emergenza coronavirus
Gli effetti del coronavirus. Dall'inquinamento all'economia
Voli bloccati, città in quarantena, scuole chiuse in Giappone e perfino la preghiera del venerdì annullata in Iran: il coronavirus sta mettendo a dura prova l’economia globale, forse più della crisi economica del 2008, ma ci sta dicendo anche qualcosa di importante, e cioè che il nostro sistema economico non è sostenibile. Ѐ bastata una crisi sanitaria a incrinare la nostra fiducia in una struttura tanto asfissiante quanto elefantiaca. Nell’estate senza fine dei 20 gradi in Antartide, il coronavirus ci ha ricordato che non siamo poi così indispensabili al pianeta. Anzi.
Wall Street e l'inquinamento chiudono in calo
Mentre Wall Street è ormai una nave che affonda di giorno in giorno, con i tre principali indici - Dow Jones, Standard & Poor’s 500 e Nasdaq - che cedono oltre il 10%, e le borse asiatiche che registrano un ribasso dopo l’altro, la Terra sembra tirare un sospiro di sollievo. Tra gli effetti inaspettati del morso del coronavirus, il miglioramento della qualità dell’aria. Il diossido d’azoto, un gas nocivo legato alle emissioni dei motori dei veicoli, centrali elettriche e degli impianti industriali, è in caduta libera in vaste porzioni della Cina, uno tra i Paesi più impattanti a livello climatico.
A rivelarlo, le foto dei satelliti della Nasa e dell’Agenzia Spaziale Europea, che hanno svelato una densità dell’agente chimico nella troposfera in netto calo rispetto al mese di gennaio. La diminuzione sarebbe avvenuta in concomitanza con le misure adottate per il contenimento di Sars-CoV-2 e il conseguente arresto delle attività economiche. Secondo gli scienziati un primo forte calo sarebbe stato registrato proprio nei pressi di Wuhan. Insomma, la sindrome del “cigno nero”, che sta indebolendo l’economia mondiale, prospettando una delle peggiori recessioni degli ultimi anni, si sta, invece, dimostrando un alleato di madre terra, con riscaldamento globale e inquinamento che potrebbero registrare una forte battuta d'arresto.
Il petrolio e il coronavirus
Henry David Thoreau diceva che un uomo è ricco in proporzione al numero di cose di cui può fare a meno. E di fronte alla spirale di coronavirus, si fa a meno di carburante e spostamenti in auto. Tanto che il consumo di combustibili fossili potrebbe non crescere per tutto il 2020. Minori viaggi di lavoro, vacanze cancellate e interruzioni nella catena di rifornimenti stanno drasticamente diminuendo la richiesta di combustibile. Uno scenario che sembra uscire da un film apocalittico.
Finora l’International Energy Agency ha sottolineato che la crescita nel consumo di petrolio non supererà gli 800.000 barili al giorno, circa un terzo in meno rispetto alle previsioni prima dello scoppio dell’epidemia di coronavirus e ben al di sotto degli 1.3 milioni di barili al giorno degli ultimi dieci anni. Ce n’è abbastanza per mettere in allarme l’Opec, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, che finora ha mosso le montagne e le maree a suo piacimento.
Cop26 a rischio dopo l’esplosione di Covid-2019
La Conferenza delle parti di quest’anno è la più importante dopo gli accordi di Parigi del 2015, ma lo spettro del coronavirus aleggia sulle poltrone dei potenti. La Cop26 dovrebbe tenersi a Glasgow a novembre. Il condizionale è d’obbligo, perché l’ondata di preoccupazione per Sars-CoV-2 sta ostacolando i preparativi, con i partecipanti ai negoziati costretti a sentirsi via Facebook o Whatsapp, tra i colossi insieme a Netflix che più stanno traendo vantaggio dalla situazione.
Mentre il coronavirus esplode nelle regioni asiatiche, la questione climatica sembra perdere peso, anche se molto del successo della Cop26 dipenderà proprio dagli impegni a cui il governo cinese deciderà di piegarsi. Eppure il coronavirus è l’ennesima dimostrazione che la Terra può sempre trovare il modo di scrollarsi di dosso gli ospiti indesiderati. Facciamo in modo di rimanere ben aggrappati.
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