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coronavirus

Il Covid ha trasformato i medici in influencer

Non è soltanto il coronavirus a essere mutato, durante questo anno matto e disperatissimo. Ma anche lo status sociale dei medici e del personale sanitario, trasformati dalla pandemia in influencer. Il pioniere di questo trend, ben prima del virus di Wuhan, è stato Roberto Burioni - virologo del San Raffaele noto per il mantra "la scienza non è democratica". La divulgazione di Burioni, sicuramente attenta e preparata, col tempo ha cominciato a esulare da argomenti prettamente scientifici, e l'uomo è entrato a far parte della cultura pop grazie ai suoi modi di "blastatore". Un'onda subito seguita da molti altri colleghi, tra tweet, ospitate tv e instant books. Crisanti, Capua, Pregliasco sono solo alcuni dei nomi che ci siamo abituati a sentire. Personalità senz'altro esperte, ma che la psicosi mediatica ha contribuito ad eleggere a guru, forse troppo frettolosamente. Col risultato, a volte, di confondere l'opinione pubblica, tra battibecchi, scambi di accuse e voci che si accavallavano una sopra l’altra. Non è un caso se Reputation Science ha registrato la popolarità dei virologi, passando in rassegna le dichiarazioni di ricercatori e medici impegnati nella lotta al Covid. «Dalle analisi emerge in modo molto chiaro come il flusso di comunicazione innescato dagli esperti sia stato eccessivo e disorganico», ha dichiarato il presidente di Reputation Science Auro Palomba. Non si parla, comunque, solo di medici: a marzo è diventato virale il selfie dell'infermiera milanese Alessia Bonari, che ne mostrava il volto segnato dalla mascherina. Oggi, su Instagram, la Bonari ha la spunta blu e un seguito di 120.000 followers. Anche molte altre testimonianze dai professionisti impegnati in prima linea hanno avuto una simile impatto mediatico, contribuendo a eroicizzarli. Professionisti i cui meriti non si discutono, ma la cui auto-narrazione non aiuta a normalizzare (almeno in parte) una quotidianità già nuova e complessa. Il pericolo più grande rimane, comunque, quello di scambiare per scienza le opinioni degli scienziati, rischiando di dare man forte agli scettici. Perché alla fine cosa ci rimane se non un un pugno di like?

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