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Le donne di Pedro Almodóvar
Pedro Almodóvar è stato in grado di rendere la donna il fulcro delle sue storie e del suo stile. Impossibile non riconoscersi in alcuni dei suoi personaggi più celebri, donne cariche di personalissime caratteristiche, ognuna diversa dall’altra, ma assolutamente libere nell’esprimere se stesse. «Perché una è più autentica, quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa», diceva Agrado nella suggestiva pellicola Tutto su mia madre (1999). Un’espressione che è diventata il simbolo del lavoro iconico che il regista spagnolo ha realizzato nel cinema, rendendosi artefice di storie sensazionali ed intime. Le donne di Almodóvar sono universi cristallizzati nelle proprie battaglie: forti e lottatrici, fanno a botte con i loro dolori. Ognuna con la propria storia, ma tutte con un unico comune denominatore: la solitudine. Sole con se stesse e con i propri fantasmi, sono donne carismatiche seppur umili, dotate di una forte capacità di resistenza. Resistono alle ingiustizie e bramano la fuga, quella verso il cambio costante, verso la svolta definita come miglioramento.
La maternità in Pedro Almodóvar
Senza mai cadere in cliché la donna è sempre stata l’oggetto di esplorazione della sua opera cinematografica, tanto da essere considerato un vero e proprio “regista delle donne”. Enfatizzando ogni aspetto come se fosse un punto di forza o di debolezza tali da caratterizzare il personaggio femminile nella sua completezza, Pedro Almodovar sceglie così i suoi tipi. Ci sono, come personaggi femminili ricorrenti, le “madri”: la maternità ha molteplici sfaccettature nel mondo del regista spagnolo. Ci sono quelle che si prendono cura dei propri figli ad ogni costo e che soffrono la loro lontananza o sparizione, come Julieta (2016); quelle che hanno perso un figlio, come Manuela in Tutto su mia madre (1999); o quelle che invece non considerano minimamente i propri figli come in Tacchi a spillo (1991), in nome della propria carriera. Madri coraggio, ma anche madri che sfuggono al proprio ruolo. Il viaggio nella maternità è una delle sfide più riuscite del regista, che tocca anche aspetti considerati spesso dei tabù o delle spine fastidiose, ma spesso necessarie per comprendere in toto la femminilità. Non è un caso che il suo ritorno, da poco annunciato, sarà con un film sulle madri: Madres Paralelas.
Madri e prostitute in Pedro Almodóvar
Poi ci sono le “prostitute” almodovariane, donne che hanno scelto questa professione e che, in un certo senso, non la rinnegano. La libera volontà le rende più forti e libere di chi pensa che non lo siano. Tutti i personaggi che interpretano questo “tipo”, sono donne tenaci, vibranti, nonostante la durezza delle situazioni che sono costrette ad affrontare. Tra quelle che ricordiamo di più c’è sicuramente Cristal di Tacchi a spillo e Agrado di Tutto su mia madre. Quest’ultima, nello specifico, donna transessuale, rende tutto più morbido attraverso il suo senso dell’umorismo. Non si può, inoltre, non menzionare Carne Tremula (1997) dove una prostituta, interpretata da Penélope Cruz, dà alla luce suo figlio in un autobus, incipit iconico della filmografia di Pedro Almodóvar. Qui si uniscono le due categorie di madre e prostituta in un ambiente squallido e avverso e, nel caso specifico di questa pellicola, in una percezione di contrasto del personaggio. L’immagine spinta ed erotica della prostituta si oppone a quella della tenerezza indiscutibilmente e inesorabilmente attribuita alla figura materna. Tutto prende un gusto agrodolce ed è proprio il vestiario succinto, colorato e più stretto della taglia reale che indossa la prostituta, a rendere vivi i due punti di forza della donna: la sensualità e la maternità.
Tutte le donne di Pedro Almodóvar
Come non citare la donna innamorata che molti dei personaggi femminili di Almodóvar incarnano: donne disperate per non poter avere il proprio uomo accanto, come Léo, la protagonista de Il fiore del mio segreto (1995), scrittrice di romanzi rosa, la cui relazione con il marito comincia a declinare a causa delle sue continue assenze, ad esempio, o donne che scoprono tradimenti, amanti, figli, come Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988).La casalinga, donna dall’apparenza tranquilla, che mostra sempre un lato isterico, disperato, al limite della sopportazione, come Gloria in Cos’ho fatto per meritarmi questo, dove la protagonista, donna che è costretta a condividere il suo appartamento con la suocera e con un marito maschilista, non è altro che la musa di un canto liberatorio della donna che vive tra le quattro mura domestiche.E poi ci sono le donne transessuali, come Agrado, quelle che sono in continua ricerca di se stesse, quelle che evolvono trasformandosi in ciò che agognano da tempo.Ma non sono: ci sono anche figlie, attrici, cantanti e addirittura torere o suore. Le donne di Pedro Almodovar sono un insieme in continua evoluzione. Si ribellano, cambiano, valorizzano la loro sessualità, rivendicano il loro diritto di persone al di là del ruolo sociale o biologico che ricoprono. Sono donne in esplorazione, donne che accese dai verdi o dai rossi dei loro vivaci vestiti, sfidano situazioni limite in cui osservano se stesse con l’obiettivo di superarsi e, in un certo senso, rinascere.
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