simon wiesenthal
Hunters: i cacciatori di nazisti sono tornati
Dal 21 febbraio 2020 è disponibile su Amazon Prime Video Hunters, serie creata da David Weil con protagonista Al Pacino, nei panni di un ricco filantropo ebreo degli anni Settanta con una missione segreta: trovare ed eliminare i nazisti che si nascondono negli Stati Uniti con la complicità dello stesso governo. Una serie ispirata alle storie vere dei cacciatori di nazisti, uno fra tutti Simon Wiesenthal, sopravvissuto ai campi di sterminio, che votò la sua vita ad assicurare alla giustizia i suoi aguzzini.
I veri cacciatori di nazisti
Non sono stati solo gli sforzi del Mossad, i servizi segreti israeliani che consegnarono al processo di Norimberga Adolf Eichmann, numero due del Terzo Reich, a contribuire alla scoperta e all’eliminazione dei nazisti sopravvissuti alla guerra. Prima di loro c’era l’organizzazione segreta denominata Nokim, vendicatori, decisamente meno politicamente corretta e più letale. Formata da soldati ebrei che avevano combattuto fra gli Alleati, disgustati dal comportamento dei vertici militari che proteggevano e facevano espatriare i nazisti, aveva il compito di inseguirli per mezzo mondo e giustiziarli.
In oltre mille casi ci riuscì: il paragone con i Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino sorge spontaneo. In questo clima post bellico di paranoia e ipocrisia, in cui apparati del governo statunitense fornivano protezione a ex-gerarchi del Terzo Reich per sottrarli alle mire della Russia e impiegarli nell’ingegneria, nella medicina e in qualsiasi campo le loro conoscenze potessero tornare utili, spicca la storia di Simon Wiesenthal.
La storia vera di Simon Wiesenthal
Da quando fu liberato da Mathausen, dove perse la famiglia e rischiò di morire, Simon dedicò la vita alla caccia ai nazisti, contribuendo alla cattura di Eichmann, che Hannah Arendt consegnò all’immaginario collettivo come incarnazione della malvagità nel saggio La banalità del male. Nel 1962 fondò il Jewish Documentation Center di Vienna: un archivio di segnalazioni, documenti riservati e persino testimonianze di ex-nazisti che gli permise di mettersi sulle tracce di oltre 90.000 criminali di guerra. La vittoria più importante di Wiesenthal e della sua rete di collaboratori fu la cattura di Karl Silberbauer, ufficiale responsabile dell’arresto di Anna Frank: è grazie alla sua confessione che ora sappiamo inequivocabilmente che il suo Diario non è un falso storico.
Ma Wiesenthal, nonostante la fermezza nel perseguire il suo obiettivo («Tutto il valore del mio lavoro sta nell'ammonimento agli assassini di domani: non avrete mai pace»), non fu un uomo crudele o incapace di perdono: al matrimonio della figlia invitò Heinrich Guenthert, uno dei due ex-nazisti ancora in vita che l’avevano salvato dalla fucilazione nel lager. Quell’uomo era la prova che c’era speranza di redenzione anche per loro.
Le polemiche su Hunters
Non sono mancate le polemiche su Hunters: il Museo Statale di Auschwitz-Birkenau ha criticato la scena iniziale, in cui David Weil inscena una grottesca partita a scacchi umani giocata dai prigionieri sotto la minaccia dei kapò. Il creatore della serie, nipote di una sopravvissuta ai campi, ha precisato che Hunters non nasce come documentario e non ha alcuna pretesa di veridicità. Nella serie i numeri tatuati sul braccio dei sopravvissuti sono tutti superiori a 202.499, il più alto mai assegnato: l’obiettivo di Hunters è raccontare una storia vera senza appropriarsi della vita di nessuna persona reale.
Obiettivo raggiunto solo in parte, colpa di una sceneggiatura che ammicca a troppi generi, non solo cinematografici (ha qualcosa del graphic novel), senza una sua identità. Lo scarto tra il registro ironico che lo avvicina a Tarantino e quello più serio alla Refn è decisamente repentino e sintomo di un’immaturità nella scrittura che forse la seconda parte riuscirà a colmare. Nota di merito, neanche a dirlo, per Al Pacino, di nuovo in forma dopo The Irishman e talmente perfetto nella parte da far sospettare sia stata scritta apposta per lui.
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