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Berlino torna a ballare, la Danimarca riapre e Londra rinuncia al green pass. E l'Italia?

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Mentre in Italia si allarga il dibattito su mascherine e green pass, nel resto d’Europa c’è già chi ha deciso di allentare la presa rispetto alle misure anti-covid. Dalla Gran Bretagna, passando dalla Danimarca: tutti Paesi che hanno adottato una linea più morbida nella lotta al coronavirus.

Gran Bretagna e il green pass

La certificazione verde, o green pass, doveva essere adottata entro la fine di settembre. Il governo britannico di Boris Johnson ha invece rinunciato a introdurre il green pass. Le ragioni della sua mancata introduzione sono di natura sia sanitaria che politica. In particolare, la misura era stata tacciata di essere «contraria allo spirito britannico» (paese dove non esiste neanche la carta d'identità) e difficilmente sarebbe passata in parlamento. La ragione sanitaria è legata al fatto che il green pass, laddove è stato adottato, ha avuto la funzione di incoraggiare le persone a vaccinarsi. Ma in Gran Bretagna l’81% dell’intera popolazione over 16 è già immunizzata con 2 dosi e il 90% con una. Johnson ha anche annunciato la fine dello stato di emergenza. Di conseguenza, cadrebbe la possibilità da parte del governo di imporre restrizioni alle attività economiche, alle scuole e università oltre che a raduni ed eventi. Unica eccezione, la Scozia che ha intenzione di introdurre un passaporto vaccinale per gli over 18 per l’ingresso ai locali notturni e a molti grandi eventi a partire da ottobre.

Riapertura totale in Danimarca

La Danimarca è il primo Paese europeo ad abbandonare tutte le misure legate al contenimento del covid-19. Tanto che dal 10 settembre non è più necessario mostrare il green pass neanche all'ingresso dei night club. Anche in questo caso, le ragioni sono di carattere sanitario. La campagna vaccinale ha infatti registrato un alto numero di adesioni: più dell'80% delle persone sopra i 12 anni ha ricevuto due dosi. Insomma, il covid non è più considerata una «malattia socialmente critica». Ad aprile, la Danimarca era stato il primo Paese ad adottare la certificazione sanitaria digitale per entrare nei bar, ristoranti, impianti sportivi, teatri e musei. Già il 14 agosto la mascherina non era stata considerata più obbligatoria sui mezzi pubblici, mentre il 1 settembre sono stati riaperti i locali notturni e rimossi i limiti sulle assemblee pubbliche. Decisioni che potrebbero essere seguite a stretto giro anche dalla Svezia, che ha annunciato che abolirà gran parte delle restrizioni contro il covid-19 entro il 29 settembre.

La Germania dei club e il covid

Berlino prova a salvare la sua club culture, riaprendo i templi della musica elettronica. Ad agosto, sei locali notturni della città hanno aperto le loro porte a circa 2mila persone senza mascherine né restrizioni sul distanziamento sociale. L’esperimento rientrava in un progetto pilota chiamato a valutare se i test per il covid-19 possano essere adoperati per impedire un altro blocco dei luoghi della vita notturna. Per essere ammessi ai club, tutti i partecipanti al progetto, denominato Clubculture Reboot, hanno dovuto presentare un test PCR negativo. I test sono stati poi ripetuti una settimana dopo. Delle circa 1500 persone che si sono sottoposte all’esame, nessuna è risultata positiva. Risultati simili a quanto registrato in un evento analogo a Barcellona, lo scorso dicembre.

E in Italia?

Un allentamento delle misure anti-covid sembra essere fuori discussione. Attualmente, infatti, solo il 73% della popolazione over 12 ha completato il ciclo vaccinale. Nel frattempo, si procederà con una somministrazione della terza dose di vaccino ‘a tappe’, privilegiando le persone fragili, anziane e immunodepresse. Una strada già percorsa da Gran Bretagna, Francia e Germania. Ma, in Italia, a differenza del Regno Unito, non si parla ancora di revocare lo stato di emergenza. Insomma, tra contraddizioni e disagi, sembra che saremo destinati a non poter fare a meno di green pass e mascherina ancora per un po’.

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