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Il nostro futuro è l'economia circolare?

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Il mondo di oggi è avanzato tanto rapidamente da doversi fermare per tornare sui suoi passi e riscoprire la circolarità. Quando si parla di economia circolare, una persona che ha conosciuto la tecnologia del nuovo millennio solo in età avanzata, probabilmente storcerà il naso: «Economia circolare?» vi dirà basito. «Ai miei tempi era la normalità» aggiungerà con un pizzico di imprecisione.

Effettivamente alcuni presupposti dell'alternativa più concreta allo sfruttamento - un tantino nocivo- di risorse contemporaneo assomiglia allo stile di vita dei più anziani tra noi. Uno stile di vita che non invitava al consumo, quanto piuttosto al riutilizzo. «Se qualcosa si rompeva, mica si buttava. Lo aggiustavi o ne salvavi i pezzi sani» vi dirà la solita vocina dal passato. Eppure, per quanto parli con cognizione di causa e per quanto la nostalgia possa essere amica fedele in certi discorsi, quando parliamo di economia circolare parliamo di futuro, tout court. E per parlare di futuro, è inevitabile, si guarda anche al passato.

Prima che il consumo fosse obbligatorio, ciò che si rompeva veniva riparato e riutilizzato

Le motivazioni che spingevano i nostri nonni a non buttare via nulla, non erano poi diverse da quelle che oggi sostengono questo nuovo tipo di economia. Solo, per dirla alla Guicciardini, si curavano più del particulare che non dell’universale.

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La ricchezza può avere pessimi effetti sulle persone. Può, ad esempio, impigrirle, soprattutto se, all’interno di una società del consumo che sforna novità ogni ora, il bene materiale nuovo costa meno di riparare quello vecchio. Eppure, senza un po’ di sana sofferenza economica, oggi nessuno si sarebbe sognato di fare una frittata con gli spaghetti del giorno precedente.

La frittata con gli spaghetti è un esempio culinario dell’economia circolare: zero sprechi

Insomma, il benessere ci ha illuso, per almeno mezzo secolo, che questa fosse la strada: prendere, consumare, buttare. Oggi, che sentiamo puzza di bruciato dall’Amazzonia e dalla Siberia, ci siamo resi conto che una lezione di vita del passato, può tranquillamente tornarci utile. Anche perché, adeguata alle nostre tecnologie, smette di essere passato. L’Italia, strano ma vero, sembra essere al passo con i tempi. Ma andiamo per gradi.

Lucia Cuffaro, con Autoproduciamo, è una delle pioniere dell
Lucia Cuffaro, con Autoproduciamo, è una delle pioniere dell'economia circolare italiana

Si chiama economia circolare quel principio economico fondato sull’idea che il mondo si sappia regolare da solo, per compensazione. Banalmente, la preda di un leone diventa cibo per saprofagi e, successivamente, concime per la terra. Si chiama infatti retroazione la capacità di autoregolazione di un sistema anche di fronte ad effetti imprevisti (Darwin, a suo modo, l’avrebbe chiamata selezione). Così, da questo principio, nascono i quattro pilastri dell’economia circolare.

L’economia circolare si fonda sul principio che il mondo sappia autoregolarsi

I rifiuti sono cibo, recita il primo. Anzi, non esistono proprio rifiuti, perché i componenti biologici di un prodotto qualsiasi sono fatti per essere riadattati, smontati addirittura e reinseriti in un contesto differente. A Firenze, Funghi Espresso raccoglie circa 300 mila tonnellate di residui di caffè dai locali per trasformali in terriccio e coltivare funghi. Oppure, sempre made in Italy, Orange Fiber e Crush, che utilizzano gli scarti delle bucce di agrumi (entrambi), ma anche uva o ciliegie (il secondo) per produrre rispettivamente tessuti e carta.

Orange Fiber produce vestiti utilizzando le bucce d
Orange Fiber produce vestiti utilizzando le bucce d'arancia

Tutto ciò grazie al secondo pilastro dell’economia circolare: la diversità è forza. In poche parole, la capacità di un elemento di essere diverso nel tempo è ciò che alimenta il sistema. Pensare a oggetti di più lunga durata, la cui sostanza può essere modificata per diventare altro – anche completamente differente – è la vera innovazione dell’economia circolare. Che, erroneamente abbiamo chiamato sistema economico: è, piuttosto, un sistema produttivo.

L’Italia, tra i paese europei, ha l’indice più alto in materia di economia circolare

Perché questa novità sia accettata serve un pensiero sistemico, che si ispiri a Machiavelli (universale), più che a Guicciardini (particulare). Bisogna innanzitutto abbandonare l'abitudine allo spreco: che sia una lattina di Coca-Cola o un magazzino pieno di macchinari inutilizzati, non si può spezzare un cerchio produttivo, o cesserà di essere tale.

Iniziative come quella di Massimo Bottura rendono l
Iniziative come quella di Massimo Bottura rendono l'economia circolare la nuova frontiera dell'ecologia

Infine dobbiamo smettere di pensare al petrolio come forma privilegiata di carburante. L’uso di energie rinnovabili sta all’economia circolare come il Parmigiano sta alla cucina di Massimo Bottura. Ecco, un altro esempio virtuoso: con il suo progetto Food for Soul, lo chef modenese ha reinventato il concetto di mensa di carità. Prendendo ciò che resta inutilizzato dai grandi ristoranti – e con il tocco fatato del professionista – Bottura ha aperto una serie di refettori che reintegra lo spreco e sfama gli affamati.

I rifiuti sono cibo
, la diversità è forza
, la fine dello spreco d’uso e l'energia da fonti rinnovabili sono i quattro pilastri dell'economia circolare

Non per caso, grazie a Bottura, a Orange Fiber, a Crush, a Funghi Espresso e altre mille attività simili, l’Italia ha il primato in Europa per quanto riguarda l’economia circolare, come testimonia il Rapporto Nazionale sull’Economia Circolare, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Un primato che detiene con distacco, ma che, come spesso accade, rischia di passare in sordina perché non viene mai sottolineato. Invece, se di sviluppo vogliamo ancora parlare, dovremmo porre più attenzione a questa realtà. No, non è roba da radical chic, è il nostro futuro.

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