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Il tuo futuro datore di lavoro sta controllando i tuoi social
E se la foto in costume al mare o quella della pizza con gli amici la potesse vedere anche il tuo futuro capo? A meno di restrizioni sulla privacy, la platea che possiamo raggiungere sui social media è pressoché infinita. E in un mondo in cui i contorni tra reale e virtuale si fanno sempre più sfumati, la nostra Web reputation, la reputazione online, potrebbe giocare un ruolo fondamentale al prossimo colloquio di lavoro.
Google e i social media al servizio delle risorse umane
Nel nostro Paese si contano oltre 35 milioni di profili social attivi: un mare da cui il datore di lavoro può pescare nuove informazioni sui lavoratori in vista di possibili assunzioni. In particolare, secondo un’indagine della società Milano.EXE, condotta su 485 imprenditori, ha rilevato che il 78% dei selezionatori cerca su Google il candidato, il 65% guarda tutti i suoi profili social. Per il 38%, addirittura, i contenuti condivisi online incidono in misura importante non solo sulla decisione di assumere, ma anche su quella di convocare a colloquio il lavoratore. «A volte sottovalutiamo il peso che la nostra reputazione online ha sulla nostra vita personale e professionale offline», dice Andrea Polo di Milano.EXE. «Eppure l’impronta che lasciamo in Rete può rappresentare un ostacolo per il nostro lavoro, o anche aiutarci a ottenerlo».
Come conciliare privacy e voglia di raccontarsi
Per evitare che le foto imbarazzanti delle vacanze possano finire sugli schermi dei recruiter, una buona soluzione potrebbe essere chiudere il profilo Facebook o Instagram, rendendolo accessibile solo a pochi fidati. Nel caso di LinkedIn, invece, è necessario muoversi in modo diverso, trasformando il proprio profilo in un vero e proprio curriculum dinamico. È importante, quindi, interagire con gli altri iscritti alla piattaforma e aggiornare spesso il proprio profilo con le nuove esperienze che si sono fatte. Con contenuti che strizzino l’occhio ai recruiter.
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