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Hammamet di Amelio è l'occasione per fare i conti con Craxi
Il 19 gennaio del 2000, ad Hammamet, moriva Bettino Craxi. Vent’anni dopo, in occasione dell’anniversario della sua scomparsa, in Italia si torna a parlare di uno dei personaggi politici più famosi e controversi della Prima Repubblica. Ci ha provato Gianni Amelio, con il suo film intitolato appunto Hammamet, in cui prova a ripercorrere le ultime settimane di vita dell’ex leader del Psi da suo “esilio” in Tunisia, grazie ad un impeccabile Pierfrancesco Favino, mimesi quasi perfetta del personaggio che ha rappresentato.
Craxi nel film di Amelio
Inutile aggiungere che la pellicola, fin dal primo trailer e durante la presentazione, si è imbattuta in alcune contestazioni. L’attesa verso il primo vero lavoro dedicato a Craxi, ha fatto emergere tutti i problemi di una scelta narrativa, quella di Amelio, fortemente intimista. Il partito dei contro si è coalizzato con quello dei pro, in un coro che ha fatto emergere la difficoltà, tutta italiana, di affrontare il proprio passato. E Bettino Craxi ha sempre vissuto nella polarizzazione tra chi lo ha creduto il male assoluto e chi, invece, il più grande statista del Dopoguerra italiano.
Nemmeno Giulio Andreotti ha “sguazzato” così tanto nell’ambiguità di giudizio, per quanto enigmatico possa essere stato il suo ruolo nella politica italiana del Novecento. Craxi, infatti, è legato indissolubilmente a un momento della nostra storia: il collasso degli anni Ottanta in Tangentopoli, sul quale il revisionismo emotivo ha fatto mutare sentimenti e punti di vista. A catturare questo dialogo continuo e sempre taciuto, tra gli italiani e il loro capo in esilio, fisicamente e psicologicamente, è la struttura stessa di Hammamet, un botta e risposta continuo tra Craxi/Favino e i suoi interlocutori.
Craxi tra Sigonella e le tangenti
In questo annoso dialogo col rimosso, l'Italia ha messo in secondo piano anche l’inchiesta Mani Pulite, che ha scoperchiato la Prima Repubblica e messo in luce un sistema che Craxi stesso avrebbe poi definito “irregolare e/o illegale”. Un dialogo sempre taciuto negli ultimi trent’anni, che ha permesso a ognuno di ricreare una propria immagine di Craxi e del suo contesto.
Chi lo considera un grande statista torna indietro nella memoria ai giorni di Sigonella, nell’ottobre dell’85, quando da Presidente del Consiglio Craxi ha messo in mostra tutto il suo acume politico/diplomatico. Oppure, è ancor più facile ripensare ai 55 giorni del sequestro di Aldo Moro, in cui il segretario del Partito Socialista ha rappresentato una mosca bianca all’interno del Parlamento: contro la linea della fermezza unilateralmente scelta sia dalla Dc sia dal Pci, Craxi ha provato ad aprire uno spiraglio per trattare con i brigatisti.
Fare i conti col passato
Craxi, però, ha delle responsabilità che non possono essere liquidate dalla sua azione politica. Lo dimostrano le condanne, in via definitiva, sancite dall’inchiesta portata avanti da Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e tutti i magistrati del pool di Mani Pulite. Sono responsabilità prima di tutto politiche che, nel 1992, l’Italia ha pagato a caro prezzo: è stato un anno di svolta, non solo per Tangentopoli, ma anche perché si è dovuto fare economicamente i conti con un decennio (gli anni Ottanta) di scarso controllo del debito pubblico.
Sono fatti evidenti, di difficile interpretazione storiografica: nel settembre del ‘92, infatti, la lira ha rischiato il collasso, per colpa anche del debito raddoppiato durante i due mandati di Craxi da capo del Governo. Fare i conti col passato significa anche questo: abbandonare il tifo e valutare tutti gli aspetti, con serena oggettività. Abbiamo pagato le conseguenze, anche nel ventennio successivo, di alcune scelte (o meglio, non scelte) politiche di Craxi: ne sa qualcosa Silvio Berlusconi, che forte dell’amicizia con l’allora Presidente del Consiglio, ha potuto fondare l’impero mediatico che ha tanto influenzato la società italiana e il nostro destino politico. Sono fatti accaduti sulla nostra pelle, di cui potremo iniziare a parlare partendo dalla fine, dall'Hammamet di Gianni Amelio.