelo. Spero sempre di trovare la famiglia della mia vita», scrive sui social. Sono almeno tre i gruppi italiani che accolgono le richieste di incontro delle persone trapiantate e delle famiglie dei donatori di organi. Tante persone lasciano un messaggio sospeso in bacheca o su Messenger. C’è poi chi è più fortunato, e tramite una iniziale o un articolo di giornale riesce a risalire al nome della persona cercata. Ma tutto passa da Facebook: dalla richiesta di amicizia al primo contatto. E così il social più famoso del mondo può diventare un luogo per tracciare le coordinate tra vita e morte, tra inizio e fine.

Le storie di Lorena e Marta

«Abbi pazienza, questa cosa mi emoziona sempre un po’ raccontarla». Il marito di Lorena è morto in seguito a un malore, mentre era in motocicletta. Quando è arrivato in ospedale non c’era già più. «Ero contraria alla donazione degli organi, ma ho voluto rispettare la sua volontà. La gente poi ha cominciato a dirci che un rene era finito nella mia città, a Fossano, un piccolo comune nel cuneense». Così Lorena e sua figlia cominciano a fare delle ricerche. Scoprono che chi ha ricevuto il rene è una ragazza che va dallo stesso parrucchiere della zia dell’ex marito. Una persona che conoscono da sempre. «L’ho cercata su Facebook e ci siamo conosciute. Ho subito chiarito che non avevo alcun interesse a invadere la sua vita, ma che volevo solo sapere come stava. Alla fine ci siamo incontrate e abbracciate». Un’emozione «forte e strana» allo stesso tempo. «Nonostante tu in quel momento stia soffrendo tantissimo per la tua perdita, ti ritrovi faccia a faccia con una persona che vive grazie alle scelte fatte in un momento così doloroso. Lei, quando mi abbraccia, dice di sentire delle vibrazioni. Sono serena sapendo che lei è viva e che può vedere i suoi figli crescere. Anche se loro non sono i nostri cari, in un certo modo fanno parte della nostra vita. Qualcuno a volte fa confusione, spera di ritrovare un marito, un figlio o una sorella». Marta Barzaghi attende di riabbracciare i riceventi dei reni, del pancreas e delle cornee di suo figlio diciannovenne. «La prima cosa che io e mio marito speravamo di rivedere erano i suoi occhi. Sono gli organi di mio figlio, di qualcuno che ho creato con mio marito, per questo desidero tanto incontrare tutti i riceventi», racconta. «Noi abbiamo cominciato con una pagina su Facebook e con un articolo su un giornale locale. La moglie dell'uomo che ha ricevuto il cuore di mio figlio mi ha scritto su Messenger e mi ha lasciato il suo numero. Alle domande che le abbiamo fatto abbiamo capito che era la persona giusta. Quando si incontrano queste persone sembra di conoscerle da sempre. Rimane un legame, senza disturbare la vita di nessuno».

I gruppi Facebook dove donatori di organi e trapiantati si cercano

C’è chi cerca a chi siano andati il cuore e il rene della sorella, chi vorrebbe abbracciare la famiglia che gli ha consentito di vivere una seconda vita, chi vuole solo raccontare la sua storia: sono i gruppi Facebook in cui trapiantati e donatori si cercano - e talvolta si incontrano. Trapiantati e donatori…incontriamoci è uno di questi. «Il gruppo nasce nel 2018, me l’ha passato una mia amica che non aveva tempo per gestirlo. Abbiamo creato dei file, dove, anno per anno, ciascuno scrive la sua data di trapianto e l’ospedale dove è stato operato», spiega Pietro, amministratore. Un registro con le coordinate di vita e di morte di ciascuno. «Io sono trapiantato di fegato da 25 anni. All’epoca non c’erano i mezzi che ci sono oggi, ma sono risalito al mio donatore grazie a un articolo di giornale conservato da mia moglie. Quando li ho incontrati sembrava di conoscerli da sempre. Chi dona lascia qualcosa di sé al ricevente. Cambi modo di fare, modo di pensare. È come se vivessero con noi. Dalla nostra parte c’è la vita, dall’altra la morte». La legge, però, la pensa diversamente. La normativa di riferimento è la Legge 91/99, che prevede l’anonimato. Il personale sanitario e amministrativo impegnato nell’attività di prelievo e di trapianto è tenuto a garantire l’anonimato dei dati relativi al donatore e al ricevente. Una posizione sostenuta anche dall'Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule. «Si possono creare dei rapporti non corretti fra le due famiglie», precisa la presidente Flavia Petrin. «Nella prima fase noi riteniamo che la normativa debba quindi fare tutto il possibile affinché le due famiglie siano protette. La famiglia del donatore deve infatti poter superare il tempo del lutto e del dolore, mentre la famiglia del ricevente ha la necessità di ritrovare la serenità, perché la malattia è un processo che coinvolge tutti i familiari, dopo tanti anni di attesa. Bisogna trovare un nuovo equilibrio e questo non è facile. Attualmente, però, è in discussione la legge sull’anonimato e AIDO è pronta ad aggiornare la sua posizione. Se dovesse esserci un’apertura della normativa, noi chiediamo che le due famiglie vengano comunque supportate con assistenza psicologica e sociale. Lasciarle sole in questo percorso sarebbe problematico». Bisogna, però, ricordare che la donazione «ha un valore etico che va oltre la conoscenza. È amore puro, senza condizioni. La gratitudine può essere espressa in altri modi, anche se rispettiamo chi chiede con forza l’incontro».

Umani ep.1 - Gli anziani delle RSA

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