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Come 'La casa di carta' ha svenduto la rivoluzione

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In una società digitale dove la semplificazione sembra essere diventata l’unica chiave di lettura dei fenomeni sociali contemporanei, il fil rouge che unisce una delle serie tv Netflix più seguite - La Casa di Carta - a fenomeni storici che continuano ad avere una rilevanza nella nostra cultura popolare è forse da ricercare nella banalizzazione di questi ultimi a fronte di un’ossessiva ricerca di pathos e di una scorciatoia verso la scalata a una vasta popolarità.

La casa di carta è un simbolo mancato di resistenza

La nuova stagione della Casa di Carta, in arrivo su Netflix, potrà essere l’occasione per chiudere i conti con un’impostazione narrativa che ha generato uno straordinario quanto inaspettato successo pop ma che, al tempo stesso, ha sacrificato sull’altare della spettacolarizzazione e dell’entertainment ogni velleità di profondità del racconto, arrivando a distorcere, in alcuni casi, messaggi universali.

Una dinamica narrativa che potrebbe far sorridere, se non si trattasse di una delle serie più seguite dal pubblico dell’on demand mondiale. Una dinamica che ha raggiunto il suo climax nell’utilizzo della canzone partigiana per eccellenza, quella Bella Ciao così celebre in Italia così come in Spagna: simbolo di resistenza civile, messaggio democratico lato sensu, tramandato di generazione in generazione nelle piazze, negli scioperi, nei picchetti, nei concerti e nei cortei.

Alcuni paesi del Nord Europa, come il Belgio, hanno avviato negli ultimi anni delle campagne di sensibilizzazione per contrastare l'uso ingenuo e smodato di internet come consulente medico, mentre in Italia il tema è forse poco trattato, e ultimamente ha scatenato accesi dibattiti.

La casa di carta su Netflix
La casa di carta su Netflix

Bella Ciao è il simbolo della resistenza alla dittatura

La Casa di Carta, però, nell’uso ripetuto e stucchevole di Bella Ciao, si è appropriata di una dimensione diversa tralasciando l’anima egualitaria della canzone, arrivando perfino a svuotarne il significato: da inno democratico latore di istanze collettive a marcetta da bravata di gruppo del sabato sera. Come quando Nairobi esclama: «siamo ricchi! questo è il cuore del mondo, cazzo!» mentre il canto popolare raggiunge il climax in un montaggio alternato all’interno del caveau della zecca di stato spagnola.

È forse questo il punto più dolente di una delle serie tv più sopravvalutate degli ultimi quindici anni; per quanto ricca di errori di scrittura, incongruenze narrative, scelte stilistiche a dir poco tamarre e un carnet di attori in cui pochi spiccano, il messaggio che il successo planetario della Casa di Carta ha generato è una pericolosa banalizzazione di uno degli ultimi baluardi collettivi dell’uguaglianza, immolato sull’altare di una visione antagonista verso il potere che sembra estrapolata direttamente da un monologo di Alessandro Di Battista.

Bella Ciao è molto famosa in Spagna per il suo ruolo nella lotta antifranchista
Bella Ciao è molto famosa in Spagna per il suo ruolo nella lotta antifranchista

La lotta di classe è stata trasformata in marketing

Non è casuale che il canto popolare sia divenuto un fenomeno di massa nel mondo nell’estate del 2018, anno in cui la serie è sbarcata su Netflix, diffondendosi come il più classico dei tormentoni estivi del web: dall’inascoltabile versione remix del dj Florent Hugel - che mette a referto 30 milioni di views su YouTube e 44 milioni di ascolti su Spotify - ai balletti via diretta Instagram di grandi calibri del calcio come Mario Gotze e Pato, fino alla versione creata ad hoc e rilasciata da Netflix per il mercato arabo, dove una folla non ben identificata, agghindata con le maschere rese celebri dalla serie tv, si ritrova ad intonare Bella Ciao in un deposito di auto abbandonate insieme al Professore.

Da marcia solenne, collettore di istanze collettive e lotte di classe a fenomeno di marketing studiato a tavolino, svuotato di significato, innocuo e scanzonato come un tormentone pop stagionale: alla stregua della Macarena. Un’evoluzione di cui avremmo fatto a meno e che, forse più di altri fenomeni simili, ci consegna la spietata istantanea di una mercificazione sociale che ormai non risparmia alcun aspetto della storia.

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