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Perché la politica sulla famiglia mostra la confusione del governo

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Dalla pubblicità della Barilla alle realtà monogenitoriali. Al mazzo di carte delle dinamiche familiari si aggiungono nuove figure di famiglia, ma il tavolo delle politiche sul tema sembra essere divorato dal tarlo della nostalgia. Con una virata a livello legislativo che strizza l’occhio alla rassicurante dicotomia padre-lavoratore e madre-casalinga. Il tentativo apparente è, quindi, quello di incatenare uomini e donne a gerarchie e ruoli prestabiliti, secondo un modello di stampo caroselliano. Eppure le regole del gioco sono cambiate. Stando ai dati Istat aggiornati al I° gennaio 2018, in Italia ci si sposa sempre meno e sempre più tardi, mentre in ogni fascia di età crescono i divorziati. Calano anche le nascite, con 15mila nuovi nati in meno rispetto al 2016. Non solo. Le coppie sposate con figli registrano una contrazione del 32%, mentre aumentano del 25% quelli nati da coppie non coniugate. Cresce il numero di minori a carico di nuclei monogenitoriali, vale dire formati da madri o padri soli, che nel biennio 2015-2016 hanno sfiorato il 15,8% del totale delle famiglie con minorenni.

Mentre i matrimoni tradizionali calano, aumentano le unioni civili

C’è, però, uno spartiacque cruciale nel contesto di progressiva e lenta defamiliarizzazione che i dati non possono raccontare ed è la legge sulle unioni civili e sulla regolamentazione delle coppie di fatto del 20 maggio 2016. «Prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina in materia di famiglia, l’unico nucleo che poteva essere considerato giuridicamente tale era quello formato da due persone coniugate, anche se le coppie di fatto avevano accesso ad alcuni servizi di welfare» spiega Luca Trappolin, sociologo della famiglia e docente dell’Università di Padova «La famiglia di ‘serie A’, però, restava una. Con la legge 76/2016, tipologie familiari tradizionalmente escluse dal diritto hanno, invece, ottenuto un importante riconoscimento formale». Tanto che al 31 dicembre 2017 erano oltre seimila le unioni civili contratte in Italia. Anche se ridotto a pezzi, il matrimonio resta comunque il percorso preferito dai giovani per uscire dal nucleo familiare di origine, un escamotage strettamente correlato al livello di istruzione, con forti differenze fra nord e sud. Mentre il governo annaspa nell’ingenuo tentativo di cristallizzare la cosiddetta ‘famiglia tradizionale’ all’interno di norme ad hoc, le nuove realtà si fanno sempre più spazio. Grazie anche agli stessi paradossi generati dai provvedimenti e dai disegni di legge in materia.

Il ddl Pillon ha generato proteste in tutta Italia
Il ddl Pillon ha generato proteste in tutta Italia

Come quello presentato dal senatore della Lega Simone Pillon. Pur basandosi sull’idea dell’indivisibilità del nucleo genitoriale, la proposta costituisce una legittimazione, sebbene involontaria, dell’istituto del divorzio. Insomma, il ddl Pillon mostra come la fine del rapporto coniugale sia stato ormai digerito. Anche dai più revisionisti, svelando i due differenti approcci che accomunano quasi tutti i provvedimenti proposti dal governo in materia. Se da un lato c’è la volontà di riconoscere come unica tipologia di nucleo familiare quello costituito da una mamma, un papà e dei bambini, le manovre dei gialloverdi smascherano una profonda consapevolezza dello stato di crisi del sistema familiare classico, sul quale è possibile intervenire solo tramite correttivi.

La madre, deformata dalla lente patriarcale del ddl Pillon, si trasforma in una nemica dei bambini e dell’uomo

Secondo Trappolin «è proprio perché si divorzia che il ddl Pillon è stato scritto, sebbene possa essere interpretato come un testo che di tradizionale ha ben poco». Il disegno di legge n.735, con il suo esplicito riferimento al contrasto alla sindrome da alienazione parentale, farebbe, infatti, da spalla alle rivendicazioni dei padri separati che si battono per una drastica rivisitazione in materia di affidamento. Ribaltando la classica divisione dei compiti coniugali, in cui spetterebbe alla donna la cura dei figli: la madre, deformata dalla lente patriarcale, si trasforma così in una nemica dei bambini e dell’uomo. Secondo l’Istat, però, nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso erano circa l’89% del totale, mentre solo l’8,9% dei minori risultava essere affidato esclusivamente alla madre. Segno di una propaganda oltranzista che oscura le vere problematiche delle famiglie italiane. Come se non bastasse, alla visione neo-patriarcale della donna condivisa da gran parte della maggioranza, si aggiunge l’abolizione del bonus babysitter di 600 euro, approvata nella legge di bilancio 2019. Il congedo parentale, infatti, non potrà più essere sostituito da voucher per baby sitting e servizi per l’infanzia e costerà alle neomamme circa 3600 euro all’anno.

Alla visione retrograda della donna del governo, si aggiunge l’abolizione del bonus babysitter di 600 euro

Eppure, stando ai dati Istat del biennio 2016-2017, su 354mila asili nido, quelli pubblici erano poco più della metà. Il bonus bebè, invece, aumenterà del 20% per ogni figlio successivo al primo, mentre è previsto un aumento di 500 euro all’anno per il bonus asilo nido. Un invito, non troppo velato, rivolto alle donne italiane perché tornino a occuparsi quasi esclusivamente di figli e famiglia. La misura, però, va a colpire più tipologie familiari, dai nuclei monogenitoriali a quelli difesi a spada tratta dal governo del cambiamento, confermando il caos gialloverde sul tema. Più chiara, invece, la linea del governo sulle famiglie omogenitoriali. Il ritorno alla dicitura ‘padre’ e ‘madre’ cancella di fatto la più neutra denominazione ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’, introdotta sulla carta d’identità dei minorenni dal governo Renzi. Ma, ancora una volta, la mossa dell’esecutivo rischia di smascherare lo sforzo di arginare le falle del sistema famiglia, inteso come istituzione fondata sul matrimonio di due persone di sesso diverso, e cede il passo a dinamiche familiari, come quelle omogenitoriali, che sono sempre più visibili. Tanto che, rispetto a 30 anni fa, i giovani LGBT di oggi si aspettano una vita genitoriale piena. Segno di una battaglia culturale ormai vinta, a dispetto del cambiamento.

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