concerto
Il Concertone rassegnato e incoerente del Primo Maggio
Cari giovani, se il lavoro manca, non disperate: a tirarvi su, ci pensa il Concertone sindacale del Primo maggio. Puntuale come ogni anno, il minestrone di belle parole su diritti e articoli della Costituzione non rispettati si riverserà come uno tsunami sul popolo delle magliette rosse, troppo impegnate a bere e a cantare per ricordarsi che, tra i main sponsor dell’evento, c’è anche Eni. Eppure non è passato troppo tempo dalle proteste dei lavoratori di Gela contro il gigante a sei zampe, dove, per ironia della sorte, sventolavano le stesse bandiere dei sindacati promotori dell’evento musicale. Segno di una definitiva rinuncia a quel sistema di idee, fondato su uguaglianza e giustizia sociale, di cui il concerto del Primo maggio doveva essere solo una delle più importanti vetrine. Da strumento potenziale di lotta, il palco di piazza San Giovanni si è trasformato nel grande circo Barnum della mediocrità culturale e artistica che affligge il nostro Paese, tra rigurgiti sanremesi e copie mal riuscite dei Baustelle. Senza dimenticare le rime strazianti della 'samba trap' di Achille Lauro e l’indie di seconda mano degli Eugenio in Via di Gioia, strappati alle strade di Torino e messi sul palco nella speranza di dare una ventata di novità alla versione pop di una sinistra sempre più ‘chic’ e sempre meno ‘radical’.
Ormai il Concertone si è trasformato nell’adattamento musicale di “Happy Days”
Perché ormai il Concertone si è trasformato nell’adattamento musicale di “Happy Days”: slogan non più provocatori del necessario e lieto fine assicurato per non scomodare la mano censoria di Rai Tre. Non brucia più il palco di piazza San Giovanni. Mancano le sferzate sullo stato dei lavoratori e dei disoccupati, gli appelli ai politici, le critiche, i riferimenti all’attualità. Delle proteste urlate in diretta tv non resta che un molle strascico di parole vuote. Come “Lavoro, diritti, stato sociale, la nostra Europa”, tema della 29esima edizione del Concertone.
La chiamata allo sciopero contro il governo Andreotti, lanciata dai The Gang nel ’91 e le provocazioni di Piero Pelù rivolte a papa Giovanni Paolo II nel ’92 sono ormai roba per nostalgici. E il popolo del Primo maggio di oggi? Conformista travestito da ribelle, con la maglietta del ‘Che’ sopra la canottiera della salute e il viso annebbiato da qualche canna di troppo. Il tutto scondito dalla conduzione pulita e innocua di Ambra Angiolini e Lodo Guenzi, il frontman dello Stato sociale, reduce dai glitter di X Factor.
Le donne sono le grandi assenti sul palco di questo Primo Maggio
E poi ci sono le donne. Le grandi assenti di questa edizione, semplici camei all’interno delle performance maschili, come Francesca Michielin o Levante. Il palco non è mai tutto per loro. Nessuna solista, solo sette artiste per un evento musicale di otto ore. Colpa delle ‘big’ che hanno detto ‘no’, dicono gli organizzatori del Concertone, a cui si deve il merito, se non altro, di aver messo a nudo i meccanismi maschilisti alla base dell’industria musicale italiana. In compenso ci sarà Noel Gallagher con gli High Flying Birds, per la gioia degli esterofili con il pugno alzato e dei promotori dell’evento. Di politica non se ne parla (o quasi), ma abbondano i contenuti nichilisti e patetici da adolescenti mai cresciuti.
Il concerto del Primo Maggio è un evento ormai vuoto, costruito per una generazione di rassegnati
Uniche eccezioni, forse, i testi di Dutch Nazari e “Viva” dei The Zen Circus, tra i pochi brani veramente azzeccati della scaletta del concerto in onore della Festa dei lavoratori. Ci sono poi Motta con “Dov’è l’Italia”, a ricordarci per fortuna che il primo maggio non è un pomeriggio qualsiasi, e il giovanissimo Fulminacci con l’ironica e geniale “Sono un borghese in borghese”, al suo esordio ufficiale sul palco di piazza San Giovanni. Dove a concerto finito rimarrà solo una scia di lattine di birra, insieme allo «schifo» di avere vent’anni raccontato dai Coma Cose e a qualche «diploma in fallimento», come in “Non è per sempre” degli Afterhours. Perché la verità è che il concerto del Primo maggio è un evento ormai rassegnato al vuoto ideologico, costruito sartorialmente per una generazione di rassegnati.