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È arrivato il momento di spegnere i cellulari ai concerti

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Sembra una battaglia contro i mulini a vento, ma il mondo musicale si sta riscoprendo alquanto determinato a portarla avanti. Concerti e smartphone ormai hanno raggiunto un livello di simbiosi tale da far passare in secondo piano sia l’artista sia, non solo indirettamente, l’arte. «Volete che suoniamo o preferite che ci mettiamo in posa» ha detto Bob Dylan durante il suo spettacolo alla Konzerthaus di Vienna, lo scorso aprile.

Il concerto dovrebbe essere un luogo di culto in cui si venera l
Il concerto dovrebbe essere un luogo di culto in cui si venera l'arte non il proprio smartphone

Verrebbe da chiedersi cosa passi nella testa di chi spende cifre, talvolta, importanti – chi scrive, pagò una settantina d’euro per vedere dalla piccionaia degli Arcimboldi di Milano il menestrello di Duluth – e trascorre poi il tempo della performance a guardare la stessa da uno schermo da cinque pollici. Verrebbe da chiedersi: forse era meglio starsene a casa, cercare un vecchio concerto su YouTube e godersi lo spettacolo dalla poltrona (regia e suono saranno senz’altro migliori del nostro video amatoriale). Eppure, il conservatorismo non paga, nemmeno in questo caso.

Bob Dylan, Neil Young, ma anche artisti “giovani” come Adele, si sono ribellati contro chi usa lo smartphone durante lo show

Forse Bob Dylan e Neil Young – un altro che ferma il concerto se vede un cellulare che riprende – sono vecchi. Qualcuno ardirebbe nel sostenere anche questa tesi. Non serve però controllare la carta d’identità dei due cantautori anglofoni per capire che, vecchie o nuove star – stanno sempre più mal sopportando questa pratica tanto assurda, quanto diffusa.

(Smartphone e concerti, cosa ne pensi? Diccelo nella nostra storia su Instagram)

La lezione di Patti Smith per le generazioni future

Adele, classe 1988, all’Arena di Verona, ha bacchettato una sua fan per gli stessi motivi. Donald Glover - aka Childish Gambino – dopo aver chiesto ai presenti di mettere da parte gli smartphone, ha azzardato un paragone neanche troppo strampalato: «Questo non è un concerto, è una chiesa» ha detto dal palco del Coachella Festival in California, anch’egli ad aprile. Il confronto concerto-luogo di culto non è così sbagliato. In Italia abbiamo una comunità di fan, quelli di Vasco Rossi per esempio, che farebbero la fila per ricevere una benedizione dal proprio vate. Malgrado ciò, appena si spengono le luci, per ognuno che, memore dei tempi andati, balla o applaude, ce ne sono almeno quattro che riprendono il palco.

La domanda alla base del dibattito concerti e smartphone non sarà filosofica, ma merita una risposta seria: «Che ce siete venuti a fa’?»

Sicuramente, tra le motivazioni che hanno spinto gli artisti alla diffidenza verso questa tendenza, c’è anche una questione di diritti d’autore. In questo caso però, anche la violazione del copyright passa in secondo piano: è un appiglio legale per argomentare un dibattito dalla natura più filosofica che pratica. Un dibattito che risponde sempre alla grande ed insoluta domanda: «Che ce siete venuti a fa’?».

Apple ha sviluppato un software che blocca le fotocamere dei telefoni durante i concerti
Apple ha sviluppato un software che blocca le fotocamere dei telefoni durante i concerti

Così, mentre chi organizza eventi si sta premurando di bandire i telefoni dai concerti – per evitare il sigillo o il controllo di steward come al cinema, Apple ha sviluppato nel 2016 un software per bloccare automaticamente le fotocamere degli iPhone – ci ritroviamo nuovamente a chiederci se il boom tecnologico del ventunesimo secolo ci sia sfuggito di mano. Nell’episodio di Black Mirror Orso bianco (2x02), questo tema viene toccato da vicino: nella solita realtà distopica caratteristica della serie, le persone vivono unicamente per riprendere dal proprio cellulare.

L'app di Black Mirror che riporta in vita i tuoi cari

Il risultato, allora, è che se un politico ha comprato parecchi account fake, questi porteranno tutti la stessa data di creazione, mostrando anomalie rispetto gli altri follower reali. Ma che dire di queste operazioni? Non dimentichiamoci che è molto recente per la storia di Internet l’idea che creare account fake o automatici sia sinonimo di truffa. Fino a prima dell’avvento di Facebook nessun servizio online ha mai richiesto la veridicità del nome utilizzato.

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