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Come farsi pagare quando si ha la partita IVA

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Ho aperto la partita iva esattamente 5 anni fa, spinta da un datore di lavoro che non voleva sobbarcarsi le spese di un contratto e appoggiata dalle varie collaborazioni attive che già avevo, ma è stato un salto nel vuoto e avrei voluto avere gli strumenti che ho oggi per avventurarmi in questo mondo inizialmente oscuro. Oggi sono 5 milioni e 39mila lavoratori autonomi: l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio, pari al 15,3% di quanti in Europa lavorano secondo questa modalità (dati Fondazione Studi Consulenti del Lavoro), seguono Polonia e Romania.

Molti di coloro che decidono di avvicinarsi al lavoro autonomo perché oggi è più facile rispetto al passato aprire la partita Iva e grazie all’esistenza dei regimi agevolati (regime dei minimi e forfettario) che rendono l’attività meno proibitiva di un tempo, al netto delle difficoltà subite nel corso degli ultimi due anni: quasi nove professionisti su dieci hanno segnalato la cancellazione o la sospensione dei loro contratti, mentre più della metà indica una riduzione dei ricavi fino al 60%.

In Italia facciamo fatica a parlare di soldi

Ben 107.024 privati hanno scelto di aprire la partita iva nel terzo trimestre del 2021 in Italia – con un incremento dell’1,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una delle questioni più diffuse, il grande elefante nella stanza, è legata ai pagamenti: spessissimo in ritardo, oltre la data prevista in fattura, devono passare diversi solleciti prima di essere saldati, con il cliente o datore di lavoro che non risponde alle mail o alle chiamate. Infatti, secondo un’indagine dello scorso anno, ben una fattura su due viene saldata in ritardo.

Questo ritardo si registra soprattutto nel settore del food&beverage dove, secondo una ricerca del Sole 24 Ore, ben il 54% delle imprese del settore agroalimentare italiano intervistate ha riportato lunghi ritardi prima di ricevere il saldo delle fatture, mentre nel 2020 la percentuale era del 41%. Inoltre i più penalizzati tra gli occupati freelance risultano i lavoratori sotto i 44 anni: soprattutto a causa dell’emergenza pandemia, negli ultimi due anni in questa fascia d’età si registra la più alta caduta occupazionale.

Forse uno dei problemi più grandi che riscontriamo in Italia è che non si parla abbastanza di soldi: lo viviamo come un tabù culturale. Ma se si tratta di lavoro, tempo e risorse è impossibile evitarlo. Questo argomento è particolarmente caldo se si tratta dei cosiddetti lavoratori della cultura (artisti, scrittori, giornalisti, grafici, attori e così via), «quando bisogna chiedere il compenso si è sempre in imbarazzo – sostiene la freelance Irene Doda – chiedete subito quanto verrete pagati e quando, cercando di essere trasparenti dall’inizio. Non posso permettermi di lavorare gratis e non voglio svalutare le competenze di altre persone».

I consigli da partita IVA a partita IVA

Per prevenire situazioni spiacevoli, la freelance Alessandra Chiappori si avvale delle lettere di accordo o di intenti, «che bisognerebbe pretendere dal cliente per poter rivendicare il pagamento secondo le norme e tempistiche stabilite nero su bianco. Non è banale e si dovrebbe essere affiancati da un avvocato, per fortuna associazioni come Acta forniscono aiuti! Quando ero più giovane e ingenua mi è capitato di fidarmi, non scrivere accordi e poi i pagamenti sono stati una via crucis. Avere normato tutto ti garantisce maggiore tutela e sopratutto ti presenta come professionista consapevole, ed è indubbiamente un bene!».

Arianna Galati, giornalista freelance e voce, invece non ha mai avuto paura di chiedere quello che le spettava, «nella mia personale esperienza di p.iva giornalistica – racconta – mi ha aiutata il buon rapporto con i superiori cui ho chiesto espressamente supporto nei casi di difficoltà con i pagamenti, e loro stessi si sono fatti garanti che venissero effettuati al primo sollecito. So che non è facile, ma è parte del loro lavoro». Quando invece inizia una collaborazione in autonomia, la prassi è chiedere sempre «un riepilogo delle scadenze e modalità di pagamento, così da avere un prospetto e cercare di non impazzire. Per ora sono stata fortunata, non ho mai perso soldi. Per tutelarmi faccio sì che resti tutto scritto e tracciato, principalmente instauro comunicazioni via mail. A parte tengo un excel dove segno numero fattura, data di emissione, collaborazione, importo, contributo INPGI, varie ed eventuali e data di incasso della fattura. Ho tutto sotto traccia e per ora ha funzionato». Ma non sempre è possibile avere la certezza di essere pagati puntualmente… Ecco alcune strategie e strumenti da utilizzare e delle azioni consigliate per tutelarsi.

Come farsi pagare se si ha la partita IVA

  • Inquadrare bene il rapporto con il cliente o datore di lavoro: mai per telefono, sempre tutto per iscritto e rintracciabile;
  • Mettere nero su bianco e controfirmare una lettera di incarico o mandato;
  • Tenere traccia di tutto utilizzando tabelle excel, e in caso usare un gestionale come Fatture in Cloud o Invoice Ninja;
  • Se c’è un ritardo del pagamento sviluppare una procedura metodica nel sollecito del pagamento;
  • Se è necessario affidarsi a una società di recupero crediti e, se non basta, a un avvocato;
  • Affidarsi a un commercialista onesto.

Inquadrare bene il rapporto con il cliente o datore di lavoro: mai per telefono, sempre tutto per iscritto e rintracciabile, e non avere mai timore di chiedere tutte le informazioni necessarie. È un vostro diritto sapere prima di iniziare il lavoro che tipo di compenso riceverete, i pagamenti come verranno suddivisi e con quali scadenze. Se il cliente è istituzionale e i costi di attività importanti è possibile ricorrere ad una verificabilità: ci sono servizi online di business information o piattaforme che con abbonamento o pagamento una tantum possono restituire report riguardanti la solvibilità del cliente e dare informazioni sulla sua serietà.

Mettere nero su bianco e controfirmare una lettera di incarico o mandato: specificare le attività quanto più possibile, relativo compenso e scadenze. Segnalare anche le conseguenze legate al ritardato pagamento, come la decorrenza degli interessi di mora che vanno ad aggiungersi all’importo da pagare della fattura. Questa dichiarazione formale è utile soprattutto in caso in cui il cliente cada in una procedura concorsuale come il fallimento: con un contratto possiamo far valere le nostre ragioni. Quando si deve concordare un’attività che potrebbe comportare spese vive si può chiedere un acconto. Può avere due funzioni: avere disponibilità liquida per affrontare le spese iniziali e vedere se il cliente si impegna fin da subito a pagare il servizio;

Tenere traccia di tutto utilizzando tabelle excel (se ne trovano diversi facsimile online), e in caso investire una piccola cifra annuale in un gestionale come Fatture in Cloud (che spessissimo fa delle promo per il regime forfettario) o Invoice Ninja che permette di inviare i solleciti automaticamente se il saldo delle fatture non arriva entro la data prevista. Facebook è forse morto ma non per i gruppi di freelance: cercateli e iscrivetevi, fare rete e darsi consigli confrontandosi su possibili lavori e datori di lavoro è fondamentale, oppure avvaletevi dei servizi di associazioni di freelance come Acta in rete, nata per organizzare trasversalmente tutto il lavoro indipendente, fare rete, costruire solidarietà. Hanno una newsletter per restare sempre aggiornati.

Infine, dopo l’emissione della fattura, se c’è un ritardo del pagamento soprattutto per clienti che conosciamo poco potrebbe essere utile avere una procedura metodica nella richiesta per sollecitare il pagamento: non lasciar passare troppo tempo e inviare una mail dopo una decina di giorni di scadenza con un sollecito come promemoria; in caso di mancato riscontro, cercare un contatto più diretto, magari telefonico, per capire i motivi; se passa altro tempo inviare una mail o una lettera più formale dando magari un’ulteriore scadenza e riferendosi alla possibilità di prendere provvedimenti e di cessare l’attività se ancora in essere.

Se non si riceve risposta sarà necessario passare ad una comunicazione formale affermando che si è pronti ad agire per vie legali o incaricare una società di recupero crediti, che contatti il cliente allo sfinimento finché non ottiene qualcosa, trattenendo una percentuale sul credito recuperato… Se anche loro non ottengono nulla si può passare ad un'azione legale consultando un avvocato.

Ultimo consiglio, forse il più prezioso: trovate un commercialista onesto, preciso e tenetevelo stretto.

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