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Abbiamo investito 478 miliardi $ in allevamenti che inquinano come intere nazioni
Foto di Claudio Morelli
Venti produttori di carne sono responsabili di emissioni di gas serra superiori a Germania, Francia, Inghilterra e, con il resto dell’agricoltura animale, emettono circa il 15% dei gas serra mondiali. Nonostante questo, tra il 2015 e il 2020, l’industria della carne e dei latticini ha ricevuto più di 478 miliardi $ di aiuti da 2.500 gruppi di investimento, banche, fondi pensione in maggioranza nordamericani ed europei.
L'industria della carne è in crescita
Secondo il Meat Atlas, con questo tipo di sostegno finanziario la produzione di questo settore aumenterà di altri 40 milioni di tonnellate per il 2029, raggiungendo così le 366 milioni di tonnellate di carne all’anno. Le nazioni che impattano di più su questa industria restano Cina, USA, Brasile e UE che, per il 2029, potrebbero coprire da sole il 60% della produzione globale. In tutto il mondo tre quarti dei terreni sono usati per allevare o nutrire il bestiame. In Brasile, sempre secono il Meat Atlas, 175 milioni di ettari sono dedicati all’allevamento, circa quanto l’intera area agricola dell’UE». Con effetti diretti sull’Amazzonia, polmone verde del pianeta. Un’analisi più ampia, pubblicata su Nature, auspica una riduzione del consumo di carne e di latticini, nei paesi ricchi, del 90% e del 60%, compensata da un aumento fino al 600% dell’uso di proteine naturali come i fagioli.
Eppure l’industria della carne non si è fermata nemmeno quando il consumo di questo alimento è diminuito. Secondo il report di Essere Animali, pubblicato da VD a giugno 2020, l’Italia oggi consuma meno carne: rispetto al 2010, gli italiani sono passati da 81,4 kg pro capite a 76. Ma il numero di animali macellati è aumentato passando da 559 milioni a 597. «Questo perché i consumi si concentrano sulla carne bianca, considerata più salutare», spiega Simone Montuschi di Essere Animali. «Le galline, però, non sono più tenute in gabbia ma all’interno di capannoni, dove la densità di animali, è molto alta, mentre per i maiali è ancora prevista la castrazione senza anestesia» conclude Montuschi. Cambiano i numeri, quindi, ma non i metodi di allevamento, ancora crudeli.
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