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Tra incendi e riscaldamento globale, il mondo brucia ancora

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Nel 2019 abbiamo perso 11,9 milioni di ettari di foresta, di cui 3,8 milioni di flora tropicale, per il Global Forest Watch. Gli incendi hanno giocato una parte fondamentale in questo progressivo e inesorabile impoverimento del nostro polmone verde: causati dall’uomo, in Brasile, dal riscaldamento globale, in Siberia, o dalle tempeste di fulmini su terreni ormai inariditi come in Australia e California. Il nostro mondo sta bruciando sia in senso figurato che letterale: le temperature si alzano e gli incendi sono sempre più estesi.

In Brasile gli incendi sono aumentati del 28%

Lo studio dell’Instituto de Pesquisa Ambiental da Amazonia (IPAM) rivela che in Amazzonia l’area deforestata (per l’80% illegalmente) nel 2020 è grande 4.500 kmq ed è pronta ad essere incendiata: «In Amazzonia la maggior parte degli incendi avviene nelle aree che sono state deforestate nei mesi precedenti», afferma l’autore dello studio Paulo Moutinho. «In queste aree vengono accesi i roghi nella stagione secca, per pulire i terreni dalla vegetazione rimasta, in modo da poterli usare per i pascoli o per l’agricoltura». Il National Institute for Space Research ha registrato, solo a luglio, 6.803 incendi della foresta pluviale, il 28% in più rispetto all’anno scorso. La lotta contro la distruzione dell’Amazzonia incontra l’ostilità del presidente del Brasile Bolsonaro ed è costata la vita a molti attivisti del clima come Paulo Paulino, uccisi dagli interessi della Mafia del Legno.

In Siberia l’incendio più a nord di questi anni

In Siberia la situazione è ancora peggiore, con un aumento degli incendi del 400%. Quest’anno, ad Anabar, è scoppiato il rogo «più settentrionale degli ultimi anni all’interno del circolo polare artico» per il progetto Terra Copernicus Sentinel-2 dell’UE. «L’Artico si sta riscaldando molto più velocemente di quanto pensassimo in risposta all’innalzamento dei livelli di anidride carbonica e altri gas serra nell’atmosfera, e questo riscaldamento sta portando a un rapido crollo e ad un aumento degli incendi», ha detto il preside della scuola ambientale dell’Università del Michigan, Jonathan Overpeck. Secondo i dati riportati da Avialesookhrana, agenzia russa per la gestione degli incendi boschivi, 1,15 milioni di ettari stavano bruciando in aree della Siberia irraggiungibili per i vigili del fuoco. La Repubblica di Sakha, area più colpita, ha visto bruciare 929.000 ettari di bosco. «Anche se gli incendi sono comuni in questo periodo dell’anno, temperature record e venti forti rendono la situazione particolarmente preoccupante» spiega una nota di Copernicus.

L’Australia e la California

L’Australia è bruciata per mesi, tra settembre e marzo scorsi. La situazione ora sembra sotto controllo, ma il continente ha perso 9 milioni di ettari di territorio boschivo, che, come spiega Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale dell’università Statale di Milano, è il doppio della peggiore annata dell’ultimo mezzo secolo di rilevazioni. La perdita in termini di biodiversità è stata catastrofica, con 487,5 milioni di esemplari animali perduti (il WWF Australia parla di un miliardo), per l’80% di specie uniche al mondo. Come l’Australia anche la California vede una serie di incendi causata da tempeste di fulmini su terreni inariditi che hanno già ucciso 5 persone. Dopo il famoso rogo di Mendocino nel 2018, che aveva bruciato 1.850 kmq di foresta, il 25 agosto sono nati due incendi, il secondo e il terzo più vasti della storia dello stato, SCU (Santa Clara Unit) Lightning Complex e LNU (Lake Napa Unit) Lightning Complex: un fronte di fiamme di 1.500 kmq affrontato da 14.000 vigili del fuoco. Ma l’impressione, anche qui, è quella di combattere i sintomi di un problema, non le sue cause.

Gli incendi non stanno distruggendo solo l'Amazzonia

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