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Gender pay gap: chi non lo abbatte verrà messo su Internet
Nonostante il balzo del nostro Paese dal 76° al 63° posto nella classifica mondiale sulla parità di genere sul lavoro, il gender pay gap nel 2021 in Italia resta comunque alto e si spiega con la sistemica discriminazione delle donne lavoratrici. Ma un segnale positivo sembra arrivare dalla politica e dal governo Draghi. Martedì 26 ottobre il Senato ha approvato, infatti, il DDL per le pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Un provvedimento che promette di colmare il gender pay gap italiano, un gradino alla volta.
La legge sul gender pay gap
La normativa prevede una serie di misure volte a tutelare le donne lavoratrici e a garantire la presenza femminile negli organo collegiali di amministrazione delle società quotate. In particolare, le aziende dai 50 dipendenti in su dovranno presentare il rapporto periodico sulla situazione del personale maschile e femminile. Dal 1° gennaio 2022, sarà, inoltre, introdotta la certificazione della parità di genere: un “bollino” di qualità per le aziende che si sono attivate per ridurre il gender pay gap e che si sono adoperate per la tutela della maternità. Le aziende che non compileranno e invieranno questo rapporto verranno inserite in un'apposita sezione del sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, esposte quindi agli occhi del pubblico, secondo il comma 2 dell'art. 46 della legge.
Il gender pay gap in Italia
L’Italia si trova ancora in basso nella classifica degli Stati con minore disparità di genere. In effetti, se si guardano i dati, nel nostro Paese il gender pay gap oscilla tra il 5,6 e il 12%. Una donna percepisce una retribuzione mediana netta pari a 1.367 €, 110 € in meno di un uomo (1.477 €). In un inquadramento basso la busta paga mediana netta di un uomo si attesta a 1.418 €, mentre quella di una donna si ferma a 1.200. Una differenza di circa 220 € (il 15%). In un inquadramento medio una donna percepisce una retribuzione mediana netta di 1.428 €, mentre quella di un uomo si assesta a 1.503 € (+75 €). Questa disparità è dovuta anche al basso numero di manager donna, solo il 28%. Ancora più preoccupante è la percentuale di donne occupate, che si attesta al 42%. Una percentuale che risente anche degli effetti legati alla pandemia di Covid 19. Insomma, “donna” e “lavoratrice” sono termini che per molti cozzano ancora tra loro. Ma la politica sembra muovere i primi timidi passi verso il livellamento del gender pay gap e dello stipendio. Che sia la volta buona?
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