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Il foodsharing per combattere lo spreco di cibo

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Anche il nostro paese sta scoprendo l’importanza del foodsharing. In Italia lo spreco di cibo raggiunge i 65 kg all’anno (dati BFCN), numero che può essere ridotto abbinando la tecnologia alle buone abitudini del passato. Il problema dello spreco alimentare contribuisce all’8% dell’emissione dei gas serra nel mondo e nel 2030, se la tendenza non verrà invertita, il cibo che buttiamo inutilmente nella spazzatura potrebbe aumentare del 61%.

Cos’è il foodsharing

Arrivando al nocciolo della questione (ma senza gettarlo via, ovviamente), il foodsharing consiste in un servizio di riutilizzo del cibo che può avvenire in differenti modi. Se ne distinguono principalmente due, a cui accosteremo le piattaforme di riferimento nel settore:
- No profit
- Sharing for money
Nel primo caso, l’intento caritatevole viene anteposto a qualsiasi altra motivazione. Per cui, sia il sito tedesco pioniere nel campo come foodsharing.de (nato nel 2012) sia l’italianissimo Bring the Food, combattono lo spreco alimentare sostanzialmente per sfamare chi non riesce.

Il foodsharing è utile contro lo spreco alimentare
Il foodsharing è utile contro lo spreco alimentare

Bring the food, per esempio, nasce in comunione con il Banco Alimentare e la comunità di San Benedetto al Porto di Genova ed offre un servizio di recupero (tramite app) di alimenti cotti o ancora da cuocere che vengono poi restituiti alla collettività nelle mense sociali (quasi 300 tonnellate raccolte tra ristoranti e produttori nel 2019). Nel secondo caso, invece, la parola money non deve trarre in inganno, perché il modello di business punta principalmente all’autofinanziamento.

Come ridurre lo spreco di cibo

To good to go nasce in Danimarca e da quest’anno è presente anche in Italia. Si tratta di un servizio (sempre rigorosamente mobile) grazie al quale l’utente può rintracciare i prodotti in offerta – perché prossimi alla scadenza – tra tante attività commerciali, dal panificio al grande distributore. Anche My Foody si fonda sugli stessi presupposti, sebbene la start up nata in Italia si rivolga unicamente ai supermercati.

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Se sei a caccia di una ricetta sfiziosa, ma non puoi permetterti spese folli, grazie a questi due portali puoi rintracciare il prodotto migliore per cucinare senza sprechi. Anche perché quello che resta invenduto, dal più grande dei supermercati alla più piccola delle botteghe, tendenzialmente viene scartato. In questo modo, quindi, si unisce l’utile al dilettevole: si risparmia, ma con metodo. Una soluzione che, però, non ovvia al problema. Infatti, sempre più persone in Italia decidono di consumare il proprio pasto fuori casa (il 21% pranza almeno cinque volte a settimana tra bar e ristoranti).

Come cucinare senza sprechi

La ristorazione, nel campo dello spreco alimentare, è un vero e proprio “buco nero”. Sono ancora pochi i ristoratori che hanno presente un modello di spesa sostenibile, che non guardi solo al prezzo di acquisto e a quello di vendita della merce. Per ogni euro speso al fine di ridurre gli sprechi, infatti, se ne possono mettere in tasca a fine mese dodici in più, specialmente se si considerano queste percentuali di come viene disperso nelle cucine il cibo ancora valido: 
- 45% in preparazione
- 34% nel piatto del cliente
- 21% scade invece in frigorifero

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Appare evidente come quel 66% sia di responsabilità diretta del ristoratore e di come incida sul proprio food cost, anche se talvolta non viene calcolato. Per questo motivo, non si può colpevolizzare il solo cliente perché non chiede la doggy bag (il 41% s’imbarazza a farlo), ma andrebbe ripensata buona parte della gestione della spesa da parte di cuochi e ristoratori. Perciò, esiste una vasta letteratura di ricette “di riciclo”, piatti spesso tradizionali che richiamano al nostro passato e che sempre più spesso vengono riproposti anche nelle cucine stellate, come suggeriva già dieci anni fa lo chef Davide Scabin al Salone del Gusto di Torino.

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